La Cassazione, nella sensenza 1 aprile 2008, n. 8445, riconosce la responsabilità del praticante avvocato per le attività stragiudiziali svolte
Nel caso concreto, un cliente conveniva in giudizio un praticante avvocato, chiedendo il risarcimento dei danni per responsabilità professionale, per lire 15 milioni, per avere il professionista fatto decorrere il termine triennale di prescrizione di un danno da incidente stradale, per il quale le era stata riconosciuta una invalidità permanente, tanto che la compagnia assicurativa intendeva offrirle la somma di cui sopra.
L’attore deduceva di essersi rivolto ad uno studio legale, al cui interno l’incarico era stato assunto dal convenuto che, costituitosi, eccepiva la sua carenza di legittimazione passiva, essendo solo un praticante.
La Corte conferma la responsabilità del convenuto, in quanto l’attività svolta nella fattispecie in esame dal praticante non è riservata agli iscritti all’albo.
Infatti, resta pacifico in giurisprudenza che il contratto concluso tra praticante avvocato e cliente, avente ad oggetto il compimento di atti processuali o anche prestazioni preparatorie rispetto ad essi è nullo per contrasto con l’art. 2231 c.c. e che, nel sistema delle norme di cui agli artt. 2231, 2232 e 2233 c.c. (sia nel testo previgente sia in quello introdotto dall’art. 2 comma 2 bis d.l. 4.7.06 n. 223 conv. in I. 4.8.06 n. 248) ci si riferisce rispettivamente ad avvocati, procuratori e patrocinatori, e ad avvocati e praticanti abilitati per patti relativi a compensi). Da ciò si ricava il principio che l’iscrizione all’albo o all’elenco sia essenziale per l’esercizio della attività giudiziale, per cui è valida l’affermazione secondo la quale un praticante può svolgere attività stragiudiziale.
Emiliana Matrone