L’art. 2 della L. n. 241/1990 ha fissato un principio generale secondo cui ove il procedimento consegue obbligatoriamente ad un’istanza del privato ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la P.A. ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso; in particolare, giusta la previsione di cui all’art. 2, comma 3, della suddetta disposizione, la P.A. è tenuta a definire i procedimenti attivati dai privati entro il termine di 90 giorni dal deposito della relativa istanza.
L’evoluzione giurisprudenziale ha portato a ritenere che l’obbligo in parola non sussiste soltanto nelle seguenti ipotesi: a) istanza di riesame dell’atto inoppugnabile per spirare del termine di decadenza (ex multis: C. di S., Sez. IV, n. 69/1999; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, n. 5014/200); b) istanza manifestamente infondata (ex multis: C. di S., sez. IV, n. 6181/2000; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, n. 1969/2002); c) istanza di estensione ultra partes del giudicato (ex multis: C. di S., Sez. VI, n. 4592/2001).
TAR Napoli, Sez. III, 27 settembre 2007 / 31 ottobre 2007, n. 10329
FATTO
Premette la Società “A. S.r.l.”, con sede legale in Caserta, al V. le XXxle, in persona del legale rappresentante, Mm, quale esercente un opificio industriale per la trasformazione di alcool in regime di deposito fiscale, di essere tenuta ai sensi del D.L. vo n. 504/1995 ad una serie di adempimenti di natura fiscale: pagamento dell’accisa al momento dell’immissione in consumo dell’alcool (art. 2, comma 4); prestazione di cauzione in misura del 10% dell’imposta gravante sulla quantità massima di prodotti che possono detenersi nel deposito fiscale, in relazione alla capacità di stoccaggio dei serbatoi utilizzati (art. 5, comma 3, lettera a); cauzione per il pagamento dell’accisa gravante sui prodotti trasportati (art. 6, comma 2); cauzione per i contrassegni di Stato destinati ad essere applicati sui recipienti contenenti prodotti nazionali in regime sospensivo (art. 13).
Aggiunge di avere, sin dal momento del rilascio delle autorizzazioni all’esercizio del deposito fiscale, prestato le cauzioni predette, nelle misure previste dalla legge, attraverso la consegna, alla competente Amministrazione Finanziaria, di polizze fideiussorie emesse da società assicurative di gradimento dell’Amministrazione medesima, ma che, nel mese di marzo dell’anno 2006, non fu possibile provvedere tempestivamente al rinnovo delle tre polizze in scadenza al 30.3.2006, relative alle cauzione di cui agli artt. 5, 6 e 13 del D.L. vo n. 504/95 e, pertanto, al fine di non compromettere il normale esercizio del deposito fiscale, l’”A S.r.l.” costituì presso la Tesoreria Provinciale di Caserta, con vincolo a favore dell’Agenzia delle Dogane, Ufficio Tecnico di Finanza di Napoli, tre distinti depositi (di cui alle quietanze 234, 235, 236 del 30.3.2006) materialmente consegnati in data 31.3.2006 all’Ufficio Tecnico di Finanza di Napoli, Ripartizione di Caserta: il primo per euro 100.000, a cauzione del deposito fiscale, il secondo per euro 25.822, 84, a cauzione del ritiro dei contrassegni di Stato, il terzo per euro 2582,23, a cauzione della circolazione dei prodotti in regime di sospensione.
Aggiunge, ancora, che, perfezionato il rinnovo delle polizze fideiussorie, emesse dalla Compagnia “Viscontea Coface S.p.a.”, l’A. S.r.l., sempre in data 31.3.2007 le consegnò all’Ufficio Tecnico di Finanza, Ripartizione di Caserta ed in data 24.5.2006, l’Agenzia delle Dogane, Direzione Regionale di Napoli, comunicò l’accettazione delle polizze prodotte.
Tanto premesso e preso atto che gli atti di diffida ad adempiere notificati in data 12 e 14 dicembre 2006, rispettivamente all’Agenzia delle Dogane di Napoli ed all’Agenzia delle Dogane di Caserta, per quanto di competenza di ciascuna, esito alcuno avevano avuto, l’”A. S.r.l.”, in persona del legale rappresentante, con ricorso notificato il 20.7.2007 e depositato il giorno 25 successivo, ha impugnato, innanzi a questo Tribunale, il silenzio-rifiuto all’uopo formatosi deducendo profili di violazione di legge (art. 2 L. n. 241/1990 e succ. modd.) e di eccesso di potere (per assoluto difetto di motivazione e di istruttoria), particolarmente invocando – ai sensi del comma 5 del rubricato art. 2 ed al di là della mera dichiarazione dell’obbligo di provvedere – anche l’accertamento della fondatezza dell’istanza di svincolo, nonché la condanna delle intimate Amministrazioni al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 7, 3 comma, L. n. 1034/1971.
