Il Consiglio di Stato, nella Decisione 22 ottobre 2008 n. 5191, afferma che le opere necessarie per la realizzazione di un impianto di autolavaggio possono essere realizzate solo previo rilascio del permesso di costruire; è vero che la loro costruzione non richiede la realizzazione di fondamenta, ma sono comunque stabilmente infisse, e sono destinate alla soddisfazione di un interesse niente affatto precario.
Tali opere ricadono palesemente nella declaratoria degli interventi di nuova costruzione di cui all’art. 3 co. 1. lett. e.5), D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, che ricomprende anche strutture di impatto decisamente inferiore a quelle di cui ora si discute (roulettes, campers, case mobili, imbarcazioni utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee); lo stesso comma, alla lett. e.7), dichiara intervento di nuova costruzione anche “la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”.
Emiliana Matrone
Consiglio di Stato – Decisione 22 ottobre 2008 , n. 5191
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 3165/2008, proposto dal Comune di Lavagna in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Gerbi e Ludovico Villani ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Asiago n. 8/2;
contro
il sig. F. R., rappresentato e difeso dagli avv.ti Federico Tedeschini e Daniele Granara ed elettivamente domiciliato in Roma, largo Messico n. 7, presso lo studio del primo;
con l’intervento
del condominio di via …omissis… e del condominio di via …omissis… in Lavagna in persona dell’Amministratore, rappresentati e difesi dagli avv.ti Francesco Massa, Fulvia Steardo e Ludovico Villani ed elettivamente domiciliati presso quest’ultimo in Roma, via Asiago n. 8/2;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo per la Liguria, Sezione I, n. 6/2008 in data 2 gennaio 2008, resa inter partes;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata e l’appello incidentale da questa proposto e visto l’atto di intervento di cui sopra;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 15 luglio 2008 il consigliere Manfredo Atzeni ed uditi l’avv. Villani, l’avv. Massa per sé e per delega dell’avv. Gerbi e l’avv. Granara;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso al Tribunale Amministrativo per la Liguria il sig. F. R. impugnava il provvedimento n. 13251 in data 29/5/2007 con il quale il Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Lavagna aveva negato il rilascio di permesso di costruire, nonché l’autorizzazione paesistico ambientale, per la realizzazione di un impianto di autolavaggio nella via …omissis… ed ogni altro atto connesso tra i quali il parere della commissione edilizia comunale in data 21/3/2007.
Lamentava:
1. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 12 D.P.R. 6.6.01 n. 380 in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 10 co. 2 del vigente p.r.g. di Lavagna. Eccesso di potere per difetto del presupposto, per contraddittorietà e illogicità manifeste. Sviamento di potere. Il rilievo della P.A. secondo cui l’attività di autolavaggio è attività industriale e non commerciale di servizi – e quindi in quanto tale non ammessa nella zona – è del tutto destituita di fondamento.
2. Violazione degli artt. 10 e 12 D.P.R. 6.6.01 n. 380 in relazione alla violazione del D.M. 5 settembre 1994 e dell’art. 10, secondo comma, del vigente p.r.g. di Lavagna. Eccesso di potere per difetto del presupposto, per contraddittorietà e illogicità manifeste. Il rilievo del Dirigente, secondo cui in ogni caso l’impianto di autolavaggio non può essere ammesso perché attività insalubri, è anch’esso destituito di fondamento. In realtà tale tipo di impianto rientra tra le attività insalubre di seconda categoria che sono ammesse nella zona interessata previa autorizzazione sanitaria preventiva, del resto già rilasciata dalla ASL chiavarese.
3. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Eccesso di potere per falsità del presupposto, difetto di istruttoria, travisamento. Sviamento. Appare inoltre inveritiero l’assunto secondo cui l’opera in questione intralcerebbe due passi carrabili: il contratto di leasing che riguarda l’impianto dimostra ampiamente la titolarità dell’impianto e che questo non interferisce con i due passaggi e che è dotato di proprie regolari entrate e uscite.
4. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 12 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e degli artt. 146 e 159 D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione alla violazione dell’art. 46 delle n. t.a. del p.t.c.p. approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 6 del 26 febbraio 1990. L’intervento ricadente in zona classificata ID – MOA dal p.t.c.p., valida per gli insediamenti con aspetti di forte eterogeneità e disorganizzazione, era possibile per l’impianto in questione e peraltro in area interessata dal distributore di carburanti fin dal 1965.
