Cass. civ. Sez. lavoro, 17-01-2008, n. 851
Svolgimento del processo
1. Con sentenza in data 18.3.1998 il Pretore di Lucca annullava il licenziamento intimato dalla spa P. Navi a B.A., ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro e condannava il datore di lavoro al risarcimento del danno nella misura di dodici mensilità di retribuzione. Il Tribunale di Lucca, adito con appello dalla società, riformava parzialmente la sentenza di primo grado limitando il risarcimento del danno a cinque mensilità. La sentenza di appello veniva cassata da questa Corte con sentenza n. 2863.2001 in punto entità del danno risarcibile ed il processo veniva riassunto dinanzi alla Corte di Appello di Firenze, la quale con la sentenza oggi impugnata così si pronunciava:
la prova dell’”aliunde perceptum” onde vincere la presunzione semplice che il lavoratore abbia perduto ogni fonte di reddito durante il tempo del processo va ricercata in base agli elementi ritualmente acquisiti;
– la relativa operazione deve tenere conto di dati oggettivi, quali le potenzialità di mercato, la professionalità del lavoratore, ed anche di altri elementi i quali, pur posti al di fuori del suddetto segmento cronologico, possano apparire significativi;
– risulta che il B., elemento di spiccata professionalità, ebbe a proporre al datore di lavoro di passare a tempo parziale e di rassegnare le dimissioni entro due anni;
– già durante il rapporto di lavoro l’attore espletava l’attività di operatore di borsa;
– egli ha chiesto l’iscrizione nelle liste di collocamento dopo un anno dal licenziamento e non prima; dopo nove mesi è stato cancellato per non avere confermato lo stato di disoccupazione; nell’aprile 1996 ha chiesto la reiscrizione; egli aveva già lavorato, prima dell’assunzione presso la spa P. , per la spa EMACO come operatore per l’estero ed esperto di scambi commerciali, e per la Cassa di Risparmio di Lucca ed il Credito Italiano come operatore di borsa;
– nel 2000 il B. ha aperto uno studio professionale in (OMISSIS) ed in atto ricopre la carica di amministratore unico della srl. S. House; ha ricoperto la carica di amministratore della spa Archivi Lucca;
– l’attore non ha mai chiesto l’indennità di disoccupazione;
– va addebitato al B. un “comportamento colpevolmente inerte” nella ricerca di nuova occupazione, mentre non risulta provato che egli sia stato “bruciato” professionalmente dal licenziamento in questione;
– significative appaiono la richiesta di passare a tempo parziale e la frequentazione dello studio del fratello;
– pertanto il risarcimento del danno da licenziamento illegittimo va commisurato ad un periodo di dodici mesi, ragionevolmente sufficiente per trovare altra occupazione confacente, mentre per il periodo successivo, in cui si presume al contrario una percezione di reddito, il detto risarcimento può essere liquidato in Euro 200,00 mensili.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione B.A., deducendo sei motivi.
Resiste con controricorso la spa P. Navi. Le parti hanno presentato memoria integrativa.
Motivi della decisione
3. Col primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 384, 416, 437 c.p.c.: irritualmente la Corte di Appello in sede di rinvio ha tenuto conto di documenti prodotti in appello ovvero in sede di rinvio.
4. Il motivo è infondato. Quando, come nella specie, il Giudice del rinvio è chiamato a liquidare, con apprezzamento in larga misura equitativo, un danno da licenziamento il quale si sia protratto indefinitamente nel tempo, non è inibito al giudice stesso tenere conto, anche di ufficio, di tutte le circostanze sopravvenute le quali in qualche modo possano incidere sulla esistenza e l’entità del danno da risarcire. Tale è, ad esempio, il caso del lavoratore il quale, nelle more del giudizio di rinvio, sia uscito dallo stato di disoccupazione ed abbia trovato una sistemazione equivalente a quella perduta. Lo stesso è a dirsi dell’”aliunde perceptum”, che può venire ad esistenza e normalmente viene ad esistenza durante il giudizio di impugnazione del licenziamento. Si aggiunga che la Corte di Appello di Firenze si è basata anche su elementi pacifici o già acquisiti, quali le testimonianze raccolte in primo grado ed i dati inerenti alle capacità lavorative del B., quale esperto di titoli, tanto che la soluzione data al caso dalla Corte di Appello finisce per coincidere sostanzialmente con la statuizione assunta dal Pretore in primo grado sulla base degli elementi raccolti in quella sede.
5. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5: la Corte di Appello ha trascurato diversi dati di fatto, pur risultanti, quali la ripresa degli studi universitari, la gratuità della frequenza dello studio del fratello dell’attore, l’esiguità dei proventi di detto studio, la scarsa significanza dell’iscrizione (o non iscrizione) nelle liste di collocamento, il fatto che esso B. tra marzo 1998 ed aprile 1999 abbia percepito una somma da parte della P. Navi (somma che gli consentiva si aprire un piccolo studio), la distanza nel tempo dell’assunzione della carica di amministratore di altre società.