Le intimate Amministrazioni Finanziarie si sono costituite in giudizio sostenendo l’infondatezza del ricorso.
Alla Camera di Consiglio del 27 settembre 2007 il ricorso è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
1. Va premesso che, sotto il profilo procedurale, ai fini della formazione di un silenzio-rifiuto giuridicamente rilevante, è venuta meno la necessità della previa notifica di un atto di diffida e ciò con l’entrata in vigore dell’art. 2 della L. 11 febbraio 2005, n. 15 che ha aggiunto all’art. 2 della L. n. 241 del 1990 il comma 4-bis, alla stregua del quale: << decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3 dell’art. 2 il ricorso avverso il silenzio, ai sensi dell’art. 21 bis della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza la necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 e 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza (……..) >>.
In tale situazione deve prendersi atto che gli atti di diffida, nel caso di specie, notificati dalla Società ricorrente non rappresentano condizione per l’ammissibilità del giudizio instaurato ex art. 21 bis della L. n. 1034/1971 per far constare l’illegittimità del silenzio dell’Amministrazione, ma sono espressione di una mera facoltà dell’istante.
2. Ciò posto, nel merito il ricorso è fondato e deve essere accolto.
3. L’art. 2 della L. n. 241/1990 ha fissato un principio generale secondo cui ove il procedimento consegue obbligatoriamente ad un’istanza del privato ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la P.A. ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso; in particolare, giusta la previsione di cui all’art. 2, comma 3, della suddetta disposizione, la P.A. è tenuta a definire i procedimenti attivati dai privati entro il termine di 90 giorni dal deposito della relativa istanza.
L’evoluzione giurisprudenziale ha portato a ritenere che l’obbligo in parola non sussiste soltanto nelle seguenti ipotesi: a) istanza di riesame dell’atto inoppugnabile per spirare del termine di decadenza (ex multis: C. di S., Sez. IV, n. 69/1999; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, n. 5014/200); b) istanza manifestamente infondata (ex multis: C. di S., sez. IV, n. 6181/2000; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, n. 1969/2002); c) istanza di estensione ultra partes del giudicato (ex multis: C. di S., Sez. VI, n. 4592/2001).
3.1.. E nel caso della Società ricorrente, escluse le fattispecie, sub a) e sub c) ed atteso che l’istanza de qua non risultava ictu oculi infondata sub lettera b), in capo alla resistente Amministrazione Finanziaria – come implicitamente ammesso anche da quest’ultima – in astratto sussisteva senz’altro l’obbligo di adottare un provvedimento espresso in ordine alla richiesta di svincolo delle somme versate presso la Tesoreria Provinciale a titolo deposito cauzionale relativamente al periodo in cui questi ultimi non erano coperti da polizza fideiussoria.
3.2. Tuttavia, nella fattispecie – come fondatamente dedotto nella prima censura – l’inosservanza dell’obbligo di provvedere sussiste anche in concreto poiché – come risulta dalla documentazione versata in giudizio – a fronte delle reiterate diffide all’adempimento inoltrate dalla Società ricorrente, in particolare, una prima, notificata in data 12 dicembre 2006, rispettivamente all’Agenzia delle Dogane di Napoli ed una seconda notificata il giorno successivo 14 all’Agenzia delle Dogane di Caserta la predetta Amministrazione non ha fornito adeguato riscontro.
4. Infatti, in punto di giustificazione del mancato adempimento dell’obbligo di provvedere di cui all’art. 2 della L. n. 241/1990 incombente sull’Amministrazione doganale che resiste in giudizio, la difesa di quest’ultima invoca << la presenza di una sorta di forza maggiore che ha, di fatto, impedito il riscontro dell’istanza di svincolo >>. E ciò per la concomitante circostanza che, da un lato, con determinazione direttoriale del 20.7.2006, a decorrere dal 27.7.2006, è stato istituito l’Ufficio delle Dogane di Caserta, mentre dall’altro, a far data dal 29.12.2006, sono stati istituiti l’Ufficio delle Dogane di Napoli 1 e quello di Napoli 2 con soppressione dell’U.T.F. di Napoli, le cui competenze sono state assorbite e ripartite nei nuovi uffici; circostanza che avrebbe comportato << il passaggio, per competenza territoriale, del fascicolo inerente l’A. all’Ufficio delle Dogane di Caserta, il quale, tuttavia, resta gerarchicamente vincolato alla Direzione Regionale per decisioni di una certa importanza >>.
