Il Consiglio di Stato, nella Decisione 11 luglio 2008 n. 3499, ha modo di chiarire che la partecipazione di una società mista alla gara bandita dalla stessa amministrazione aggiudicatrice che ne è socia è ammissibile sia per l’affidamento di un appalto che per l’affidamento di una concessione di pubblico servizio concorrente, non determinando alcuna automatica violazione dei principi concorrenziali e di parità di trattamento. Una simile limitazione a carico delle società miste a partecipazione pubblica si porrebbe, anzi, in contrasto con i principi dell’ordinamento comunitario, il quale esige che le imprese pubbliche abbiano possibilità di agire in regime di parità di trattamento con la imprese private.
Emiliana Matrone
Consiglio di Stato – Decisione 11 luglio 2008 , n. 3499
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 5346/2007 proposto da X, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Stefano Crisci, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via Parigi n. 11 (studio Carnelutti);
contro
COMUNE DI TERNI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Prof. Angelo Clarizia e Tommaso Salonico, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma alla via Principessa Clotilde n. 2;
e nei confronti di
U. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof.ri Giuseppe Caia e Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Viale Parioli n. 180;
per l’annullamento
della sentenza del T.a.r. Umbria n. 427/2007, resa inter partes;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Terni e di U.;
Viste le memorie depositate dalle parte a sostegno delle rispettive posizioni;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla udienza pubblica del 15 aprile 2008, il Consigliere Roberto Giovagnoli; uditi, altresì, gli avv.ti Crisci, Sanino, Clarizia e Caia;
FATTO
1. In vista della scadenza (al 31 dicembre 2006) della gestione del servizio di distribuzione del gas naturale (protrattasi dal 1929 in forza di affidamenti diretti), il Comune di Terni, in applicazione dell’articolo 14, comma 7, del d.lgs. 164/2000, ha avviato le procedure di gara per l’affidamento della relativa concessione per dodici anni.
Con determinazione dirigenziale n. 24 in data 16 maggio 2006, è stato approvato e pubblicato il bando della licitazione privata, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di cui all’articolo 24, lettera b), del d.lgs. 158/1995. Il termine per il ricevimento delle domande di partecipazione era fissato al 4 luglio 2006, il valore complessivo del contratto era indicato in 250 milioni di Euro (e l’importo della garanzia che l’aggiudicataria avrebbe dovuto presentare alla stipula del contratto di servizio, in 25 milioni di Euro).
Poiché il valore del contratto ammontava in realtà a 25 milioni di Euro (e l’importo della garanzia a 2,5 milioni di Euro), con determinazione n. 26 in data 30 maggio 2006, sono stati corretti tali errori materiali ed il termine è stato prorogato all’11 luglio 2006.
Prima della scadenza del nuovo termine, il Comune di Terni ha pubblicato sul proprio sito Internet la seguente “precisazione”: “Istituto dell’avvalimento – ai fini della partecipazione alla gara per l’assegnazione del servizio di distribuzione del gas naturale, si conferma, a seguito di numerose richieste, che si intendono automaticamente integrate nel Bando le previsioni delle Direttive Comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE, nonché del Decreto Legislativo n. 163, del 12.04.06, “Codice degli appalti”, art. 49″.
Va sottolineato che al riguardo erano stati chiesti chiarimenti dall’Y (lettera in data 27 giugno 2006) e dalla Z. (lettera in data 29 giugno 2006).
In data 3 agosto 2006 sono state inviate le lettere d’invito, con allegato il “Documento programmatico di sviluppo per la rete di distribuzione del gas naturale nel territorio del Comune di Terni”, agli undici soggetti che avevano chiesto di essere invitati alla gara.
Il Documento programmatico si articolava in tre sezioni: a) descrizione della rete e delle infrastrutture (dove veniva evidenziato, tra l’altro, che “la rete dispone di quattro cabine …omissis…, tutte di recente costruzione, delle quali tre sono interconnesse, conferendo un elevato grado di affidabilità ai fini della continuità del servizio”); b) indicazione dei dati previsionali di sviluppo del P.R.G. (dove si prevedeva, tra l’altro, che, nei dodici anni di durata della concessione, si sarebbero raggiunte le 4.472 unità abitative); c) previsione di sviluppo della rete di distribuzione (dove veniva evidenziato, tra l’altro, che sarebbe stato necessario un incremento “pari a 3 mt/utente per complessivi 13.416 mt, che aggiunti ai 1.500 mt per il prolungamento del feeder a media pressione, porterebbero ad un totale di nuova rete per complessivi 14.916 mt. Tale valore costituisce il riferimento per il piano di Sviluppo, per la valutazione degli interventi di manutenzione straordinaria sulla rete esistente (sostituzioni), tenendo conto dei consistenti interventi effettuati negli ultimi 20 anni, con il potenziamento delle tubazioni e la totale sostituzione della ghisa, si può ragionevolmente ipotizzare un piano di sostituzioni di tubazioni nella misura di 1.300 mt/anno”).
In pendenza del termine di presentazione delle offerte, fissato al 25 settembre 2006, il Comune di Terni ha fornito chiarimenti (mediante lettere a tutti i partecipanti prot. 146853 in data 8 settembre 2006 e prot. 152409 in data 19 settembre 2006) e con determinazione dirigenziale n. 42 in data 19 settembre 2006, “al fine di meglio valutare ed approfondire i chiarimenti forniti ai fini della presentazione dell’offerta” ha disposto una proroga del termine fino al 28 settembre 2006. Va sottolineato che una espressa richiesta in tal senso era stata presentata dalla T. S.p.a. con lettera in data 18 settembre 2006.
Sono quindi pervenute nove offerte, tra cui quella della U. S.p.a., poi risultata aggiudicataria, e quella della X, seconda classificata ed odierna ricorrente.
In data 3 ottobre 2006, la Commissione tecnica di valutazione si è riunita in seduta riservata ed ha stabilito metodologie di valutazione, nel senso che:
– “prende atto della logica comparativa che permea la lettera d’invito, come si evince, ad es. dall’esame del punto 2 par. 2.1. e 2.2. […] e ne fa il proprio dettato metodologico, sia per l’individuazione della migliore offerta, sia per l’attribuzione dei punteggi in misura proporzionale. Pertanto la Commissione decide di esaminare tutte le proposte pervenute riservandosi di assegnare i punteggi a disposizione di questa fase solo alla conclusione dell’esame di tutte le offerte”;
– “le offerte siano apprezzate anche in specifico riferimento a quanto si avvicineranno in termini di articolazione e completezza, oltre che accuratezza e vantaggiosità, al sistema degli elementi costituiti degli allegati alla lettera di invito”. Vale a dire, per la valutazione dei punti 2.1. e 2.1., ha adottato una logica di comparazione delle offerte, tra loro e rispetto al Documento programmatico, e di attribuzione del punteggio in misura proporzionale, decidendo inoltre:
– “di supportare il proprio processo analitico adottando il modello allegato al presente verbale per una prima assegnazione provvisoria di punteggio, riservandosi di modificarlo a seguito di considerazioni qualitative afferenti ai criteri generali che la commissione si è data. La sintesi delle considerazioni non potrà, comunque, superare la penalizzazione di punti 5 (cinque)”. Vale a dire, ha predisposto un modello matematico per l’attribuzione del punteggio (composto da tabelle – fogli da A ad H – da riempire con valori numerici, con alcune indicazioni esplicative) riservandosi di modificare, entro un limite prefissato, gli esiti dell’applicazione di tale modello, alla luce di considerazioni qualitative complessive.
La valutazione delle offerte tecniche è avvenuta nelle sedute dal 13 ottobre al 17 novembre 2006.
Va sottolineato che, circa l’offerta K, la Commissione (nella seduta del 13 ottobre 2006): quanto al criterio/punto 2.1., ha rilevato che “la proposta sviluppata nei dettagli risulta fortemente incompleta (IDU e contatori mancanti). Discutibile il programma di esecuzione della proposta … In considerazione della rilevanza della mancanza sopra riportata, la Commissione si riserva di valutare la validità della proposta o di non considerare, per questo punto, l’offerta”; quanto al criterio/punto 2.2., che “sono sempre discutibili i tempi di esecuzione, così come è discutibile la scelta del rifacimento della …omissis… di Collescipoli soprattutto in considerazione di quanto indicato nella lettera d’invito (all. 1 “quattro cabine …omissis…, tutte di recente costruzione”; quanto al criterio/punto 4.3., “avanza perplessità sulle percentuali proposte in quanto ritenute eccessive (100% dei controlli entro il 3^ anno) tenuto conto dell’età dell’impianto di Terni, tenuto conto che la maggioranza dell’utenza è certamente anteriore al 90 e quindi all’entrata in vigore della 46/90 che regolamenta la costruzione e la documentazione di certificazione degli impianti interni”.
In data 17 novembre 2006, la Commissione “Relativamente ai punti 2.1. e 2.2., in considerazione che molte delle proposte esaminate non presentano l’indicazione di realizzazione di IDU e installazione di contatori, dopo ampia discussione (…) decide di accettare tutte le proposte e di procedere, comunque alla valutazione delle offerte sulla base delle soluzioni impiantistiche presentate”.
In data 18 novembre 2006 la commissione ha esaminato le proposte/offerte dei partecipanti in ordine ai punti 2.1. e 2.2. della lettera d’invito.
In particolare, per quanto riguarda la proposta K, relativamente al punto 2.1., ha osservato che “le omissioni e la incompletezza del progetto e la inattuabilità dei tempi indicati, siano nettamente prevalenti rispetto a quanto proposto relativamente all’innovazione tecnologica ed alla riduzione dell’inquinamento. Questi interventi, seppur apprezzabili, sono da ritenere non particolarmente rilevanti ai fini della funzionalità del servizio e di peso economico marginale. Per questi motivi, la Commissione ritiene la proposta fortemente incompleta ed inadeguata alle finalità del bando”. Relativamente al punto 2.2., ha evidenziato: per gli interventi di manutenzione straordinaria e sostituzione, una valorizzazione “nettamente superiore ai valori medi delle altre proposte”; per gli interventi di manutenzione straordinaria, con riferimento alla concentrazione degli interventi nell’arco di sei mesi, che “non appare comprensibile una decisione di questo tipo in contrasto con altre proposte che adottano tempi più dilatati”; un numero di misuratori oggetto di sostituzione “non idoneo a lasciare un parco contatori di età massima a 25 anni alla fine del contratto di servizio”; che il rifacimento della cabina …omissis… di Collescipoli “pare alla Commissione non necessario ai fini della gestione dell’impianto”.
La Commissione, in esito a detta valutazione, “concorda nell’attribuire i punteggi determinatosi (sic) dall’applicazione del modello di cui al verbale del 3.10.2006 (ore pomeridiane) riconfermando le differenze generate dall’applicazione del modello e convenendone sulla loro validità non applica alcuna penalizzazione come consentito dal verbale sopra citato”.
Ed ha attribuito i seguenti punteggi alle proposte/offerte tecniche:
– H: 41,71 punti (di cui 18 punti per l’elemento/punto 2.1. e 10 per l’elemento/punto 2.2. – punteggi massimi previsti);
– K: 33,18 punti (di cui 5,70 punti per l’elemento/punto 2.1. e 6,97 per l’elemento/punto 2.2.).
In data 1 dicembre 2006, la Commissione ha proceduto all’apertura delle buste con le offerte economiche (concernenti “il canone annuo da riconoscere al proprietario delle reti e degli impianti per l’affidamento del servizio quale percentuale fissa ed invariabile del vincolo dei ricavi di distribuzione (VRD)”). K ha offerto un canone pari al 71% dei VRD, ottenendo 50 punti – punteggio massimo previsto; H un canone pari al 66,13%, ottenendo 47,08 punti.
Il servizio è stato provvisoriamente aggiudicato ad H (prima classificata con 88,79 punti complessivi, a fronte degli 83,19 di K, seconda classificata), in attesa della verifica dell’anomalia dell’offerta, in applicazione degli articoli 25 del d.lgs. 158/1995 e 57 della Direttiva 2004/17/CE.
H ha fornito in data 18 dicembre 2006 le giustificazioni (richieste in data 14 dicembre 2006).
In data 19 dicembre 2006, la Commissione ha ritenuto la documentazione rispondente “alla richiesta di precisazioni avanzata dall’Amministrazione poiché le valutazioni effettuate dalla società provvisoriamente aggiudicataria, si basano su uno studio approfondito e specifico che la Società ha condotto direttamente con la società ausiliaria Y, leader nel settore nazionale della distribuzione di gas naturale” e, valutate le giustificazioni, ha concluso nel senso che “il Piano rappresentato è coerente con tutti gli aspetti dell’offerta tecnica, di cui riprende le proposte di investimento e la qualità della gestione, e dell’offerta economica”.
Con determinazione n. 51 in data 27 dicembre 2006, è stata disposta l’aggiudicazione definitiva in favore di H.
2. La K ha impugnato innanzi al T.a.r. Umbria detto provvedimento, unitamente agli atti della Commissione giudicatrice presupposti, chiedendone l’annullamento e chiedendo altresì la condanna al risarcimento, anche in forma specifica, dei danni conseguentemente subiti.
La K, come si vedrà con maggiore dettaglio nel prosieguo, ha formulato articolate censure che possono essere raggruppate in tre categorie principali. In particolare, la ricorrente ha contestato: a) la legittimità della partecipazione alla gara di H in vista dei suoi rapporti con il Comune di Terni; b) la violazione della normativa in materia di avvalimento; c) la legittimità dell’operato della commissione aggiudicatrice in sede di valutazione delle offerte tecniche dei concorrenti e di valutazione dell’anomalia dell’offerta.
Con la sentenza impugnata il T.a.r. Umbria ha respinto il ricorso, compensando le spese di giudizio.
La K ha appellato tale sentenza innanzi al Consiglio di Stato chiedendone in via cautelare la sospensione.
A sostegno dell’appello, la K ripropone le censure già formulate in primo grado.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Terni e Umbria Gas Distribuzione chiedendo il rigetto del ricorso.
L’istanza di sospensione è stata respinta da questa Sezione con ordinanza n. 3464 del 3 luglio 2007.
In vista dell’udienza fissata per il merito, tutte le parti hanno presentato memorie a sostegno delle rispettive posizioni.
All’udienza pubblica del 15 aprile 2008, la causa è stata trattenuta per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L’atto di appello ripropone la articolate censure già formulate da K innanzi al Giudice di primo grado.
2. Un primo ordine di censure concerne l’illegittimità della partecipazione alla gara di H, alla luce dei rapporti con il Comune di Terni, sotto vari profili appresso indicati, riferiti a vizi di: violazione e falsa applicazione degli articoli 14, commi 1, 3 e 5, del d.lgs. 164/2000 e 113 del d.lgs. 267/2000; eccesso di potere per conflitto di interessi tra stazione appaltante e società aggiudicataria; violazione del principio di libera concorrenza e dei principi relativi agli appalti di rilievo comunitario circa la terzietà della stazione appaltante e la par condicio tra i concorrenti; violazione del principio di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.); perplessità; sviamento.
Premesso che H è partecipata per il 45 % da Y, per il 40 % da A. S.p.a. (d’ora in poi: A.) – società interamente posseduta dal Comune di Terni – e per il restante 15 % da ACEA S.p.a.; che ha sede negli stessi locali della A.; che vi è intreccio tra le cariche sociali (identico è il presidente del consiglio di amministrazione, uno dei consiglieri di H è anche direttore generale di A., identici sono i sindaci); e che, a suo dire, le norme statutarie consentono al socio di minoranza di determinare la scelta degli amministratori, la società ricorrente deduce le seguenti censure:
– la partecipazione di una società mista alla gara bandita dalla stessa amministrazione aggiudicatrice che ne è socia sarebbe stata astrattamente ammissibile per l’affidamento di un appalto, ma non lo è per l’affidamento di una concessione di pubblico servizio, ipotesi nella quale (come evidenziato nella comunicazione interpretativa della Commissione europea del 29 aprile 2000 – 2000/C 121/02) il rischio imprenditoriale deve ricadere interamente sul concessionario, senza che l’amministrazione concedente vi partecipi attraverso l’assunzione di oneri economici e gestionali.
– la legittimità della partecipazione alla gara presuppone comunque che sia esclusa ogni forma di “collegamento”, anche solo sostanziale, tra la società mista e l’amministrazione concedente. Invece, i descritti rapporti tra H ed il Comune di Terni sono tali da non garantire la terzietà del concessionario e la promozione di situazioni pro-competitive favorevoli all’utenza. In particolare, detti rapporti fanno presumere il mancato rispetto del principio di par condicio tra i concorrenti, e potrebbero far sì che H goda di sovvenzioni pubbliche, in violazione dei principi di tutela della concorrenza.
– la società mista avrebbe dovuto essere costituita ed operativa ben prima della pubblicazione del bando di gara, mentre H è stata costituita in data 26 giugno 2006 ed iscritta alla C.C.I.A.A. in data 3 luglio 2006, vale a dire un giorno prima della scadenza dell’originario termine di presentazione delle domande di partecipazione alla gara.
– il Comune, per scegliere il socio privato (di A.) in H, avrebbe dovuto ricorrere ad una procedura ad evidenza pubblica, preventivamente portata a conoscenza di tutti i terzi interessati. Tali circostanze concernenti la costituzione di H, unitamente allo spostamento del termine di presentazione delle offerte ed alla “precisazione” circa l’utilizzabilità dell’avvalimento, costituiscono sintomo di sviamento, e celano la volontà di procedere ad un affidamento diretto del servizio, in violazione dell’articolo 113 del T.U.E.L.
