… quali muri in calcestruzzo, ringhiere metalliche, recinzioni, paletti e reti?
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, nella Sentenza 23 settembre 2009 n. 9240, ha ritenuto che le opere contestate (quali la realizzazione di muri in calcestruzzo, ringhiere metalliche, recinzioni, paletti e reti, nel caso di specie, peraltro, poste a protezione di un campo di calcetto e di due campi da tennis):
– non siano riconducibili nell’ambito di quelle soggette a permesso di costruire di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 380/01, atteso che – per natura, consistenza ed impatto estetico – non si prestano ad essere qualificate “nuove costruzioni”. Si tratta essenzialmente di “recinzioni” che, per quanto riguarda i campi di calcetto e da tennis, sono indiscutibilmente dirette a consentire il corretto svolgimento delle relative pratiche sportive (ossia ad evitare un continuo sconfinamento della palla), mentre, nei rimanenti casi, rivestono un’indiscussa funzione di protezione dell’area. In altri termini, concretizzano interventi che – oltre ad essere privi di impatto volumetrico – rivestono un ruolo definibile “accessorio” e, comunque, non incidono sulle strutture principali;
– siano inidonee a costituire un’interruzione della zona destinata a verde privato “VP1”. In verità: – l’idoneità addotta dall’Amministrazione non risulta affatto comprovata e ciò nonostante la specifica richiesta di chiarimenti di cui alla sentenza interlocutoria n. 1462 del 2009; – la stessa idoneità non è implicitamente desumibile dalla natura delle opere. Considerando le recinzioni dei campi sportivi, appare evidente che opere di tal genere rivestono una funzione del tutto estranea ad intenti di frazionamento dell’area su cui ricadono. Come esplicitato anche nell’ambito del provvedimento impugnato, il posizionamento di tali recinzioni è da ritenere diretto, infatti, esclusivamente a costituire una “protezione” dei campi in questione. A fronte di tale constatazione, non emergono ragioni per attribuire a tali recinzioni una differente funzione. Anche in relazione alle ulteriori recinzioni contestate, chiara è la carenza di elementi in base ai quali riscontrare un contrasto con le prescrizioni della convenzione. In particolare, tali recinzioni si profilano inidonee a frazionare o recintare il verde privato in quanto: – la recinzione realizzata verso via …omissis… è posta a confine fra la zona destinata a verde privato “VP1,” “ed il parcheggio adiacente alla via di …omissis…, che si trova all’esterno del comprensorio medesimo”, e, dunque, va intesa come un intervento volto esclusivamente a delimitare l’area, del tutto privo – in quanto tale – di incidenza sull’uso consortile; – le recinzioni su via …omissis…, poste in corrispondenza dei due cavalcavia esistenti, sono dotate di appositi cancelletti e, dunque, non limitano il transito da parte degli aventi diritto. Ciò detto, si perviene alla conclusione che le opere realizzate non concretizzano una violazione all’art. 4, lett. f, delle NTA del Piano di Lottizzazione del Consorzio. A tale conclusione conduce, del resto, il significato ragionevolmente attribuibile alla citata prescrizione. In linea anche con quanto rilevato dall’Amministrazione (cfr. memoria depositata in data 15 luglio 2008), è da ritenere, infatti, che la prescrizione de qua miri esclusivamente a salvaguardare “il carattere unitario del verde consortile”. Posto che gli interventi contestati appaiono inidonei a minare l’unitarietà in questione, gli stessi non si prestano a concretizzare la violazione contestata.
Emiliana Matrone
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO DI ROMA
Sentenza 23 settembre 2009 n. 9240
FATTO
1. Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 24 aprile 2008 e depositato il successivo 30 aprile 2008, la ricorrente impugna la determinazione dirigenziale n. 324 del 22 febbraio 2008, notificata in data 4 marzo 2008, con la quale il Comune di Roma – accertata la realizzazione di un muro in calcestruzzo, sovrastato da una ringhiera metallica, su diversi lati della zona e di una recinzione in paletti e rete a protezione di un campo di calcetto e di due campi da tennis – ha ordinato la sospensione dei lavori e comunicato l’avvio del procedimento, nonché la determinazione dirigenziale n. 465 del 14 marzo 2008 con la quale la stessa Amministrazione ha, poi, ordinato la demolizione delle già indicate opere.
