Cassazione – Sezione prima civile – sentenza 7 novembre 2007 – 9 gennaio 2008, n. 174
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 31.12.1997 la A. s.r.l. (già Azienda Agricola F. s.r.l.) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dal Presidente del Tribunale di Monza il 9.10.1997 a favore del Banco di Desio e della Brianza s.p.a. per l’importo di £ 78.254.442 oltre accessori. Deduceva che il contratto fideiussorio su cui si basava il preteso credito era invalido per violazione dell’art. 1394 c.c. (conflitto di interessi) e che comunque ricorrevano per la sua liberazione le condizioni di cui all’art. 1956 c.c.
Si costituiva il Banco che contestava la opposizione. Il Tribunale di Monza con sentenza del 16.11.1999 annullava il contratto stipulato il 28.1.1997 con cui l’Azienda Agricola si era costituita fideiussore della Play Color di F. sul rilievo che questi aveva agito contemporaneamente come titolare della ditta garantita ed amministratore unico della società garante.
Proponeva impugnazione il Banco ed all’esito del giudizio, nel quale si costituiva la controparte contestando il gravame, la Corte d’Appello con sentenza del 17.12.2002-18.2.2003 rigettava l’impugnazione.
Dopo aver escluso che il Tribunale fosse incorso nel vizio di ultrapetizione per aver esaminato un’eccezione introdotta dallo stesso Banco riguardante la delibera della società garante al rilascio della fideiussione, rilevava la Corte d’Appello che a fondamento dell’opposizione era stata dedotta l’esistenza del conflitto d’interessi, come ravvisato dai primi giudici, vale a dire la mancanza di un convergente interesse commerciale dell’A. che aveva posto in essere un’operazione senza alcuna contropartita a tutto vantaggio della Play Color e non già le precarie condizioni economiche del F. considerate solo un segnale circa le ragioni che avrebbero spinto il rappresentante a curarsi più dell’interesse del “terzo” che della società da lui rappresentata. Osservava inoltre che a diverse conclusioni sarebbe stato possibile giungere ai sensi dell’art. 1395 c.c. in presenza di una valida delibera societaria di cui .il Tribunale aveva invece evidenziato “tutte le lacune”, senza che da parte del Banco fosse stata dedotta alcuna censura sia su tale punto che sul requisito della riconoscibilità.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il Banco di Desio e della Brianza s.p.a., deducendo due motivi di censura illustrati anche con memoria. Resiste con controricorso la A. s.r.l.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso il Banco di Desio e della Brianza s.p.a. denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. Lamenta che la Corte d’Appello non abbia rilevato che il Tribunale avesse introdotto un nuovo tema d’indagine, dando per scontata l’esistenza di un conflitto di interessi per la mera coincidenza dei soggetti, senza prendere in considerazione le effettive censure mosse dall’opponente ma solo le ragioni allegate dal Banco, caricando così di eccessivo significato la delibera della A. prodotta dal Banco medesimo. Deduce al riguardo che la A. aveva fatto valere l’asserito conflitto d’interessi su un preciso presupposto di fatto costituito dalle dichiarate precarie condizioni economiche del soggetto garantito, senza alcun riferimento alla legittimazione, mai contestata, del F. a sottoscrivere il contratto fideiussorio, mentre il Banco solo per mero scrupolo aveva prodotto copia della delibera della società di autorizzazione a rilasciare la fideiussione, delibera che non era stata impugnata nemmeno sotto il profilo di un’ipotetica violazione dell’art. 2384 bis c.c. e sul cui contenuto i giudici di merito si sono. pronunciati pur in assenza di alcuna censura, con la conseguenza che era stata ravvisata la presenza di un conflitto d’interessi sulla semplice coincidenza fra l’amministratore della società ed il titolare del soggetto garantito invece di considerare la fondatezza del motivo relativo alla situazione economica del garantito. La dedotta violazione di carattere processuale (art. 112 c.p.c.) riproposta in questa sede e nella quale sarebbe incorso il Tribunale senza che la Corte d’Appello ne avesse rilevato l’esistenza, consente al Collegio di avvalersi della lettura diretta degli atti per esaminarne il contenuto. Orbene, risulta dall’atto di opposizione al decreto ingiuntivo emesso su ricorso del Banco che l’odierna resistente (A. s.r.l.) aveva espressamente richiesto l’invalidità della fideiussione rilasciata in garanzia del debito contratto dalla ditta individuale Play Color nei confronti del Banco medesimo per violazione dell’art. 1394 c.c. (conflitto d’interessi), motivando l’esistenza di un- tale conflitto sul rilievo che all’epoca l’amministratore