Cassazione civile, sez. V tributaria, 14 aprile 2008, n. 9856
Fatto e Diritto
Premesso che P.A. ha proposto ricorso per Cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate ed avverso l’indicata sentenza della CTR del Veneto; che l’Agenzia si è costituita con controricorso;
che, ricorrendo i presupposti per la trattazione in Camera di consiglio a sensi dell’art. 375 c.p.c., sono state acquisite le conclusioni del P.M., che ha chiesto rimettersi la causa alla pubblica udienza;
che nella Camera di consiglio odierna il ricorso è stato deciso.
La sentenza impugnata in relazione alla impugnazione di avvisi di accertamento ERPEF per gli anni 1994, 1995, 1996 e 1997, ha ritenuto la soggezione all’imposta del P. anche per gli anni 1996 e 1997 per avere mantenuto in Italia il domicilio, come era dato di evincere da circostanze non contestate dell’avere in Italia la sua famiglia, di vivere prevalentemente nel nostro paese ove era amministratore di molteplici società, essere anche abituale frequentatore di un golf club in Italia.
Con l’unico motivo di ricorso, denunziando violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2 e L. n. 448 del 1998, art. 10, comma 1, propone questione se competa o no all’Ufficio dare la prova della residenza in Italia, se detta prova possa essere data per semplici indizi, se detti indizi possano essere rilevanti malgrado il contrasto con le risultanze anagrafiche.
Il ricorso è manifestamente infondato in quanto la sentenza ha fondato la propria decisione sull’accertamento del domicilio e non su quello della residenza, anche se ha rilevato perplessità sulla stessa attesa la mancata esibizione di un certificato di residenza a Monaco o di altri elementi, a prescindere dall’iscrizione all’AIRE per i soli anni 1996 e 1997.
Va aggiunto per completezza che anche se si fosse voluto contestare l’accertamento del domicilio in Italia, come potrebbe evincersi dalla contestazione nel corpo del ricorso della mancanza di prova della prevalenza degli affari all’estero su quelli italiani, si deve rilevare che l’accertamento della CTR è immune da vizi logici e giuridici. Questa Corte, scrutinando analoga questione con sentenza 13803 del 2001, ha precisato in motivazione: deve osservarsi, infine, che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, nella sentenza 12 luglio 2001, in causa C – 262-99, Louloudakis c. Stato Ellenico, ha enunciato il principio che “… nel caso in cui una persona abbia legami sia personali sia professionali in due Stati membri, il luogo della sua “normale residenza”, stabilito nell’ambito di una valutazione globale in funzione di tutti gli elementi di fatto rilevanti, è quello in cui viene individuato il centro permanente degli interessi di tale persona e che, nell’ipotesi in cui tale valutazione globale non permetta siffatta valutazione, occorre dichiarare la preminenza dei legami personali”. Affermando tale preminenza, e ribadito che, comunque, il giudice nazionale deve compiere una valutazione globale di tutti gli elementi, sia personali che patrimoniali, la Corte ha elencato alcuni degli elementi rilevanti per l’esistenza dei legami personali, come la presenza fisica della persona e dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo in cui i figli frequentano effettivamente la scuola, il luogo dell’esercizio delle attività professionali, quello dei legami amministrativi con le autorità pubbliche e gli organismi sociali “nei limiti in cui i detti elementi traducano la volontà di tale persona di conferire una determinata stabilità al luogo di collegamento, a motivo di una continuità che risulti da un’abitudine di vita e dallo svolgimento di rapporti sociali e professionali normali”.
Ed ha concluso affermando il principio: Nel caso in cui una persona fisica abbia la residenza fiscale in due Stati membri della UE, in quanto in entrambi sia individuabile il centro degli interessi vitali, inteso come il luogo con il quale si ha un più stretto collegamento sotto l’aspetto degli interessi personali e patrimoniali, il problema della doppia residenza fiscale deve essere risolto attribuendola allo Stato in cui sono rinvenibili i legami personali. Va conclusivamente rimarcato come nemmeno in sede di legittimità il P. abbia contestato che il suo centro degli interessi vitali sia rimasto in Italia.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 100,00 per spese vive, Euro 1900,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2008