Il Consiglio di Stato, nella sentenza 4 marzo 2008 n. 857 ha ribadito che “il normale termine prescrizionale previsto per i crediti di lavoro dei pubblici dipendenti soggiacciono tutti alla prescrizione quinquennale”, ai sensi della disciplina sulla prescrizione che risiede nell’art. 2948 CC per i dipendenti non statali e nell’art. 2 della Legge n. 428/05 per quelli statali.
Il Consiglio ha precisato che “dopo l’entrata in vigore della legge 7 agosto 1985, n. 428, tutti i crediti di lavoro dei pubblici dipendenti si prescrivono nel termine di cinque anni, senza possibilità di distinzione tra crediti non contestati e crediti contestati dall’amministrazione.”
Consiglio di Stato, Sez. V, 4 marzo 2008, n. 857
DECISIONE
Sul ricorso in appello n. 11608/2000 del 19/12/2000, proposto dalla Sig.ra M. rappresentata e difesa dall’avv. con domicilio eletto in Roma, V
contro
il COMUNE DI S. MARIA C. VETERE rappresentato e difeso dall’avv. con domicilio eletto in Roma,
per la riforma
della sentenza del TAR CAMPANIA – NAPOLI :SEZIONE V n. 3390/2000, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE SOMME;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La sig.ra M. ha chiesto il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con l’amministrazione in qualità di insegnante con incarichi a tempo determinato, svolto presso la scuola materna comunale dal 1985 al 1992, e la condanna dell’amministrazione al pagamento delle differenze retributive, con interessi e rivalutazione.
Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso nei limiti quinquennali della eccepita prescrizione.
Con l’appello in esame si sostiene la violazione delle norme che regolano la prescrizione in quanto si sostiene che alla fattispecie in esame sarebbe applicabile la prescrizione decennale, trattandosi di crediti che in considerazione della mancanza di stabilità del rapporto, presuppongono il previo accertamento della posizione giuridica dell’interessato.
Si sostiene, inoltre, l’erronea individuazione della data finale del rapporto di lavoro, indicato dalla sentenza di primo grado alla data del 31/12/91 anziché a quella del 31/12/92, come risulta anche dal certificato di servizio depositato in atti.
Il comune, costituitosi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza dei motivi di appello.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Malgrado qualche isolata pronuncia (cfr, C.S. n. 5973/04, richiamata dall’appellante), la giurisprudenza è, infatti, consolidata nel senso che “il normale termine prescrizionale previsto per i crediti di lavoro dei pubblici dipendenti, in base alle disposizioni normative sulla prescrizione (art. 2948 Cod. civ. per i dipendenti non statali ed art. 2 legge 7 agosto 1985 n. 428 per quelli statali) – che non prevedono distinzioni nell’ambito dei crediti di natura retributiva – soggiacciono tutti alla prescrizione quinquennale (C.S., Sez. V, 15 giugno 1998, n. 850; id., 29 luglio 1997 n. 852; id., 17 dicembre 1996 n. 1553; Sez. VI, 20 marzo 1996 n. 476; id., 19 maggio 1989 n. 660; Sez. IV, 14 novembre 1994 n. 885).
Detto orientamento è stato ribadito anche di recente (cfr. C.d.S., Sez. V, 1 giugno 2001, n. 2966; Sez. VI, 28 maggio 2001, n. 2903; 16 maggio 2001, n. 2769)”, (cfr. anche V 3344/07, V, 3340/07 ), dovendosi precisare “al riguardo, che dopo l’entrata in vigore della legge 7 agosto 1985, n. 428, tutti i crediti di lavoro dei pubblici dipendenti si prescrivono nel termine di cinque anni, senza possibilità di distinzione tra crediti non contestati e crediti contestati dall’amministrazione.”(C.S. V, 2434/02).
Da ciò l’infondatezza del primo motivo.
La ulteriore domanda, con cui si chiede la fissazione del termine di risoluzione del rapporto al 31/12/92, con conseguente spostamento sino a tale data delle somme dovute, va respinta atteso che il giudice deve attenersi, nella decisione, al “quantum”richiesto dalla parte e, in relaziona alla fattispecie, non sono evidenziati elementi che provino un mero errore di fatto nella domanda, non potendo attribuirsi rilievo, a tal fine, al deposito del certificato di servizio dell’appellante.
Anche il secondo motivo deve, pertanto, ritenersi infondato.
In relazione a quanto esposto, l’appello va respinto.
Ritiene il Collegio che sussistano giusti motivi per compensare, tra le parti, le spese del giudizio.
PQM
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello n. 11608/00, meglio specificato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado; compensa, tra le parti, le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella Camera di consiglio del 26 ottobre 2006, alla presenza dei seguenti magistrati:
OMISSIS