unico della società che aveva sottoscritto il relativo contratto (Roberto F. ) era al tempo stesso titolare della ditta garantita. Tale specifica ragione, che costituisce la “causa petendi” dell’opposizione, è stata più volte evidenziata in detto atto di opposizione in cui, fra l’altro, si è sottolineato che il F. aveva “tutto l’interesse ad ottenere una garanzia dalla società da lui amministrata anche a discapito degli interessi precipui” della stessa società e che tutto ciò era riconoscibile dal Banco, come prevede il già richiamato art. 1394 c.c. A fronte di tali considerazioni di cui ha sottolineato la fondatezza sia sotto il profilo oggettivo (conflitto d’interessi) che dell’affidamento del terzo (conoscibilità da parte del Banco), il Tribunale ” aveva ritenuto l’opposizione meritevole di accoglimento, muovendosi nel motivare la propria decisione, nell’ambito delle considerazioni e delle richieste espresse nell’atto di opposizione. Quanto al riferimento “alle precarie condizioni economiche” del F. e della ditta individuale Play Color, pur contenuto nell’atto di opposizione, la Corte d’Appello ha sottolineato la correttezza dell’interpretazione dell’atto data dal Tribunale il quale aveva ritenuto che, lungi dal costituire il presupposto di fatto (peraltro considerato dal Banco come unico) sul quale sarebbe stata basata la richiesta di accertamento del conflitto d’interessi, risultava in realtà chiaramente operato al solo fine di evidenziare le ragioni che avevano spinto il F. a curarsi più dell’interesse della sua ditta individuale che di quello della società da lui rappresentata. Ed al riguardo, trattandosi dell’interpretazione di un atto, non v’è spazio per il sindacato di legittimità se non solo il profilo del vizio di motivazione di cui si discuterà in relazione al successivo motivo di ricorso. Né la violazione del vizio di ultrapetizione può ravvisarsi nel richiamo della delibera societaria di autorizzazione alla fideiussione operato dal Tribunale e nelle valutazioni giuridiche espresse al riguardo dal primo giudice che ne ha dedotta l’irrilevanza in considerazione della sua genericità ed astrattezza. Il Tribunale infatti non avrebbe potuto esimersi dall’esaminare una precisa richiesta dello stesso Banco che su tale delibera aveva basato, sia in sede cautelare che nel corso del giudizio di merito, la, propria tesi della validità della fideiussione. Del pari infondata è poi l’ulteriore deduzione con cui vengono sottolineate la mancata impugnazione di detta delibera e la preclusione di un rilievo d’ufficio sulla sua invalidità. La mancata impugnazione della delibera (prevista dall’art. 2378 c.c. a tutela del socio, unico legittimato a proporla) non esclude infatti la possibilità di valutare “incidenter tantum” la sua rilevanza nel caso concreto, specie allorché, come nell’ipotesi in esame, la questione venga prospettata dal terzo creditore.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia insufficiente o contraddittoria motivazione. Lamenta che la Corte d’Appello abbia considerato precarie le condizioni economiche del garantito pur in assenza di una specifica prova, senza tener conto che invece non erano tali e che lo stesso giudice istruttore non aveva ammesso le prove testimoniali dedotte dalla società garante e volte a dimostrarne la precarietà. La censura, nel dare di nuovo rilievo alle precarie condizioni economiche del garantito cui la Corte d’Appello aveva fatto riferimento pur in assenza di una specifica prova, non coglie la “ratio decidendi” della sentenza impugnata la quale, come è stato già osservato in relazione al primo motivo, ha fondato la propria decisione sull’esistenza di un conflitto d’interessi ed ha considerato poi il richiamo a dette precarie condizioni contenute nell’atto di opposizione al solo fine di fornire una spiegazione del comportamento del F. , esaurendo in tal modo la circostanza sul piano meramente argomentativo. Né avrebbe potuto essere diversamente, trattandosi di un elemento (quello delle precarie condizioni del garantito) estraneo alla previsione di cui all’art. 1394 c.c. il quale postula unicamente un rapporto di incompatibilità fra le esigenze del rappresentato e quelle personali del rappresentante.
Non decisivo deve ritenersi pertanto il dedotto vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello nel ritenere provate le condizioni precarie del garantito e, di conseguenza, inammissibile le relative censure.
Il ricorso va pertanto nel complesso rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
La Corte Suprema di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell’onorario che liquida in euro 5.000,00 oltre ad euro 100,00 per spese ed alle spese generali ed agli accessori come per legge.