5. Violazione degli artt. 3, 10 e 12 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifeste. L’ intervento non può essere classificato come nuova costruzione, poiché la realizzazione dei due tunnel di lavaggio sostituisce un impianto di distribuzione carburante con annessa sala lavaggio autovetture.
6. Violazione degli artt. 10 e 12 d.P.R. 6.6.01 n. 380 in relazione alla violazione dell’art. 3 L. 7.8.90 n. 241. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria e per illogicità manifesta. Il provvedimento non è assistito da sufficiente e concreta motivazione.
7. Violazione degli artt. 10 e 12 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 7.8.90 n. 241. Eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifeste. La P.A. sostiene erroneamente che la domanda dovesse essere accompagnata dalla relazione paesaggistica prevista dal D. Lgs. 42/04. Ciò invece non era dovuto, perché la domanda dell’interessato risale al 1.10.05 ed è quindi anteriore alla previsione di legge in vigore dal 31.07.06.
8. Violazione degli artt. 146 e 159 D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 in relazione alla violazione dell’art. 146, terzo comma, D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e del D.P.C.M. 12.12.05. Eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà intrinseca e illogicità manifeste e per travisamento. Sviamento. Appare assolutamente in contrasto con i fatti il richiamo della motivazione alle esigenze di tutela del contesto paesaggistico: a prescindere dalla preesistenza dell’impianto di distribuzione, l’autolavaggio non è visibile dal mare, in quanto coperto dalla linea ferroviaria e lo è solamente dalla sede stradale della via …omissis… senza interferire con scorci panoramici.
Chiedeva quindi l’annullamento del provvedimento impugnato impugnata unitamente agli atti presupposti tra i quali, segnatamente, il parere della commissione edilizia comunale in data 21/3/2007.
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale Amministrativo per la Liguria, Sezione I, accoglieva il ricorso annullando, per l’effetto, i provvedimenti impugnati.
Avverso la predetta sentenza insorge il Comune di Lavagna in persona del Sindaco in carica, chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado, previa sospensiva.
Con ordinanza n. 2558 in data 13 maggio 2008 è stata accolta l’istanza cautelare.
Si è costituito in giudizio il sig. F. R. chiedendo il rigetto dell’appello; propone inoltre appello incidentale, con il quale contesta l’assorbimento di uno dei motivi di ricorso ed il risarcimento dei danni subiti.
Sono intervenuti in giudizio i condomini di via …omissis… in Lavagna in persona dell’Amministratore, chiedendo l’accoglimento dell’appello.
Alla pubblica udienza del 15 luglio 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La controversia riguarda il diniego del permesso di costruire e dell’autorizzazione paesistica per la realizzazione di un impianto di autolavaggio, opposto dal Comune appellante all’appellato.
I primi giudici hanno accolto l’impugnazione proposta dall’odierno appellato, avendo condiviso sette mezzi di gravame ed assorbito l’ottavo; l’appello proposto dal Comune deve essere accolto, nei termini che seguono.
2. La sentenza di primo grado non può essere condivisa nella parte in cui sostiene che l’intervento in questione non costituisce opera nuova non comportando nuova edificazione o trasformazioni dell’esistente in quanto i tunnel di lavaggio sono essenzialmente strutture mobili.
Osserva la Sezione che i primi giudici descrivono la struttura in questione in termini tali da far ritenere inutile la stessa acquisizione del permesso di costruire, argomentazione nemmeno proposta dall’appellato.
In realtà, le opere di cui si tratta (tre piste di lavaggio per auto, una pista di lavaggio per autocarri, due piste di lavaggio per moto, sette postazioni con colonnine di aspirazione per la pulizia degli interni, tunnel di lavaggio costituiti da struttura metallica ancorata al suolo e sovrastata da pannelli antispruzzo) ricadono palesemente nella declaratoria degli interventi di nuova costruzione di cui all’art. 3, primo comma lett. e.5), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, che ricomprende anche strutture di impatto decisamente inferiore a quelle di cui ora si discute (roulettes, campers, case mobili, imbarcazioni utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee); lo stesso comma, alla lettera e.7), dichiara intervento di nuova costruzione anche “la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”.
