Il Consiglio di Stato, con la Decisione 11 luglio 2008 n. 3439, osserva che l’assenza nel bando di un’espressa clausola di esclusione relativamente al possesso dei prescritti requisiti di ammissione, lascia alla stazione appaltante un ampio margine di apprezzamento discrezionale nella valutazione dell’idoneità dei concorrenti a svolgere il servizio oggetto della gara e rende, perciò, possibile l’applicazione del criterio teleologico, in luogo di quello formale al quale l’Amministrazione sarebbe stata, invece, necessariamente vincolata ove tale clausola fosse stata esplicitamente prevista nelle norme di espletamento della procedura concorsuale.
Nella specie, la ditta non aveva una esperienza quinquennale nel settore, tuttavia questa aveva comprovato l’esperienza decennale dei professionisti addetti al servizio oggetto della licitazione ed il Consiglio ha ritenuto legittima l’ammissione alla gara siccome in possesso del requisito richiesto.
Emiliana Matrone
Consiglio di Stato – Decisione 11 luglio 2008 , n. 3439
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 10604/2005, proposto dal prof. arch. P. S., dal dott. arch. P. A., dal dott. M. F. e dal prof. avv. P. M., nonché dalle società T. e A. s.r.l., nelle persone dei rispettivi rappresentanti legali p.t., soggetti che agiscono in proprio ed in qualità di componenti del R.T.I. tra essi costituito, con mandato conferito al prof. S., rappresentati e difesi dagli avvocati Gianluigi Mazzoni e Domenico D’Amato, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Via Cola di Rienzo n. 111;
contro
la REGIONE EMILIA-ROMAGNA, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Franco Mastragostino, Maria Chiara Lista e Adriano Giuffrè, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Collina n. 36;
e nei confronti
della E. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita nel presente grado di giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. dell’Emilia-Romagna, Sezione II, n. 1566, in data 19 ottobre 2005;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti costituite a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza di questa Sezione n. 213 del 23 gennaio 2007;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 13 luglio 2007, il Consigliere Francesco GIORDANO;
Uditi l’avv. Di Mattia per delega dell’avv. Mazzoni, e l’avv. Lista;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Gli istanti hanno partecipato, in costituendo R.T.I., alla licitazione privata indetta dalla Regione Emilia Romagna “per l’aggiudicazione di un servizio di assistenza tecnica ai Comuni dell’Emilia Romagna nella formazione di programmi di qualificazione urbana ai sensi della L.R. n. 19/98”.
In esito all’espletamento della gara è risultata prima classificata la società E. a r.l. con punti …omissis…, mentre al secondo posto si è collocato il costituendo R.T.I. degli attuali appellanti con punti …omissis….
Chiamata a giudicare sulla legittimità dell’impugnato provvedimento di aggiudicazione e sui motivi aggiunti proposti avverso l’atto conclusivo di ratifica del verbale contratto, emesso dal Direttore Generale delle Risorse finanziarie e strumentali della Regione Emilia-Romagna, nonché sul ricorso incidentale della società E. volto ad ottenere l’annullamento della determinazione dirigenziale di ammissione alla gara dell’ATI ricorrente, la seconda sezione del T.A.R. bolognese, senza entrare nel merito dell’impugnativa, ha dichiarato inammissibile l’atto per motivi aggiunti ed improcedibili il ricorso introduttivo del giudizio ed il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata società E..
L’organo giudicante ha fondato la propria decisione sull’orientamento giurisprudenziale secondo cui -con la modifica dell’art. 21 L. n. 1034/71, introdotta dall’art. 1 della legge n. 205 del 2000- l’estensione dell’impugnazione a provvedimenti adottati in pendenza di un ricorso fra le stesse parti e connessi all’oggetto del ricorso medesimo, richiederebbe il rilascio di una nuova procura.
Avverso la sentenza del primo giudice hanno interposto appello gli intestati soggetti, assumendo che essa sarebbe ingiusta e andrebbe annullata -fatta eccezione per la dichiarazione di improcedibilità del ricorso incidentale, proposto dalla società E. a r.l.- per i seguenti motivi:
1) L’atto impugnato col ricorso non può qualificarsi come semplice atto “infraprocedimentale” non suscettivo di autonoma impugnazione.
2) Insussistenza della necessità di apposita procura per i motivi aggiunti.
Premesso che l’aggiudicazione di una gara per l’esecuzione di opere è l’atto più rilevante della complessa procedura concorsuale ed è, quindi, autonomamente impugnabile, anche se atto non conclusivo, in quanto immediatamente lesivo degli interessi dei concorrenti non aggiudicatari, si sostiene che non occorre un mandato autonomo, rispetto a quello rilasciato per la proposizione del ricorso originario, ai fini della rituale proposizione di motivi aggiunti nel processo amministrativo, atteso che la facoltà di proporre motivi aggiunti deve ritenersi ricompresa fra quelle conferite al difensore col primo mandato.
