Cass. Civile, sez. V tributaria, 14 maggio 2008, n. 12021
Fatto
Con ricorso notificato all’Ufficio di (OMISSIS) dell’Agenzia delle Entrate il 22 gennaio 2003 presso l’Avvocatura Generale dello Stato ed il giorno successivo presso la propria sede (ricorso depositato il 7 febbraio 2003), A.M. – premesso che con atto (“accertamento di valore”) notificato il 14 febbraio 1986 il competente Ufficio, “in seguito a perizia… eseguita… dall’UTE”, aveva determinato un valore (L. 45.000.000) maggiore di quello (L. 6.000.000) dichiarato per il terreno (“sito nel Comune (OMISSIS)…
della superficie di mq. 1029”) acquistato da lui e dalla “allora coniuge” con atto del 17 febbraio 1984 ed in ordine al quale le parti, nell’afferente rogito, avevano dichiarato di “essere a conoscenza che il terreno compravenduto non faceva parte di lottizzazione autorizzata e che pertanto non poteva essere destinato a scopo edilizio” -, in forza di DUE motivi, chiedeva di cassare (con refusione delle spese “del presente giudizio nonché di quelle dei precedenti gradi”) la sentenza n. 8527/01 depositata il giorno 11 dicembre 2001 dalla Commissione Tributaria Centrale la quale aveva respinto la sua impugnazione avverso la decisione (19/05/93) con cui la Commissione Tributaria di secondo grado di Roma aveva disatteso il gravame da lui proposto contro la decisione del giudice tributario di primo grado che, reietta la sua richiesta di annullamento dell’atto impositivo per essere il terreno compreso in “Zona (OMISSIS)… agricola” come da certificazione urbanistica prodotta, aveva ridotto a L. 27.000.000 il valore di detto terreno.
L’Ufficio intimato non svolgeva attività difensiva.
Il giorno 8 gennaio 2008 il ricorrente depositava memorie ex art. 378 c.p.c.
Diritto
1. La Commissione Tributaria Centrale – ricordato che il giudice tributario di primo grado aveva ridotto la “valutazione… di L. 27.000.000, relativo al valore dell’accessione, avendo ritenuto che al momento della compravendita essa non esisteva, in quanto dal verbale di constatazione dei vigili urbani del 20 novembre 1984 risultava realizzato sul terreno acquistato il solo piano seminterrato sicché doveva ritenersi che il funzionario dell’UTE avesse indicato l’accessione nell’accertamento effettuato, perchè compiuto dopo qualche anno dalla compravendita” – ha respinto l’impugnazione del contribuente osservando:
“l’impostazione” data dal contribuente alla “questione” è “intesa ad aggirare le prescrizioni normative con la conseguente lesione della norma tributaria” atteso che lo stesso “invoca… la classificazione del terreno in questione come “agricola”, per rivendicare l’applicazione della disposizione contenuta nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4,” per cui, “secondo il contribuente” stesso, “l’allegata documentazione… del Comune di Roma, attestante che il terreno da lui acquistato ricade in zona (OMISSIS) (zona agricola), dovrebbe essere sufficiente a precludere all’Ufficio la rettifica del valore del terreno” atteso che “a disattendere quel documento o, si potrebbe dire, a violarne l’implicita prescrizione: divieto di edificazione su quel terreno, è stato proprio il contribuente, pur essendone assolutamente consapevole, edificandovi appunto un fabbricato, salvo, subito dopo, appena ricevuto l’avviso di accertamento di valore, a sbandierare la certificazione del Comune…
circa la classificazione come zona agricola del terreno acquistato, lamentando che l’Ufficio non avesse tenuto conto del carattere agricolo di esso”;
– “anche la risoluzione ministeriale” n. 400756 del 23 novembre 1989, “invocata dal contribuente”, “si riferisce a terreni per i quali sia prescritto il divieto di qualsiasi tipo di costruzione, e se di prescrizione si tratta, essa va rispettata”;
– “una interpretazione che voglia rispettare la ratio della norma in questione” (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 54, comma 4) “non può consentire… al contribuente, da un lato di realizzare una costruzione su un terreno, in violazione della classificazione dello stesso come terreno agricolo, e di permettergli, dall’altro, di pretendere l’applicazione, da parte dell’Ufficio…, della norma circa il divieto di rettifica, trattandosi di terreno agricolo”;
– “quanto al valore da attribuire al documento depositato… circa la natura del terreno, può dirsi che esso non corrisponde alla realtà della situazione rappresentata, per fatto proprio dello stesso contribuente, e, quindi, è da disattendere”.
2. Con il primo motivo di ricorso l’ A. – assumendo aver questa Corte affermato che “l’inclusione di un terreno in uno strumento urbanistico… è condizione sufficiente al fine di dedurre il carattere agricolo o edificatorio di un terreno” e che “solo nel caso in cui ciò manchi è necessario procedere ad una valutazione di fatto” – denunzia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, nonché della normativa sull’imposta di registro” adducendo che “tanto l’Ufficio… quanto la Commissione Tributaria hanno violato…, non dandone applicazione, la disposizione” contenuta in detta norma (la quale “fa espresso riferimento agli strumenti urbanistici quali parametri necessari e sufficienti per stabilire la natura agricola o edificatoria di un terreno”) essendo stata operata “una rettifica di valore espressamente vietata per i terreni qualificati come agricoli”.
Il motivo è fondato.
A. Il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 43, comma 1, lett. a), come noto, dispone che “per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali” la “la base imponibile” sulla quale calcolare l’imposta di registro “è costituita… dal valore del bene o del diritto alla data dell’atto ovvero, per gli atti sottoposti a condizione sospensiva, ad approvazione o ad omologazione, alla data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi”.
In connessione con tale disposizione questa sezione ha già statuito che il criterio di valutazione automatica, previsto dal medesimo D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, (a) postula l’esistenza di rendita certa riferibile allo stato del bene trasferito al momento del rogito (sentenze 8 febbraio 2006 n. 2784, 22 febbraio 2002 n. 2527; 12 novembre 2001 n. 13978) e (b) non può trovare applicazione quando, a causa di intervenute modifiche, la situazione di fatto e giuridica risulti modificata rispetto a quella catastale, poiché in tale evenienza è come se l’immobile fosse privo di rendita (sentenze 18 luglio 2003 n. 11279; 29 agosto 2001 n. 11325; 12 novembre 2001 n. 13978).
B. Nel caso, il giudice a quo ha evidentemente violato detta norma avendo dato prevalenza non già allo stato di fatto e di diritto dell’immobile alla “data dell’atto”, come essa impone, ma alla successiva abusiva utilizzazione dello stesso a scopo edificatorio da parte dell’acquirente.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata.
3. L’accoglimento del motivo testé esaminato, intuitivamente, fa venir meno qualsiasi interesse (art. 100 c.p.c.) del ricorrente all’esame del secondo (ed ultimo) motivo di ricorso – contenente denunzia, in dichiarata “relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, di “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione” circa la “rilevanza degli elementi probatori indicati”, considerata “punto decisivo della controversia” – atteso che, in conseguenza dell’operata cassazione della sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata a sezione diversa della stessa Commissione Tributaria Regionale che ha emesso tale decisione affinché, accertata la condizione dell’immobile trasferito alla “data dell’atto” soggetto all’imposta richiesta, applichi i richiamati principi di diritto.
Il motivo, quindi, deve essere dichiarato assorbito.
Lo stesso giudice del rinvio provvedere anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2008