Nell’età del Principato , il massimo legale era l’uno per cento a mese, quindi nell’anno di dodici mesi era del 12%. Gli interessi così calcolati assunsero il nome di usurae centesimae per il fatto che il debitore pagava ogni mese un centesimo del capitale. Poiché gli interessi dovevano essere corrisposti il primo di ogni mese (calendae), era frequente adoperare anche l’espressione usurae calendariae e il libro su cui il creditore annotava i crediti veniva denominato calendarium o liber calendarii .
I Padri della Chiesa avversarono duramente l’usura, in particolare Basilio, vescovo a Cesarea, rivolse un’omelia contro i mutuatari e il fratello minore Gregorio una contro i prestatori. Ambrogio condannò sia ‘gli avidi foeneratores’ sia ‘gl’incauti pronti a rovinarsi con la maledizione della centesima’ .
L’imperatore Giustiniano ridusse il tasso di interesse al 6% annuo, si parlò perciò di dimidia centesimae usurae .
Giustiniano creò un sistema molto complesso avendo previsto tassi diversi a seconda delle persone dei capitalisti e del tipo di mutuo: ad esempio se i creditori erano illustres la misura dell’usura non poteva superare il 4% , se erano industriali o commercianti era fino all’8%; per i mutui ai contadini l’interesse non doveva superare il 4% e per quelli di derrate l’ottava parte della quantità ricevuta.