Si chiede, pertanto, che i motivi aggiunti vengano considerati ritualmente proposti e che il giudice di appello entri nella valutazione delle questioni di merito sollevate, prima fra tutte quella relativa all’insussistenza dei requisiti obbligatori di E. per la partecipazione al bando di gara, per mancanza di comprovata esperienza “ultraquinquennale” della ditta nello specifico settore di lavori oggetto della procedura.
L’atto di appello si chiude con la richiesta di annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguenziale pronuncia sui motivi di merito e con la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio, oltre che alla rifusione delle spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.
In resistenza al gravame l’appellata Regione ha controdedotto alle tesi degli istanti, confutando le doglianze avversarie e chiedendo il rigetto dell’appello, spese vinte, con la dichiarazione di inammissibilità della domanda di condanna al risarcimento del danno.
Con ordinanza n. 213 del 23 gennaio 2007 la Sezione giudicante ha accolto in parte qua l’appello, dichiarando ammissibile il ricorso di primo grado sulla base di un proprio precedente giurisprudenziale (decisione n. 3717 del 6 luglio 2002), secondo cui non può essere messa in discussione, alla luce della nuova legge n. 205 del 2000, l’affermazione per la quale i motivi aggiunti possono essere proposti e firmati dal solo avvocato, in virtù del mandato conferitogli per il ricorso principale, senza dunque la necessità di una nuova procura ad litem.
La predetta ordinanza ha, quindi, disposto incombenti istruttori, ritenuti necessari ai fini del decidere.
Dopo aver provveduto a depositare in atti copia del fascicolo di parte relativo al giudizio di primo grado, la Regione Emilia Romagna ha versato una nuova memoria in cui, quanto al merito della controversia, ha fatto rinvio al proprio precedente scritto difensivo, fornendo alcune puntualizzazioni sulla vertenza in corso, finalizzate a ribadire le tesi esposte e ad insistere nelle già rassegnate conclusioni, con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Come esposto in narrativa, il giudice di prime cure non ha trattato il merito del ricorso originario ma -dopo avere ravvisato la fondatezza dell’eccezione pregiudiziale, formulata dalla resistente Amministrazione regionale, di inammissibilità dell’atto per motivi aggiunti proposto dai ricorrenti, sul presupposto della carenza di uno specifico mandato ad litem- si è limitato a statuire sulle questioni di rito indotte con riferimento al ricorso introduttivo ed al ricorso incidentale, che ha dichiarato entrambi improcedibili: il primo, perché rivolto avverso un atto non conclusivo della procedura; il secondo, per evidente e sopravvenuto difetto di interesse della controinteressata E. s.r.l. ad ottenere una decisione sul medesimo.
Poiché, tuttavia, questa Sezione giudicante -ritenendo non necessario il conferimento di un nuovo incarico al legale costituito nel ricorso introduttivo, per estendere l’impugnazione a provvedimenti oggettivamente connessi ed introdurre ulteriori motivi rispetto a quelli dedotti con il ricorso originario- ha accolto parzialmente l’appello dichiarando ammissibile il ricorso di primo grado, occorre ora procedere all’esame dei motivi di doglianza, espressamente richiamati dagli attuali appellanti, quali risultano formulati nell’impugnativa di primo grado.
Nella sostanza, le denunciate illegittimità possono riassumersi nel modo seguente:
1) mancato possesso, da parte di E. s.r.l., del requisito obbligatorio di cui al punto 2) del bando di gara, in ordine alla comprovata esperienza nel settore da almeno cinque anni;
2) omissione di verifica, da parte dell’Amministrazione regionale, del contenuto della dichiarazione resa dal legale rappresentante di E. s.r.l. e conseguente, mancata esclusione di quest’ultima da parte del responsabile del procedimento;
3) contrasto della procedura di valutazione con i principi di trasparenza, correttezza, imparzialità e di libera concorrenza tra gli operatori;
4) incongruenza ed irrazionalità della valutazione dei curricula del personale impiegato dalla società E., con evidente squilibrio nei riguardi del personale impiegato dai ricorrenti.
Non sono fondate le censure rubricate sub 1) e 2), che vanno trattate congiuntamente quali distinti aspetti di una medesima doglianza.
Affermano gli istanti che la ditta E., nella propria autocertificazione, ha prima dichiarato di possedere il requisito obbligatorio, poi ha ammesso di non possederlo ed ha, comunque, sostenuto di trovarsi nel quinto anno di attività, omettendo però di indicare la data di inizio della propria attività che, dalla visura camerale, risulta essere il 15 giugno 1997.