Dunque, ad avviso della resistente Amministrazione Finanziaria, l’obbligo di provvedere, pur sussistente in astratto, verrebbe meno, in concreto, a fronte delle difficoltà organizzative legate ad un decentramento in atto dall’Agenzia delle Dogane di Napoli a quella di Caserta, competente per territorio considerato il luogo di ubicazione della Sede legale della Società ricorrente.
4.1. Sennonché in contrario deve evidenziarsi che l’Amministrazione non può addurre a giustificazione del proprio obbligo di provvedere rimasto inadempiuto un fatto interno alla sua organizzazione, al punto da farlo assurgere addirittura a causa di forza maggiore ossia una vis cui resisti non potest in grado di far venir meno il suo dovere istituzionale di provvedere.
D’altronde, anche secondo il diritto comune per “causa non imputabile” – ai sensi dell’art. 1218 cod. civ. – in grado di esonerare il debitore da responsabilità da inadempimento deve intendersi (quanto meno alla stregua di una teoria oggettiva da ritenersi preferibile, specie considerando la natura pubblica del soggetto obbligato) quell’impedimento assolutamente imprevedibile ed estraneo, sempre sul piano oggettivo, alla sfera del debitore, cioè tale che egli non avrebbe potuto in alcun modo prevedere e controllare, mentre ogni altro evento tale da rendere più oneroso o difficoltoso l’adempimento non potrebbe, in ogni caso, esentare il debitore da responsabilità facendo venir meno l’inadempimento colpevole.
5. Ancora, a suffragare l’inesistenza di alcun obbligo a provvedere in correlazione al presunto carattere addirittura “temerario” della lite instaurata, la difesa erariale aggiunge che, la Società ricorrente, sarebbe risultata destinataria dell’avviso di pagamento n. 1/2006, prot. n. 18287 del 18.7.2006, emesso dall’Ufficio Tecnico di Finanza di Napoli, comportante la debenza dell’importo di euro 683.482, 51, per omesso pagamento della quota parte dell’accisa dovuta per l’immissione in consumo di prodotti alcoolici negli anni 2004-2005, giusta previo verbale di constatazione del 17.5.2006. Quest’ultimo importo supererebbe di gran lunga quello versato a titolo cauzionale (euro 128405,07) ed insieme quello garantito da fideiussione (euro 115.405,12), con la conseguenza che: << nella fattispecie, quindi, non si vede come questa Agenzia possa aderire ad una richiesta di svincolo di un importo che vale ad integrare il massimale delle polizze fideiussorie incapienti rispetto all’ìngente importo accertato quale dovuto >>.
5.1. Sul punto deve rilevarsi che la Società “A. S.r.l.” ha impugnato, innanzi al giudice tributario, il suddetto avviso di pagamento n. 1/2006, richiedendo ed ottenendo la sospensione dell’esecuzione dell’avviso impugnato (decreto del presidente della III Sezione del 22.11.2006, confermato in Camera di Consiglio dal Collegio in data 14.2.2007, notificato, in data 24.11.2006, all’Agenzia delle Dogane di Napoli).
6. Ulteriore argomento utilizzato dalla difesa erariale a rincarare la situazione debitoria della Società ricorrente deriverebbe dalla sussistenza di n. 18 contenziosi pendenti a carico della stessa ditta, relativi a sanzioni comminate per il tardivo versamento, rispetto alla scadenza, dell’accisa dovuta.
6.1. Tuttavia, a quanto da ultimo rilevato basterà replicare come risulti documentalmente provato che i relativi atti di irrogazione delle sanzioni risultano tutti ritualmente impugnati innanzi al giudice tributario e le relative controversie sono tutt’ora pendenti ed, infine, che – giusta la normativa di cui al D.L. vo n. 472/97, art. 19, comma 1, “Esecuzione della sanzione” che rinvia all’art. 68, commi 1 e 2, del D.l. vo n. 546/92 – la sanzione può essere riscossa solo dopo la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale innanzi a cui è stato proposto il ricorso contro l’irrogazione della sanzione.