Ai fini dell’annullamento deduce i seguenti motivi di diritto:
I Motivo – Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 1, lett. b), della legge n. 241/90 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e contraddittorietà di comportamenti. Il provvedimento di demolizione è stato adottato dopo appena 10 gg. dalla notifica della sospensione dei lavori. Appare, dunque, evidente che alla ricorrente non è stato lasciato il termine per presentare memorie e documenti. Al riguardo, non può operare l’art. 21 octies perché la determinazione dirigenziale del 14.3.2008 non è atto vincolato.
II Motivo – Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 33 del D.P.R. n. 380/2001 – Eccesso di potere per sviamento, errore sui presupposti e travisamento dei fatti. I campi sportivi sono stati realizzati in virtù di denuncia di inizio attività dell’11 marzo 2003. Ne fu ordinata la demolizione ma tale provvedimento è stato sospeso dal Tribunale con l’ordinanza n. 1699 del 2007, emessa nell’ambito del ricorso n. 7419/2006. Ciò detto, risulta evidente che erroneamente il Comune ha ipotizzato come nuovo abuso edilizio la realizzazione delle recinzioni dei tre impianti sportivi.
III Motivo – Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, comma 1, e 22 del D.P.R. n. 380/2001, nonché dell’art. 33 D.P.R. 380/2001 in relazione all’art. 37 del D.P.R. medesimo – Eccesso di potere per sviamento, errore sui presupposti, travisamento dei fatti e carenza di motivazione. Le ulteriori recinzioni contestate non costituiscono interruzione della zona destinata a verde privato “VP1”. La prima di esse è a confine fra la zona VP1 ed il parcheggio adiacente alla via …omissis…, che si trova all’esterno del comprensorio. Le altre, poste dinanzi all’accesso ai viadotti, sono state realizzate soprattutto per evitare sconfinamenti dei bambini versi i cavalcavia e, comunque, consentono la percorribilità da parte degli aventi diritto. E’ da aggiungere ancora che l’Amministrazione ha omesso di valutare che la recinzione verso il parcheggio di via …omissis… esiste da circa 7 anni, mentre quelle verso i cavalcavia sono state iniziate nel 2003.
IV Motivo – Violazione e falsa applicazione, sotto diverso profilo, degli artt. 10, comma 1, e 22 del D.P.R. n. 380/2001, nonché dell’art. 33 D.P.R. 380/2001 in relazione all’art. 37 del D.P.R. medesimo – Eccesso di potere per sviamento, errore sui presupposti e travisamento dei fatti. In subordine, va rilevato che i lavori realizzati non sono soggetti a permesso di costruire. Si tratta, infatti, di meri accessori, che non creano volumetria. Ciò detto, non poteva trovare applicazione il regime sanzionatorio dell’art. 33 del D.P.R. n. 380/2001.
Alla camera di consiglio del 15 maggio 2008 – nel corso della quale la ricorrente ha prodotto copia di “istanza di sanatoria art. 37 e art. 36 D.P.R. T.U. 6 giugno 2001, n. 380”, inoltrata in data 13.5.2008 al fine di regolarizzare il muro con la sovrastante ringhiera metallica e la recinzione prospiciente i cavalcavia, mentre il Comune di Roma ha prodotto documenti – la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione limitatamente al disposto del provvedimento inerente le recinzioni dei campi sportivi nonché le recinzioni al di sopra dei viadotti con ordinanza n. 2485 del 15 maggio 2008, riformata dal Consiglio di Stato, su appello della ricorrente, con ordinanza n. 3276 del 17 giugno 2008, nel senso dell’accoglimento “in toto” dell’istanza cautelare proposta in primo grado.
Con atto depositato in data 16 maggio 2008 si è formalmente costituito il Comune di Roma.
2. In data 12 giugno 2008 la ricorrente ha depositato “motivi aggiunti”, proposti – “in quanto occorra” – avverso il “verbale di constatazione dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire”, redatto in data 29 aprile 2008 e mai notificato, deducendo:
I Motivo – Illegittimità derivata dall’illegittimità della determinazione dirigenziale n. 465 del 2008.