Non vi ha dubbio, quindi, sul fatto che le opere di cui si discute possono essere realizzate solo previo rilascio del permesso di costruire; è vero che la loro costruzione non richiede la realizzazione di fondamenta, ma sono comunque stabilmente infisse, e sono destinate alla soddisfazione di un interesse niente affatto precario.
Le opere in questione non possono, poi, essere considerate mera trasformazione dell’esistente.
Nell’area di cui si tratta si trova infatti quanto residua di una vecchia stazione di rifornimento; le opere da installare sono del tutto nuove e differenti rispetto a quelle preesistenti, per cui l’unico elemento di similitudine è dato dall’essere entrambe preordinate a servizi per l’autotrazione, oltre tutto di contenuto diverso.
Giustamente, quindi, il Comune appellante ha considerato l’opera in questione intervento di nuova costruzione, assoggettandola, di conseguenza, al regime di cui all’art. 10 delle norme di attuazione del piano regolatore comunale.
3. La sentenza appellata non può essere condivisa nemmeno nella parte in cui afferma che l’opera da realizzare non ha alcun impatto sul paesaggio in quanto l’area di cui si tratta è utilizzata come stazione di servizio da tempo precedente l’approvazione del piano paesistico vigente ed il progetto prevede l’eliminazione di alcuni dei manufatti preesistenti e la realizzazione di opere precarie.
Al punto 2 che precede sono state esposte le ragioni per le quali il collegio ritiene che l’intervento debba essere qualificato come nuova edificazione.
Costituendo nuova edificazione, oltre tutto di impatto rilevante (si veda l’elenco dei manufatti da porre in opera, esposto al punto 2) l’illogicità del diniego opposto dal Comune doveva essere adeguatamente dimostrata.
Il Tribunale afferma che l’area in questione è priva di interesse paesistico, trattandosi di un vasto spiazzo collocato ai margini di una nota strada statale con notevole flusso autoveicolare, circondato da edifici, adibito da circa quarant’anni a stazione di servizio; rileva inoltre, per i primi giudici, la presenza del prospiciente doppio tracciato ferroviario Genova – La Spezia, presenza che interrompe la visuale dal mare nei confronti dell’entroterra.
Le considerazioni appena riassunte non appaiono decisive.
E’ pacifico in causa che l’area in questione è assoggettata a vincolo nell’ambito di una più vasta area.
Il suo utilizzo rileva quindi non solo in relazione al suo stretto ambito, ma anche per il suo impatto su tutta la zona vincolata.
Il giudizio sulla compatibilità del progetto di utilizzo deve, quindi, essere impostato su queste basi.
Il provvedimento impugnato giudica negativamente il progetto sotto l’aspetto appena elencato, dichiarando “immediatamente percepibile” l’opera, così collocata; valuta, inoltre, inaccettabile l’impatto sia delle strutture sia delle condizioni operative e di esercizio dal punto di vista della percezione per l’ambito oggetto di tutela paesistica.
La sentenza di primo grado giudica tali considerazioni irrilevanti sulla base del fatto che l’area è inserita in zona edificata, ma tale affermazione non può essere condivisa in quanto è ben diverso l’impatto sul paesaggio di edifici di civile abitazione e di un impianto semi industriale, oltre tutto collettore di ulteriore traffico automobilistico.
L’illogicità del provvedimento impugnato, sotto il profilo in discussione, non è stata quindi dimostrata.
4. L’infondatezza del ricorso di primo grado, sotto i due profili sopra esaminati, comporta il suo rigetto, in quanto i medesimi sono sufficienti a sorreggere la determinazione di rigetto dell’istanza dell’odierno appellato.
Non occorre, quindi, procedere all’esame degli ulteriori mezzi.
Per lo stesso motivo, non occorre procedere all’esame del mezzo assorbito in primo grado e riproposto dall’appellato, atteso che la sua eventuale fondatezza non consentirebbe di accogliere il ricorso.
L’appello principale deve, in conclusione, essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, respinto il ricorso di primo grado.
La domanda risarcitoria, proposta con l’appellante incidentale, deve essere respinta non essendo stata dimostrata l’illegittimità del provvedimento che avrebbe provocato il danno lamentato.
In considerazione della diversità di giudicati le spese possono essere integralmente compensate.
P. Q. M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello indicato in epigrafe e, in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso di primo grado; respinge l’appello incidentale.
Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2008