In materia di opposizione avverso una cartella esattoriale emessa per il pagamento del canone di abbonamento al servizio radiotelevisivo la competenza spetta alle Commissioni Tributarie, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (come modificato dall’art. 12, comma secondo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448).
È quanto hanno precisato le Sezioni Unite, nella Sentenza del 20 novembre 2007, n. 24010.
La Cassazione soggiunge che “è fuor di dubbio che oggetto del giudizio sia la debenza – contestata dal contribuente – del canone di abbonamento radiotelevisivo: quest’ultimo non trova la sua ragione nell’esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che leghi il contribuente, da un lato, e l’Ente – la Rai, appunto – che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo, ma si tratta di una prestazione tributaria, fondata sulla legge, non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio de quo (così la Corte costituzionale nella sentenza n. 284 del 2002). Essendo un’entrata tributaria, la giurisdizione sulla debenza del canone di abbonamento radiotelevisivo spetta, come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare, al giudice tributario ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, come modificato dall’art. 12, comma 2, L. n. 448 del 2001 (Cass. S.U. n. 20068 del 2006).
Tenuto conto di ciò, il giudice adito avrebbe dovuto dichiarare il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice tributario”.
Emiliana Matrone
Cassazione civile, sez. unite, 20 novembre 2007, n. 24010
Svolgimento del processo
Il sig. F. B. – assumendo di aver ricevuto dalla Uniriscossioni, Servizio della Riscossione Tributi di Treviso, una raccomandata A.R., con la quale gli si comunicava l’avvio della procedura di fermo amministrativo di beni mobili registrati per mancato pagamento del canone di abbonamento televisivo per complessivi € 839,17 – conveniva innanzi al Giudice di pace di Treviso la “Rai Radio Televisione Italiana” per sentir accertare l’inesistenza della predetta obbligazione, adducendo il mancato possesso di un apparecchio televisivo e la mancata stipula di un contratto con l’ente convenuto per l’utilizzo del servizio televisivo. La convenuta rimaneva contumace.
Il Giudice di pace adito, con la sentenza in epigrafe, rilevato che «dagli atti di causa (risultava) che la convenuta, dopo la notifica dell’atto di citazione, (aveva) riconosciuto la fondatezza della domanda attrice, disponendo l’annullamento della cartella esattoriale notificata dall’ente esattore all’attore», accoglieva la domanda stessa, ritenendola provata, e condannava la convenuta contumace alle spese di lite.
Avverso tale sentenza la Rai propone ricorso per cassazione, illustrato anche con memoria, in forza di tre articolati motivi, con il secondo dei quali eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore del giudice tributario. Resiste il contribuente con controricorso.
Motivazione
La questione di giurisdizione sottoposta all’esame di queste Sezioni Unite – difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore del giudice tributario – è sollevata nel secondo motivo di ricorso, in linea subordinata alla dedotta nullità della sentenza e del procedimento per la supposta inesistenza della notificazione dell’atto di citazione eseguita in Torino, via Cernaia 33, ove non è la sede legale della Rai e nemmeno altra sede o filiale della medesima, bensì la sede dell’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Torino 1, S.A.T. Sportello abbonamenti TV.
In verità dalle stesse argomentazioni sviluppate nel ricorso emerge che nella specie più che di un problema attinente alla regolarità della notifica, si tratta di un problema circa l’esatta individuazione del destinatario della citazione e della relativa notificazione.
Infatti: a) l’atto di citazione è stato notificato nel luogo ove ha sede, come, in effetti, ha sede, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate – già «Ufficio del registro abbonamenti radio e televisione di Torino» – competente per il canone Rai, cioè l’ente impostore; b) il destinatario dell’atto di citazione è equivocamente indicato dall’attore: b1) la denominazione dell’ente convenuto è individuata nella “Rai Radio Televisione Italiana”, cioè la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo il cui costo di fornitura è coperto dal canone (a norma dell’art. 15, della legge 103 del 1975, prima, e dell’art. 18, della legge n. 112 del 2004, ora); b2) quale indirizzo dell’ente convenuto è indicato, tuttavia, non quello della sede legale ed effettiva della Rai – notoriamente sita in Roma, viale Mazzini 14 -, bensì quello dell’Ufficio Torino 1 dell’Agenzia delle Entrate, come comprova anche l’individuazione nella Dott.ssa Fernanda Moggi (rectius, Maoggi) del direttore responsabile (cui l’attore attribuirebbe la “rappresentanza” dell’ente convenuto): la dott.ssa Maoggi non è un dirigente della Rai, ma è il Direttore del predetto Ufficio Torino 1 dell’Agenzia delle Entrate, e in detta qualità essa appare come firmataria della lettera – intestata “Agenzia delle Entrate Ufficio di Torino 1” – che ha comunicato al contribuente lo sgravio della partita debitoria.
La soluzione del problema relativo all’incertezza, causata dalle contraddittorie indicazioni presenti nell’atto di citazione, circa l’identificazione del reale destinatario dell’azione – a) la Rai-Radio Televisione Italiana, la quale non ha potere impositivo ed è esclusivamente destinataria, nella misura stabilita dalla legge, del ricavato derivante dal canone corrisposto dai contribuenti oppure b) l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Torino 1, S.A.T. Sportello abbonamenti TV che è, rispetto al canone de quo, l’ente munito del potere impositivo e legittimato ad esercitare la relativa pretesa – è strettamente connessa all’oggetto del giudizio, di cui il giudice di merito avrebbe dovuto tener conto e che risulta altresì determinante per la giurisdizione.
È fuor di dubbio che oggetto del giudizio sia la debenza – contestata dal contribuente – del canone di abbonamento radiotelevisivo: quest’ultimo non trova la sua ragione nell’esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che leghi il contribuente, da un lato, e l’Ente – la Rai, appunto – che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo, ma si tratta di una prestazione tributaria, fondata sulla legge, non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio de quo (così la Corte costituzionale nella sentenza n. 284 del 2002). Essendo un’entrata tributaria, la giurisdizione sulla debenza del canone di abbonamento radiotelevisivo spetta, come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare, al giudice tributario ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, come modificato dall’art. 12, comma 2, L. n. 448 del 2001 (Cass. S.U. n. 20068 del 2006).
Tenuto conto di ciò, il giudice adito avrebbe dovuto dichiarare il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice tributario.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice tributario e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice tributario, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso.