Cass. civ. Sez. I, 08-01-2008, n. 163
Svolgimento del processo
Con decreto del 22.03.2006, il Giudice di pace di Piacenza respingeva il ricorso proposto da B.H.M.B.I., cittadino tunisino, avverso il decreto di espulsione (decreto n. 12/B- 10/2006 del 23 gennaio 2006) adottato, del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 2, lett. b), dal Prefetto della provincia di Piacenza, in dipendenza dell’intervenuto diniego “… di legalizzazione ai sensi della L. n. 189 del 2002 e del D.L. n. 195 del 2002 convertito dalla L. n. 222 del 2002, provvedimento emesso il 25/02/2004″. Il Giudice di Pace osservava e riteneva, tra l’altro:
che il ricorso fosse infondato stante la correttezza del decreto di espulsione, provvedimento immune da vizi;
che dagli atti di causa emergeva che il ricorrente non aveva ottenuto il permesso di soggiorno in quanto già destinatario di un precedente provvedimento di espulsione;
che il ricorrente non aveva contestato né le circostanze di fatto che avevano determinato l’espulsione né la circostanza secondo cui era sprovvisto del permesso di soggiorno, sicché le medesime circostanze dovevano ritenersi ammesse;
– che dette circostanze oggettive e processualmente acquisite costituivano il presupposto normativo che aveva vincolato il Prefetto di Piacenza ad emettere il provvedimento di espulsione impugnato;
– che esulavano dalla sua competenza la valutazione sul diniego di sanatoria da parte del Prefetto di Bologna, le motivazioni di cui al ricorso presentato al TAR, le questioni di costituzionalità, peraltro prive di fondamento.
Avverso questo provvedimento B.H.M.B.I., con atto notificato il 20.06.2006, ha proposto ricorso per Cassazione nei confronti della Prefettura della Provincia di Piacenza, fondato su due motivi. L’intimata Prefettura non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
A sostegno del ricorso il B.H.M.B.I. deduce:
1. ” Nullità del decreto per vizio di omessa pronuncia su un motivo di gravame ex art. 360 c.p.c., n. 4. Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.” e formula conclusivamente il seguente quesito “Dichiari l’Ecc.ma Corte di cassazione che il decreto del Giudice di Pace di Piacenza è viziato di nullità per error in procedendo del giudice a quo, essendo questo incorso nel vizio di omessa pronuncia sul secondo motivo del gravame di primo grado, relativo all’illegittimità del decreto di espulsione per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 e art. 2, comma 6 e per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ai sensi dell'”art. 112 c.p.c.. Per effetto della declaratoria di nullità del decreto, ex art. 360 c.p.c. n. 4, esamini la Corte il merito della specifica censura, dichiarando l’illegittimità del decreto di espulsione impugnato, sotto il profilo della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 e art. 2, comma 6 per l’omessa traduzione e comunicazione con l’atto di notifica delle motivazioni giustificatrici dell’espulsione”.
Il ricorrente si duole che il giudice di merito abbia omesso di pronunciarsi e di argomentare in merito al suo secondo motivo di ricorso, con il quale aveva censurato il decreto di espulsione sotto il profilo della violazione delle rubricate disposizioni di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, in ragione della mancanza nell’atto in lingua straniera, correlato a detto decreto, dell’indicazione delle ragioni giustificatrici del provvedimento, ed in particolare della parte motiva, e dell'”indicazione delle norme violate, in pregiudizio del suo diritto di difesa.
Con riguardo al vizio di omessa pronuncia, denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 con riferimento all’art. 112 c.p.c., la censura è infondata. Poiché il vizio di omessa pronuncia si concreta nel difetto del momento decisorio, per integrare detto vizio occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto. Nella specie il momento decisorio non risulta mancato, in quanto il giudice di merito respingendo il ricorso si è pronunciato sulla pretesa espulsiva oggetto del giudizio di opposizione, espressamente ritenendo la correttezza del decreto di espulsione e tale provvedimento immune da vizi, con conseguente rigetto anche della contestazione in argomento che in tesi avrebbe viziato l’atto.
Inammissibile, invece, si rivela l’ulteriore profilo di doglianza, secondo cui, comunque, lo sfavorevole apprezzamento del motivo in questione integrerebbe la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 e art. 2, comma 6.
Poiché l’interesse ad impugnare con il ricorso per cassazione discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole, è necessario, anche in caso di denuncia di un errore di diritto a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, che la parte ottemperi al principio di autosufficienza del ricorso (correlato all’estraneità del giudizio di legittimità all’accertamento del fatto), indicando in maniera adeguata gli elementi idonei a concretizzare il contenuto della censura (in tema, cfr. Cass. 2001/9777; 2007/15263). Nella specie il ricorrente sostiene non che è mancata la prescritta sintetica traduzione del decreto nella lingua da lui conosciuta, ma che tale traduzione era stata incompleta e tale da non consentirgli la piena conoscenza delle ragioni dell’espulsione a fini di difesa. Omette, però, di trascrivere il testo del decreto e della relativa traduzione, così impedendo di apprezzare l’effettivo tenore degli atti cui riferisce la dedotta violazione di legge, che, quindi, deve aversi per apoditticamente e, pertanto, inammissibilmente denunciata in questa sede.
2. “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b) nonchè dell’art. 14 preleggi. Omessa, insufficiente ed illogica motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Nullità del decreto per vizio di omessa pronuncia su un motivo di gravame ex art. 360 c.p.c., n. 4.
Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato”.
Si duole che il giudice di merito abbia omesso di pronunciarsi in ordine alla censura inerente la non riconducibilità del diniego di legalizzazione del lavoro irregolare alle ipotesi previste dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b) sostenendo anche che il fatto che fosse privo del permesso di soggiorno non era di per se sufficiente a legittimare l’espulsione ai sensi della citata norma e che conclusivamente il giudice di merito ha introdotto una motivazione diversa e distinta da quella indicata dal Prefetto, in sintesi sostituendosi all’Amministrazione nel fornire una motivazione all’espulsione.
Si duole, infine, che il giudice di pace, pur in assenza di alcuna censura sul punto, abbia affermato che esulava dalla sua competenza la valutazione sul diniego di sanatoria.
La censura nel suo complesso non ha pregio.
Nella specie, in violazione dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis del D.Lgs. n. 40 del 2006, ex art. 27, n. 2 l’illustrazione dei profili di censura che integrerebbero violazioni di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, non risulta conclusa con la formulazione del quesito di diritto, mentre l’illustrazione del denunciato vizio di insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non contiene la chiara indicazione delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione. D’altra parte la pronuncia non risulta nemmeno carente di motivazione, dal momento che dal relativo tenore si evincono logiche argomentazioni di rigetto dell’opposizione avverso il decreto di espulsione, essenzialmente riconducibili ai principi secondo cui in tema di disciplina dell’immigrazione, qualora la procedura, regolata dalla L. 30 luglio 2002, n. 189, art. 33 e dal precedente art. 1, per l’emersione e la legalizzazione del lavoro irregolare giunga a conclusione in termini sfavorevoli per l’interessato, il prefetto riassume il potere espulsivo, medio tempore inibito, sicchè lo straniero torna a tutti gli effetti, nella pristina condizione di illegalità e resta soggetto ad espulsione in forza della pregressa realizzazione di una delle ipotesi contemplate dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 quali quelle previste dal comma 2, lett. b), della mancata richiesta del permesso di soggiorno nel prescritto termine ovvero della revoca del medesimo permesso, nonchè secondo cui nel giudizio di opposizione in argomento il giudice ordinario non può sindacare il diniego di regolarizzazione neanche al fine di sospendere il giudizio stesso, stante l’insussistenza di un rapporto di pregiudizialità logico giuridica con la impugnazione di tale diniego eventualmente pendente dinanzi al giudice amministrativo.
Conclusivamente il ricorso va respinto.
Non deve provvedersi sulle spese del giudizio di cassazione, dal momento che la parte intimata non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2008