– in ogni caso, H non avrebbe potuto partecipare alla gara, in quanto il socio pubblico (A.) è affidatario diretto di altri servizi pubblici locali (energia elettrica ed acqua) nello stesso territorio comunale, e si realizza così un “monopolio pubblico” dei servizi offerti dal Comune che confligge con i principi di apertura dei mercati dei servizi pubblici alla concorrenza, fatti propri dalle Direttive appalti (2004/17/CE e 2004/18/CE) e dalle Direttive di settore (2003/55/CE, non ancora attuata, e 98/30/CE, attuata con il d.lgs. 164/2000).
– la coincidenza tra controllore e controllato pregiudica l’effettivo esercizio da parte del Comune di Terni dei poteri di indirizzo, vigilanza, programmazione, controllo (fino al potere di recesso dal contratto di servizio per inadempimento) dell’attività di distribuzione del gas svolta dal concessionario.
Per l’ipotesi che non si ritengano fondati i profili di illegittimità suindicati, la ricorrente chiede che venga rimessa alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’articolo 234 del Trattato, la questione della compatibilità con il diritto comunitario dell’affidamento della concessione di distribuzione del gas a società mista rispetto alla quale il concedente sia in grado di esercitare un’influenza notevole, nei termini sopra descritti.
2.1. Il motivo non è fondato.
La Sezione deve in primo luogo rilevare che la circostanza che H sia partecipata (per il 40%) dalla società A. s.p.a. (a sua volta partecipata integralmente dal Comune di Terni), non determina, di per sé, alcuna violazione né di norme né di principi giuridici di matrice nazionale o comunitaria.
Ed invero, come la giurisprudenza sia nazionale che comunitaria (puntualmente richiamata negli scritti difensivi delle parti resistenti) ha avuto in più occasioni modo di affermare, la compartecipazione societaria dell’amministrazione aggiudicatrice alla società concorrente non determina alcuna automatica violazione dei principi concorrenziali e di parità di trattamento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2004, n. 6325; Cons. Giust. Amm., 24 dicembre 2002, n. 692).
Una simile limitazione a carico delle società miste a partecipazione pubblica si porrebbe, anzi, in contrasto con i principi dell’ordinamento comunitario, il quale esige che le imprese pubbliche abbiano possibilità di agire in regime di parità di trattamento con la imprese private.
Ciò si desume, innanzitutto, dall’art. 295 del Trattato CE, che lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri, e dall’art. 86 del medesimo Trattato CE che, vietando il mantenimento nei confronti delle imprese pubbliche di misure contrarie alle norme del Trattato, salvo quanto strettamente necessario all’adempimento delle specifiche missioni di interesse generale di cui esse siano eventualmente incaricate, presuppone, per ogni altro aspetto, una piena parificazione tra imprese pubbliche e private.
Coerentemente con tali norme, l’art. 1, part. 7 della Direttiva 2004/17/CE qualifica “imprenditore”, “fornitore” e “prestatore di servizi”, accanto a qualsiasi persona fisica o giuridica ed ai raggruppamenti di tali persone, l’ente pubblico, il quale, al pari delle prime, offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotte e servizi.
Anche la Corte di Giustizia CE ha precisato che il principio di parità di trattamento non è violato per il solo fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ammette a partecipare ad una procedura di aggiudicazione organismi che ricevono, da essa stessa o da altre amministrazioni aggiudicatici, sovvenzioni, indipendentemente dalla loro natura (Corte Giust. CE, 7 dicembre 2000, in C 44/99) o che sono da essa partecipati (Corte Giust. CE, 11 gennaio 2005, C-26/03).
Tale indirizzo merita certamente di essere condiviso: le garanzie offerte dalla procedura dell’evidenza pubblica valgono, infatti, ad escludere che la partecipazione all’interno della società da parte dell’ente pubblico che bandisce la gara possa rappresentare, di per sé, un fattore distorsivo della concorrenza e, quindi, offrire alla società partecipata un illegittimo vantaggio a scapito delle altre imprese.
In definitiva, in assenza di prove in ordine a specifiche violazione delle regole di evidenza pubblica, deve escludersi che la mera partecipazione dell’ente pubblico ad una società concorrente rappresenti un elemento tale da pregiudicare la regolarità della gara.
2.2. Né alcuna preclusione può ricavarsi dall’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 164/2000, ai sensi del quale, alle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale “sono ammesse, senza limitazioni territoriali, società per azioni o a responsabilità limitata, anche a partecipazione pubblica, e società cooperative a responsabilità limitata, sulla base di requisiti oggettivi, proporzionati e non discriminatori, con la sola esclusione delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia o in altri Paesi dell’Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Alle gare sono ammessi inoltre i gruppi europei di interesse economico”.