6. Il motivo è infondato. Esso prospetta circostanze di fatto che dovrebbero consigliare a questa Corte di Cassazione di rileggere le risultanze di causa in modo uguale e contrario rispetto a quello operato dalla Corte di Appello: operazione questa inammissibile, risolvendosi in un riesame del fatto come accertato e ricostruito dal giudice di rinvio con motivazione esauriente, immune da vizi logici o contraddizioni, talché essa si sottrae ad ogni censura in sede di legittimità.
7. Col terzo motivo del ricorso, il ricorrente deduce ulteriore vizio di motivazione sotto il profilo che la richiesta di passare “part time”, con distacco pomeridiano presso uno studio professionale esterno che effettuava consulenze per la P. , non era indice dell’esistenza di altra fonte di reddito, ma del disagio nel quale si trovava il B. a causa del demansionamento, come accertato dal Giudice di primo grado con statuizione coperta da giudicato interno.
8. Il motivo è infondato. Vale quanto esposto a proposito del motivo che precede: si chiede alla Corte di Cassazione una rilettura ed una rivalutazione di un fatto, come accertato dal giudice di merito, e cioè il motivo della richiesta di passaggio a “part time”. Tale accertamento non è inficiato dal fatto che sia stato accertato il demansionamento del B. come causa dell’ingiustificato licenziamento, perchè quello che il giudice di rinvio ha apprezzato è stato il collegamento tra passaggio a “part time” e motivo della richiesta, motivo che è stato individuato nella attività di operatore di borsa, già svolta dall’attore durante il rapporto di lavoro.
9. Col quarto motivo del ricorso, il ricorrente deduce ancora vizio di motivazione in ordine alle capacità occupazionali di esso attore. Ripercorso il proprio “curriculum” lavorativo, il B. pone in evidenza come dagli atti sussista la prova che a distanza di quattro anni dal licenziamento egli non aveva trovato una diversa occupazione.
10. Il motivo è infondato, per le stesse ragioni sopra viste: trattasi di apprezzamento in fatto e di una rilettura della risultanze di causa, inammissibile in Cassazione, risolvendosi esso un una ricostruzione diversa rispetto a quella fatta dal giudice del rinvio.
11. Col quinto motivo, viene proposta censura di carenza di motivazione in ordine alla liquidazione di Euro 200 mensili, senza che la Corte di Appello abbia minimamente motivato circa l’ammontare di tale risarcimento.
12. Il motivo è infondato. Trattasi di valutazione eminentemente equitativa, in ordine alla quale non appare possibile in sede di legittimità soprapporre o suggerire una diversa misura.
13. Col sesto motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 429 c.p.c., e L. n. 300 del 1970, art. 18, per non avere la Corte di Appello stabilito il computo della rivalutazione e degli interessi legali sulle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno, nè avere stabilito la debenza dei contributi previdenziali.
14. Replica in punto la P. Navi che la liquidazione operata dal giudice di merito deve ritenersi onnicomprensiva e globale. Tale assunto non può condividersi, in mancanza di qualsiasi indicazione motivazionale al riguardo e posto che la legge espressamente impone la liquidazione di interessi legali e rivalutazione “a latere” della liquidazione principale.
15. Il motivo è fondato per quanto di ragione. Per quanto attiene ai contributi previdenziali, la sentenza costituisce titolo sulla base del quale PINPS provvedere al relativo recupero. Quanto ad interessi legali e rivalutazione, manca effettivamente nella sentenza di merito, quale risulta dalla combinazione della sentenza di primo grado e della sentenza di appello resa in sede di rinvio, la relativa liquidazione. Trattandosi di vizio di diritto, può provvedersi nel merito in questa sede, con la declaratoria che è dovuta la rivalutazione secondo i consueti indici ISTAT e che sulle somme rivalutate periodicamente (anno per anno) sono dovuti gli interessi nella misura legale. Ciò in base a quanto affermato da questa Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza 29.1.2001 n. 38, cui si è uniformata la giurisprudenza successiva: “ex multis” Cass. n. 28289.2005 e 24891.2006. 16. Giusti motivi, in relazione alla soccombenza del ricorrente su cinque motivi del ricorso ed all’accoglimento per quanto di ragione del solo sesto motivo, nonchè al comportamento processuale delle parti, consigliano la compensazione integrale delle spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta i primi cinque motivi del ricorso, accoglie il sesto motivo e, decidendo nel merito, dichiara dovuti sulle somme attribuite dal giudice di rinvio la rivalutazione ISTAT e gli interessi legali sulle somme rivalutate anno per anno. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2008