La Corte di Casszione, con la sentenza 26 marzo 2009, n. 7419, ha ribadito che è nulla la sanzione amministrativa per violazione dei limiti di velocità, se lungo la strada non c’è il cartello che avverte della presenza dell’autovelox.
Infatti, l’art. 4 d.l. 121/2002 conv. in l. n. 168/2002 dispone che “Sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali di cui all’articolo 2, comma 2, lettere A e B, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, gli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1, del medesimo decreto legislativo, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli articoli 142 e148 dello stesso decreto legislativo, e successive modificazioni”. L’obbligo di informazione ivi previsto ad avviso di questa Corte non può avere efficacia soltanto nell’ambito dei rapporti organizzativi interni alla P.A. (cfr. in tal senso Cass. 12833/2007), ma è finalizzato a portare gli automobilisti a conoscenza della presenza dei dispositivi di controllo, onde orientarne la condotta di guida e preavvertirli del possibile accertamento di violazioni con metodiche elettroniche. Si tratta dunque di norma di garanzia per l’automobilista, la cui violazione non è priva di effetto, ma cagiona la nullità della sanzione.
Emiliana Matrone
Corte di cassazione
Sezione II civile
Sentenza 26 marzo 2009, n. 7419
FATTO E DIRITTO
Il giudice di pace di Solopaca con sentenza del 31 maggio 2005 accoglieva il ricorso proposto da A.M. avverso la Prefettura di Benevento, per l’annullamento del verbale di contestazione con cui la Polstrada di Benevento aveva rilevato l’infrazione all’art. 142, comma 8, del codice della strada. Rilevava che lungo la strada percorsa dall’automobilista non erano stati collocati appositi pannelli volti ad informare gli utenti che gli accertatori delle violazioni erano esonerati, per motivi di sicurezza, dall’obbligo della contestazione immediata.
Il Ministero dell’interno ha proposto ricorso per cassazione, notificato tempestivamente perché consegnato all’ufficiale giudiziario nell’ultimo giorno utile (lunedì 17 luglio 2006), come da timbro e sigla dell’Ufficio unico della Corte d’appello di Roma, apposti a margine della prima pagina del ricorso. M. ha resistito con controricorso.
Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso perché manifestamente infondato.
Preliminarmente va rilevato che l’impugnazione proposta dall’Avvocatura Generale dello Stato ha sanato il difetto di legittimazione passiva della Prefettura – Ufficio territoriale del governo, evocata in giudizio in primo grado, che è competente sulle opposizioni ad ordinanze ingiunzioni emesse dal Prefetto e non sull’opposizione a verbale di contestazione di sanzioni amministrative. È vero infatti che in caso di opposizione proposta avverso il verbale di accertamento di violazione al codice della strada redatto da appartenenti alla polizia stradale, la legittimazione passiva nel relativo giudizio appartiene al Ministero dell’interno, essendo a questa amministrazione centrale attribuite specifiche competenze in materia di circolazione stradale, nonché il compito di coordinare i servizi di polizia stradale, anche se espletati da organi appartenenti ad altre amministrazioni centrali (Cass. 17677/2006; 4195/2006), tuttavia la carente legittimazione processuale della Prefettura che sia stata erroneamente evocata in giudizio è sanata dall’impugnazione svolta per l’Amministrazione dall’Avvocatura dello Stato, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. per riferimenti Cass. 3144/2006), che si è espressa in tal senso anche con intervento delle Sezioni Unite (Cass. 3117/2006; 21624/2006). Ed infatti l’erronea individuazione dell’organo legittimato non comporta la mancata costituzione del rapporto processuale, ma una mera irregolarità, sanabile, ai sensi dell’art. 4 della l. 25 marzo 1958, n. 260, attraverso la costituzione in giudizio dell’Amministrazione, che non abbia sollevato al riguardo eccezioni o uno specifico motivo d’impugnazione (cfr. Cass. 9527/2006).
Va in secondo luogo esaminata e respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal resistente, secondo il quale nei giudizi attinenti controversie “di valore inferiore ad euro 1092,91” le sentenze del giudice di pace, in quanto rese secondo equità, non sono censurabili per violazione di legge. Vale in proposito ricordare che in tema di sanzioni amministrative, l’art. 23, comma undicesimo, della l. 24 novembre 1981, n. 689, nella formulazione introdotta dall’art. 99 del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, dispone che, nel giudizio davanti al giudice di pace, non si applica l’art. 113, secondo comma, del codice di procedura c.p.c., e, quindi, preclude la pronuncia secondo equità. Conseguentemente, anche le sentenze emesse dal giudice di pace in cause di opposizione a sanzione amministrativa di valore inferiore a Lire 2.000.000 (oggi Euro 1100,00) sono ricorribili per cassazione per violazione di norme sostanziali e per vizi di motivazione (Cass. 23978/2007; 427/2006; 5297/2005).
Il Ministero dell’interno lamenta la violazione dell’art. 201-bis c.d.s. e dell’art. 4 d.l. 121/2002 conv. in l. n. 168/2002, assumendo che quest’ultima norma, nel prescrivere la segnalazione agli utenti della strada dei dispositivi di rilevamento della velocità, pone una disposizione “di carattere meramente organizzativo e precauzionale, che non interferisce “con la legittimità del procedimento sanzionatorio”.
La tesi è inconferente ed infondata. L’art. 4 citato dispone che “Sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali di cui all’articolo 2, comma 2, lettere A e B, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, gli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1, del medesimo decreto legislativo, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli articoli 142 e148 dello stesso decreto legislativo, e successive modificazioni”. L’obbligo di informazione ivi previsto ad avviso di questa Corte non può avere efficacia soltanto nell’ambito dei rapporti organizzativi interni alla P.A. (cfr. in tal senso Cass. 12833/2007), ma è finalizzato a portare gli automobilisti a conoscenza della presenza dei dispositivi di controllo, onde orientarne la condotta di guida e preavvertirli del possibile accertamento di violazioni con metodiche elettroniche. Si tratta dunque di norma di garanzia per l’automobilista, la cui violazione non è priva di effetto, ma cagiona la nullità della sanzione. L’argomento svolto in ricorso è quindi privo di pregio.
Esso in ogni caso non era idoneo a scalfire la ratio della decisione, che era stata individuata dal giudice di pace, interpretando la stessa norma, nell’obbligo di segnalazione con pannelli segnaletici del fatto che si trattava di strada “sulla quale, in caso di infrazione del c.d.s., non è previsto il fermo del veicolo”. Pur trattandosi di affermazione erronea, che contrasta con la lettera della legge, tanto con riguardo all’oggetto dell’avvertimento dovuto, quanto con riguardo alle infrazioni peculiarmente rilevabili, non v’ è sul punto censura congruamente esposta da parte ricorrente, ditalché la pronuncia di merito deve essere confermata.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso, disponendo tuttavia la compensazione delle spese di lite, attesa la speculare erroneità del principio giuridico affermato nella sentenza impugnata e di quello sostenuto in ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.