Tale norma nel caso di specie non può trovare applicazione in quanto, a prescindere dalla questione se A. s.p.a. possa essere considerata affidataria diretto di un servizio pubblico locale, il Collegio deve escludere in radice che H sia controllata da A. s.p.a.
In ordine al primo profilo deve evidenziarsi che il concetto di controllo cui occorre far riferimento per l’applicazione della causa di esclusione dalle gare di cui all’art. 14, comma 5, d.lg. n. 164/2000 è esplicitato nell’art. 2, comma 1, lett. s) dello stesso d.lgs. n. 164/2000, laddove si prevede che “impresa controllata” è “un’impresa controllata ai sensi dell’articolo 2359, commi 1^ e 2^, del codice civile”.
Ebbene, nel caso si specie non sussiste nessuna delle tre ipotesi di controllo (controllo interno di diritto; controllo interno di fatto; controllo esterno di fatto) contemplate dall’art. 2359 c.c.
2.2.1. Il controllo interno di diritto ai sensi dell’art. 2359,comma 1, n. 1, deve essere escluso in quanto A. detiene solo il 40% del capitale sociale di H, a fronte di una partecipazione del 45% di Y e del 15% di Acea. A. quindi non dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.
2.2.2. Ugualmente, non può ritenersi sussistente controllo interno di fatto: a fronte della partecipazione di Y che detiene il 45% del capitale di H (è il socio di maggioranza relativa), deve escludersi che A. (con la sua partecipazione di minoranza al 40%) possa determinare le scelte della società, prevalendo sulle decisioni degli altri due soci.
Né in senso contrario può argomentarsi dalla previsione statutaria che richiede una maggioranza qualificata (86%) per le deliberazioni dell’assemblea dei soci. Tale quorum deliberativo, pur attribuendo a ciascun socio un potere di veto, conferma che A. (con la sua partecipazione del 40%) non è in grado di determinare da sola, senza il consenso degli altri soci, le scelte dell’assemblea ordinaria della società.
Ugualmente deve ritenersi irrilevante l’eventuale sussistenza (peraltro non dimostrata dall’odierno appellante) di patti parasociali tra A. ed altri soci ai fini del controllo della società: il Collegio condivide la tesi (maggioritaria nella dottrina e nella giurisprudenza civilistica) secondo cui la nozione di controllo civilistico (cui rinvia il d.lgs. n. 164/2000), richiede l’unicità del soggetto controllante, non bastando il c.d. controllo congiunto (ossia la circostanza che più soci, nessuno dei quali disponga della maggioranza dei voti la conseguano in concreto, in forza di previsioni, statutarie o parasociali concernenti il loro diritto di voto).
2.2.3. Deve, infine, escludersi, un controllo esterno di fatto ex art. 2359, primo comma n. 3, non risultando alcun particolare vincolo contrattuale tra A. e H che permetta alla prima di esercitare una influenza dominante sulla seconda.
2.3. Non vi era, quindi, alcuna preclusione impediva della partecipazione alla gara di H.
2.4. Appare, pertanto, manifestamente infondata la richiesta di rinvio pregiudiziale proposta, anche in appello, dalla ricorrente ai sensi dell’art. 234 Trattato CE. Si deve, al riguardo, richiamare la c.d. “teoria dell’atto chiaro” (elaborata dalla Corte di Giustizia sin dalla sentenza CILFIT (sentenza 6 ottobre 1982, in C-283/1981) per la quale un giudice nazionale non deve operare il rinvio qualora il contenuto della norma comunitaria che si intende applicare si ponga agli occhi dell’interprete con una tale evidenza da non lasciar spazio ad alcun ragionevole dubbio. Questo Giudice ritiene, infatti, che tale evidenza si imporrebbe anche agli Giudici degli altri Stati membri e alla stessa Corte di Giustizia.
2.5. Non possono essere accolte neanche le censure con cui si contesta che il socio privato di H non è stato scelto mediante gara: esse, come correttamente rilevate dal T.a.r., vanno dichiarate inammissibili in quanto la società ricorrente, pur lamentando che non le sia stata a suo tempo offerta la possibilità di concorrere alla partecipazione alla società mista, non ha impugnato i provvedimenti sottostanti alla costituzione della società mista.
2.6. Ugualmente prive di fondamento sono le censure con cui si lamenta un abuso della personalità giuridica che il Comune avrebbe perpetrato nell’aggiudicare la gara ad H: i fatti indicati dalla società ricorrente a dimostrazione di detto abuso non hanno alcun valore sintomatico, ma, al contrario, trovano piena giustificazione nel fisiologico svolgimento della gara (come correttamente evidenziato dal primo Giudice, i modi ed i tempi della costituzione ad hoc di H rientrano nella prassi degli accordi tra operatori economici; le proroghe dei termini trovano riscontro in richieste dei concorrenti, ovvero in esigenze di chiarimento che non possono considerarsi pretestuose o artificiosamente costruite; la possibilità di ricorrere all’avvalimento, come appresso esposto, era imposta dal diritto comunitario).
3. Un secondo ordine di censure fa leva sull’illegittimità dell’utilizzazione dell’istituto dell’avvalimento nella gara in questione.
Ciò, poiché la previsione della possibilità per i concorrenti di utilizzare l’avvalimento, non essendo stata pubblicata dal Comune di Terni con le stesse forme di pubblicità utilizzate per il bando (pubblicazione sulla G.U.R.I. e sulla G.U.C.E., oltre che su due quotidiani nazionali) comporterebbe una modifica irrituale della lex specialis in violazione della par condicio; e poiché, in ogni caso, alla gara in esame non sarebbero applicabili, né le disposizioni del Codice dei contratti pubblici, ratione temporis (essendo il procedimento di gara già iniziato alla data – 1° luglio 2006 – di entrata in vigore del d.lgs. 163/2006), né quelle della Direttiva 2004/17/CE, trattandosi di norme non self-executing, o comunque che comportano, allorché sia scaduto il termine di recepimento, un’efficacia diretta solamente “verticale”, cioè che riguarda l’ente aggiudicatore e non anche gli operatori economici.
3.1. Le censure non sono fondate.
Come questa Sezione ha recentemente precisato, (Cons. Stato, sez. VI, 22 aprile 2008, n. 1856) occorre ribadire che:
– anche in mancanza di specifica prescrizione del bando di gara, si può sempre ricorrere, ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione, all’avvalimento parziale verticale;
– quanto disposto dall’art. 49, comma 7, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (secondo cui “Il bando di gara può prevedere che, in relazione alla natura o all’importo dell’appalto, le imprese partecipanti possano avvalersi solo dei requisiti economici o dei requisiti tecnici, ovvero che l’avvalimento possa integrare un preesistente requisito tecnico o economico già posseduto dall’impresa avvalente in misura o percentuale indicata nel bando stesso”) costituisce eccezione al sistema; il quale consente – in ogni caso e a prescindere da specifica previsione del bando – al concorrente, singolo o consorziato o raggruppato, in relazione a una specifica gara di lavori, servizi e forniture, di soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti (di carattere economico, finanziario, tecnico e organizzativo) ovvero di attestazione della certificazione SOA, avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA altrui (art. 49, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006); e ammette che il bando di gara possa prevedere, con riguardo ad appalti di particolare natura o importo, che il ricorso all’avvalimento sia limitato solo ai requisiti economici o a quelli tecnici, oppure all’integrazione di un preesistente requisito tecnico o economico già in possesso dell’impresa avvalente in misura o percentuale indicata dal bando;
– gli artt. 47, par. 2, e 48, par. 3, della direttiva 2004/18/CE, nonché l’art. 54, par. 5 e 6, della direttiva 2004/17/CE riconoscono agli operatori economici il diritto di avvalersi della capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami e senza alcuna limitazione, “la sola condizione essendo quella di permettere all’amministrazione aggiudicatrice di verificare che il candidato/offerente disporrà delle capacità richieste per l’esecuzione dell’appalto” [nota della Commissione delle Comunità europee n. 2007/2309/C(2208)0108 in data 30 gennaio 2008, inviata al Ministro degli affari esteri, con cui si è iniziata la procedura di infrazione ai sensi dell’art. 226 del Trattato, nella quale si rileva, tra l’altro, che le limitazioni al diritto di avvalersi della capacità di altri soggetti, previste dall’art. 49, commi 6 e 7, del d.lgs. n. 163/2006, “sono in contrasto con le citate disposizioni delle direttive appalti pubblici”];
Alla luce di tali principi, avendo l’istituto dell’avvalimento portata generale nel diritto comunitario, un comunicato emesso dalla stazione appaltante che ribadisca tale concetto non può che rappresentare un mero chiarimento che non integra affatto la lex specialis di gara.