7. In buona sostanza, a tener dietro all’argomento della difesa erariale, per il tramite di una sorta di “fermo amministrativo” l’Amministrazione avrebbe finito con l’esercitare un potere di autotutela. Tuttavia se questo è il reale intendimento dell’Amministrazione, esso avrebbe dovuto essere esplicitato con l’adozione di uno specifico provvedimento espresso nel quale si desse atto delle ragioni per le quali, venendo meno all’obbligo di restituzione delle cauzioni rese dalla Società in sostituzione delle polizze fideiussorie non potute stipulare, ritenesse di avere titolo per incamerare le cauzioni prestate a copertura degli obblighi fiscali rimasti inevasi.
Dunque, anche per tal via resta riconfermato la violazione dell’obbligo di provvedere rimasto inadempiuto.
8. Nella seconda censura parte ricorrente, richiamandosi, al comma 5, dell’art. 2 L. n. 241/1990, in considerazione alla natura vincolata dell’attività da porre in essere a cura dell’Amministrazione Finanziaria in ordine allo svincolo delle cauzioni prestate (dopo che queste ultime erano state sostituite da polizze fideiussorie ritenute di gradimento dall’Amministrazione medesima) chiede al Tribunale di pronunciarsi anche sulla fondatezza dell’istanza avanzata dalla Società ricorrente, atteso che con la propria inerzia l’Amministrazione Finanziaria avrebbe illegittimamente duplicato, in capo alla Società ricorrente, gli obblighi pecuniari previsti dalla legge (D.L. vo n. 504/1995), nella loro entità e forma (D.L. vo n. 175/1995), per tal guisa avverandosi le condizioni per un indebito arricchimento dell’Amministrazione percettrice.
8.1. Tuttavia, ad avviso del Collegio, in tema di silenzio-rifiuto, dopo la legge n. 205/2000 che ha introdotto l’art. 21 bis della L. n. 1034/1971, oramai si configurano due riti contro il silenzio: il primo, quello previsto dall’art. 2 L. n. 205/2000, connotato in termini di semplicità e celerità, ma contraddistinto da potere cognitori e decisori circoscritti alla mera declaratoria dell’obbligo di provvedere; il secondo, quello ordinario, più lungo e complesso, ma che rende possibile accertare anche la fondatezza della pretesa giudiziale.
Pertanto, nella fattispecie, una richiesta che non si fosse limitata al mero accertamento dell’obbligo di provvedere rimasto inadempiuto avrebbe dovuto farsi valere secondo il rito ordinario.
9. Conclusivamente, fermo restando il potere amministrativo di valutare la fondatezza della pretesa dedotta, il ricorso è fondato sotto il profilo della illegittimità del silenzio dell’Amministrazione e va accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Deve, pertanto, ordinarsi all’Amministrazione resistente di emanare un provvedimento espresso in esito alle istanze presentate entro un termine non superiore a 30 giorni dalla notificazione o comunicazione, in via amministrativa, della presente sentenza.
10. Il Collegio deve anche pronunciare sulla ulteriore domanda, pure avanzata dalla Società ricorrente, di condanna della resistente Amministrazione al risarcimento del danno.
!0.1. La domanda è infondata risultando proposta genericamente e sfornita di qualsivoglia elemento di prova.
11. Le spese seguono la soccombenza e vengono quantificate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 4469/2007 R.G.) proposto dalla Società “A. S.r.l.”, così dispone:
a) lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, dichiara l’illegittimità del silenzio serbato dall’intimata Amministrazione, ordinando a quest’ultima di provvedere nel termine di 30 giorni dalla notificazione o comunicazione, in via amministrativa, della presente sentenza.
Dispone, altresì, in caso di ulteriore inottemperanza, che, in luogo della predetta Amministrazione ed a richiesta di parte provvederà, se già non provveduto, il Commissario ad acta, che s’intende sin d’ora nominato nella persona del Prefetto pro-tempore della Provincia di Caserta ovvero di un Funzionario da lui delegato dell’Ufficio Territoriale del Governo cui è preposto;
b) respinge la domanda di condanna al risarcimento del danno;
b) condanna l’intimata Amministrazione al pagamento in favore del ricorrente delle spese giudiziali complessivamente quantificate in euro 2000,00 (duemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 27 settembre 2007.