Pertanto, la ditta E. non solo sarebbe stata ben lungi dal possedere “una comprovata esperienza nel settore da almeno 5 anni”, ma non si trovava nemmeno “nel quinto anno di attività”, come dichiarato.
Sicché, sarebbero stati applicabili alla fattispecie sia il disposto di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 157/95, che sancisce l’esclusione dalla partecipazione alle gare dei concorrenti che si siano resi responsabili di false dichiarazioni; sia l’art. 22 della L.R. n. 9/2000, che fa derivare dall’accertata presenza di elementi non conformi a quelli dichiarati o dalla mancata prova del possesso dei requisiti, l’annullamento degli atti eventualmente già adottati in favore di chi abbia reso o si sia avvalso delle dichiarazioni.
Come osservato dalla resistente Regione, si rivela del tutto prioritario stabilire se possano ritenersi effettivamente mendaci, le dichiarazioni rese dal Presidente e legale rappresentante della società E., dott. C. V., nell’autocertificazione prodotta nella fase della prequalificazione.
Appare perciò determinante, a tal fine, riportare alcuni passi del predetto documento, nel quale si legge che “la Società E. S.r.l. è in possesso di una comprovata esperienza nel settore oggetto del presente bando da almeno 5 anni”, ma si precisa subito dopo, a miglior supporto di tale dichiarazione, che la data di costituzione della società è il 28 febbraio 1997 e che, “E. si trova perciò attualmente nel quinto anno di attività. In ogni caso i soci fondatori ed anche alcuni dei collaboratori stabili, hanno una esperienza decennale (desumibile dai curricula allegati) nei settori oggetto del bando.”
Orbene, seppure formalmente ed in una prima approssimazione la dichiarazione di E. poteva apparire non veritiera, giacché, dalla sua costituzione o meglio dall’inizio della sua attività (15/6/1997), non era ancora trascorso un quinquennio alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, né poteva verosimilmente e credibilmente sostenersi che la società si trovasse effettivamente nel quinto anno di attività, in quanto sarebbe stata sufficiente una semplice visura camerale per dimostrare il contrario; tuttavia, le informazioni successivamente fornite, unite all’allegato “Profilo della Società”, all’elenco delle referenze ed esperienze maturate nel settore e, soprattutto, ai curricula vitae dei collaboratori interni ed esterni appartenenti al gruppo di lavoro al quale il servizio sarebbe stato affidato, sono valse a qualificare in senso sostanziale -non legato al profilo meramente temporale di attività della società ex se considerata, bensì a quello, ben più rilevante, inerente alla preparazione ed all’esperienza professionale dei suoi soci fondatori e degli altri suoi collaboratori stabili- l’offerta presentata, tenuto conto dello specifico oggetto della gara e della decisiva circostanza che il requisito obbligatorio del quinquennio di attività dei soggetti partecipanti alla licitazione privata non era previsto a pena di esclusione.
Ciò ha consentito al Direttore generale alle risorse finanziarie e strumentali di approvare il verbale-contratto 9 maggio 2001 (rep. n. 2660), stipulato fra la Regione Emilia Romagna e la ditta E. s.r.l. di Bologna, a seguito di un approfondito riesame condotto sulla documentazione relativa alla selezione delle domande di ammissione alla gara in argomento.
Invero, l’assenza nel bando di un’espressa clausola di esclusione relativamente al possesso dei prescritti requisiti di ammissione, lasciava alla stazione appaltante un ampio margine di apprezzamento discrezionale nella valutazione dell’idoneità dei concorrenti a svolgere il servizio oggetto della gara e rendeva, perciò, possibile l’applicazione al caso di specie del criterio teleologico, in luogo di quello formale al quale l’Amministrazione sarebbe stata, invece, necessariamente vincolata ove tale clausola fosse stata esplicitamente prevista nelle norme di espletamento della procedura concorsuale.
E’ stato, pertanto, correttamente ritenuto, in ossequio al principio della più ampia partecipazione possibile alle gare, che la ditta E., in base alla natura del servizio oggetto della licitazione ed alla comprovata esperienza decennale o, comunque, ultraquinquennale di buona parte dei suoi professionisti, sia stata legittimamente ammessa alla procedura siccome in possesso del requisito richiesto.
Del resto, è sufficiente una lettura anche superficiale dei curricula allegati alla domanda di partecipazione, per rendersi conto del fatto che sia il dott. V. e l’arch. C., quali soci fondatori della E. s.r.l., che altri collaboratori della ditta hanno maturato, in periodi superiori a cinque anni ed in posizioni di responsabilità, significative esperienze professionali nei vari campi e settori di interesse (Territorio, Ambiente, Energia ed Economia).