3.2. L’appellante ha poi contestato che in relazione alla partecipazione alla gara di H la Commissione abbia applicato in maniera legittima le norme che disciplinano l’avvalimento.
Anche tale motivo non può essere accolto. Come correttamente evidenziato dalle resistenti, H ha dato certamente prova della disponibilità dei mezzi dell’impresa ausiliata: dalle produzioni documentali di H emerge sia il vincolo di collegamento societario tra l’ausiliaria e l’ausiliata sia l’impegno incondizionato della prima a mettere a disposizione della seconda tutto quanto necessario per l’esecuzione degli impegni assunti nei confronti del Comune di Terni.
3.3. Vanno respinte anche le doglianze con cui si contesta la violazione della normativa in materia di subappalto. Esse, invero, fanno riferimento ad un inesistente rapporto di subappalto tra H e Y per lo svolgimento della concessione. Al contrario, H ha inteso “avvalersi” dei requisiti di Y, non instaurare con la stessa un rapporto di subappalto.
4. Con i restanti motivi l’odierna appellante ripropone le censure relative all’operato della Commissione tecnica nella valutazione delle offerte denunciando di essere stata ingiustamente penalizzata dalla Commissione in relazione ai criteri discrezionali di valutazione.
4.1. Anche tali censure non possono essere accolte alla luce delle considerazioni che seguono:
a) la Commissione non aveva previsto una limitazione assoluta alle differenze tra i punteggi, bensì il solo potere di modificare i risultati del modello matematico che essa aveva preventivamente deciso di applicare. Tale potere, come evidenziato dal primo Giudice, non è stato esercitato, avendo la Commissione ritenuto che i punteggi derivanti dall’applicazione del modello fossero corretti ed idonei a dar conto della qualità delle offerte comparate;
b) l’offerta di K si è concentrata su elementi (quali ad esempio cabine …omissis… e pannelli fotovoltaici) che, alla luce del Documento di sviluppo della rete (inviato dal Comune di Terni a tutti i partecipanti alla gara insieme alla lettera di invito per orientare gli aspetti tecnici delle offerte in funzione delle esigenze del territorio ternano) non assumevano primaria rilevanza;
c) l’offerta di K si è dimostrata carente relativamente a due componenti fondamentali per il sistema di distribuzione del gas di Terni, emergenti dal citato Documento di sviluppo, cioè gli allacci IDU e i contatori;
d) risulta del tutto ragionevole che la Commissione abbia premiato le soluzioni progettuali che presentavano un minor costo unitario della rete espresso in euro/m, essendo un elemento meritevole di considerazione la capacità del gestore di raggiungere analoghi livelli di sviluppo del servizio messo a gara a costi unitari inferiori,
e) il distacco di 15,33 punti tra le offerte tecniche di H e K non risulta quindi il frutto di un vizio del procedimento di valutazione, ma di una sottovalutazione, da parte di K di due tipologie di investimenti (gli allacci e i contatori) che erano stati rappresentati in sede di invito all’offerta quali elementi fondamentali per lo sviluppo della rete di distribuzione nello specifico ambito territoriale del Comune;
f) le altre carenze tecniche denunciate nell’offerta di H sono irrilevanti in quanto non collegate ad omissioni sanzionate a pena di esclusione o tali da provocare distorsioni nell’attribuzione dei punteggi.
5. Parimenti infondate sono le censure con cui K lamenta la valutazione compiuta dalla Commissione tecnica in merito alle giustificazioni fornite da H nel giudizio sull’anomalia dell’offerta. Come riconosciuto dal T.a.r. il giudizio con cui la Commissione ha considerato affidabile e sostenibile la proposta dell’aggiudicatario in sede di valutazione dell’anomalia dell’offerta risulta motivato per relationem alle giustificazioni e ai chiarimenti forniti da H.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello deve essere respinto.
Le spese di lite possono essere interamente compensate fra le parti, ricorrendo giusti motivi, anche in considerazione della complessità delle questioni affrontate.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 15 aprile 2008 con l’intervento dei Sigg.ri:
– Giovanni Ruoppolo – Presidente
– Carmine Volpe – Consigliere
– Paolo Buonvino – Consigliere
– Roberto Chieppa – Consigliere
– Roberto Giovagnoli – Consigliere Est
IL PRESIDENTE
Giovanni Ruoppolo
L’ESTENSORE
Roberto Giovagnoli
IL SEGRETARIO
Giovanni Ceci
Depositata in Segreteria l’11 luglio 2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRETTORE DELLA SEZIONE
Maria Rita Oliva