La Corte di Cassazione, nella Sentenza 26 novembre 2008 n. 28170, enuncia il seguente principio di diritto: “trattandosi di preclusioni volte a garantire l’autonomo ed indipendente svolgimento del mandato professionale, le incompatibilità di cui all’art. 3 del r.d.l. n. 1578/1933 non si applicano ai praticanti non ammessi al patrocinio, che possono di conseguenza essere iscritti nell’apposito Registro Speciale anche se legati da un rapporto di lavoro con soggetti pubblici o privati”.
Nel caso concreto Tizio presentava al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bergamo domanda d’iscrizione nel Registro Speciale dei praticanti avvocati.
Considerato che il richiedente prestava servizio come carabiniere, il Consiglio dell’Ordine lo aveva dapprima iscritto con riserva di verifica dell’eventuale esistenza di una causa d’incompatibilità e poi, decorso il primo semestre di pratica, lo aveva cancellato in applicazione dell’art. 3 del r.d.l. n. 1578/1933.
Dovendo contribuire a dare concreta attuazione al diritto di difesa, l’avvocato ha bisogno di poter espletare il proprio mandato in piena indipendenza di giudizio e d’iniziativa e, cioè, al riparo da condizionamenti giuridici o di fatto che potrebbero influenzarlo in senso difforme dall’interesse del cliente.
A tal fine, l’art. 3 del r.d.l. n. 1578/1933 stabilisce che l’esercizio della professione di avvocato è “incompatibile con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle Province, dei Comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficenza, della Banca d’Italia, del gran magistero degli ordini cavallereschi, del Senato, della Camera dei deputati ed in generale di qualsiasi altra Amministrazione od istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle provincie e dei Comuni.È infine incompatibile con ogni altro impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario”.
E’ di tutta evidenza che si tratta di norma collegata all’esercizio concreto della professione.
Pertanto, può senz’altro concludersi nel senso che i praticanti che non svolgono attività difensiva possono svolgere la pratica pure nella ipotesi in cui si fossero trovati in una delle condizioni previste dall’art. 3 del r.d.l. n. 1578/1933.
Emiliana Matrone