Prive di pregio si rivelano anche le residue doglianze, di cui ai punti sub 3) e 4) sopra evidenziati.
Si premette che, in mancanza di riscontri obiettivi, assume consistenza di pura ed indimostrata illazione l’affermazione secondo cui la Regione avrebbe inteso favorire la società E., quale sub-contraente della società regionale E. nella prima fase di espletamento del medesimo servizio. D’altronde, la differenza di 6 punti su 40 tra l’offerta tecnica di E. e quella dei ricorrenti, si giustifica ampiamente non già sulla base di una generica espressione, quale potrebbe apparire la frase secondo cui “l’offerta tecnica corrisponde dettagliatamente alle richieste”, a fronte dell’offerta dei ricorrenti giudicata “in linea con richieste regionali, ma non particolarmente dettagliata né connotata da aspetti decisamente propositivi”; bensì a ragione di alcuni elementi costitutivi proposti da E. e particolarmente apprezzati dalla Commissione tecnica, quali la presentazione del cronoprogramma delle attività e le parti relative alla newsletter, al sito web e al data base. Laddove, per gli istanti, è stato fatto negativo riferimento all’organizzazione del lavoro, nonché alla mancanza di esperienze consolidate in capo al Raggruppamento in quanto tale.
Si rileva, poi, che le doglianze dei ricorrenti attengono al preteso divario esistente fra i loro curricula e quello della ditta E., nonché allo squilibrio, definito clamoroso, derivante dall’esame dei curricula del personale impiegato da E. rispetto a quelli del personale utilizzato dai ricorrenti medesimi.
Sostiene, al riguardo, parte ricorrente che per la valutazione dei curricula del personale impiegato dalla ditta E., l’Amministrazione avrebbe utilizzato il criterio dell’affidabilità, diverso da quello fissato dal capitolato d’oneri, palesando così la manifesta illogicità, l’assoluta incongruenza e l’irrazionalità di una scelta, fondata su elementi logici errati.
Osserva, innanzi tutto, il Collegio che le predette censure attengono al merito delle valutazioni compiute dalla stazione appaltante, sicché laddove, come nella specie, le determinazioni assunte non si rivelino affette da manifesta illogicità ed irrazionalità, esse non sono suscettibili di sindacato da parte del giudice della legittimità.
Peraltro, deve ritenersi che lo scarto di tre punti a favore del Raggruppamento ricorrente, sia idoneo ad evidenziare il preteso divario esistente fra i rispettivi curricula dei due contendenti, ove si tenga presente che, nel caso di specie, è stato tenuto presente l’aspetto qualitativo, e non solo quantitativo, dell’esperienza maturata nel settore oggetto della gara.
Quanto, infine, al lamentato squilibrio fra le parti, con riguardo alle posizioni curriculari del personale rispettivamente dedicato allo svolgimento del servizio, va detto che –mentre non si rinvengono concreti ed oggettivi elementi di valutazione, atti a dar conto di un apprezzamento ridondante della professionalità dei collaboratori di E., mediante l’attribuzione agli stessi del massimo punteggio (p. 10) parimenti conferito al Raggruppamento ricorrente, in relazione alla “elevata professionalità” dei componenti di quest’ultimo- la Commissione tecnica non ha inteso introdurre un nuovo e diverso criterio di valutazione, allorché ha fatto riferimento all’affidabilità dei curricula del personale di E., in quanto ha conferito il punteggio ritenuto congruo proprio con riguardo alla “comprovata esperienza del personale impiegato per lo svolgimento dei servizi richiesti”. Il che, aldilà dell’avviso espresso dalla Commissione, secondo cui l’esperienza di collaborazione pregressa con la Regione è valsa a “rafforzare”, cioè ad accreditare maggiormente la professionalità del personale di E. attestata dai documenti curriculari, esaurisce l’argomento e non mette conto di disquisirne ulteriormente.
In conclusione, poiché nel merito il ricorso di primo grado -unitamente all’atto per motivi aggiunti- non trova alcuna possibilità di accoglimento, deve farsi luogo alla sua reiezione ed al conseguente, complessivo rigetto dell’interposto appello.
Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, respinge il presente atto d’appello, come precisato in motivazione, e compensa integralmente le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 13 luglio 2007, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei seguenti Magistrati:
– Sergio SANTORO – Presidente
– Luigi CARBONI – Consigliere
– Marzio BRANCA – Consigliere
– Aniello CERRETO – Consigliere
– Francesco GIORDANO Est. Consigliere
IL PRESIDENTE
Sergio Santoro
L’ESTENSORE
Francesco Giordano
IL SEGRETARIO
Rosi Graziano
Depositata in Segreteria l’11 luglio 2008
(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
Livia Patroni Griffi