II Motivo – Violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 33 del D.P.R. 380/2001 – Eccesso di potere per sviamento ed errore sui presupposti. La misura dell’accertamento dell’inottemperanza è prevista solo per la categoria di abusi contemplati all’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, nell’ambito della quale le opere contestate non sono riconducibili. In ogni caso, non sono rispettati i termini all’uopo prescritti.
3. Con provvedimento in data 5 giugno 2008 il Comune di Roma ha respinto la DIA in sanatoria, “in quanto la realizzazione di recinzioni e frazionamenti in base alle prescrizioni della Convenzione Vallerano non sono assentibili all’interno del verde consortile VP1”.
Avverso il citato provvedimento la ricorrente insorge con la proposizione di “secondi motivi aggiunti”, notificati in data 26 giugno 2008 e depositati in data 27 giugno 2008.
In particolare, solleva le seguenti censure:
I Motivo – Violazione dell’art. 10 bis L. 241/1990 e ss.mm.ii.. Il provvedimento impugnato non è stato preceduto dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di sanatoria.
II Motivo – Violazione e falsa applicazione dell’art. 37 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, anche in relazione all’art. 4, lett. f), delle N.T.A. del Piano di Lottizzazione del Consorzio V. – Eccesso di potere per errore sui presupposti, travisamento dei fatti e carenza di motivazione. L’Amministrazione ha ritenuto erroneamente che gli interventi realizzati “comportino frazionamenti o interruzioni di continuità del verde pubblico consortile denominato VP1”. Per quanto riguarda il muretto, la “campitura” puntinata, che contrassegna la zona di verde consortile VP1, termina esattamente in corrispondenza di detta recinzione. La rete metallica, con apertura a mezzo cancello pedonale, è stata realizzata esclusivamente per evitare rischiosi “sconfinamenti” e, dunque, ha una mera funzione di protezione.
III Motivo – Violazione e falsa applicazione, sotto diverso profilo, del medesimo art. 37 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, anche in relazione all’art. 33 – Eccesso di potere per sviamento di potere, errore sui presupposti, travisamento dei fatti e carenza di motivazione. A differenza di quello che il provvedimento sembra far intendere, la sussistenza della determinazione n. 465 del 2008 non può costituire preclusione all’esame dell’istanza di sanatoria.
Alla camera di consiglio del 15 luglio 2008 – nel corso della quale il Comune di Roma ha depositato una memoria difensiva – la ricorrente ha chiesto il rinvio al merito della domanda cautelare.
4. In data 28 luglio 2008 la ricorrente ha, altresì, depositato una “memoria notificata valida come motivi aggiunti” per l’annullamento – “previa adozione di provvedimento cautelare” e “in quanto occorra” – della determinazione dirigenziale di demolizione n. 1232 del 4 luglio 2008, di rettifica della precedente determinazione n. 465 del 14.3.2008, con la quale l’Amministrazione, oltre a richiamare gli abusi già contestati, ne aggiunge altri risalenti ad epoca successiva, consistenti in ulteriori chiusure all’interno del VP1 nonché in fabbricati, e – nel contempo – aggiunge l’ordine di demolizione nei confronti del Consorzio V. “per le ulteriori opere accertate”.
A tale fine deduce i seguenti motivi di impugnativa:
I Motivo – Illegittimità derivata dall’illegittimità della determinazione n. 465 del 2008.
II Motivo – Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della L. 1034/71 e succ. mod. – Eccesso di potere per contraddittorietà di motivazione, sviamento di poteri ed errore sui presupposti. La reiterazione dell’ordine di demolizione comporta un’illegittima elusione delle ordinanze di sospensiva già emesse.
III Motivo – Difetto di legittimazione passiva – Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed errore sui presupposti, atteso che le ulteriori opere elencate non sono state realizzate dalla ricorrente né ricadono nel terreno di proprietà della stessa.
IV Motivo – Violazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 della legge n. 241/90 e succ. mod..
5. Al termine di tutti gli atti di impugnativa proposti, la ricorrente chiede, altresì, il risarcimento dei danni “consequenziali”.
6. In data 17 ottobre 2008 il Comune di Roma ha depositato una memoria difensiva sostanzialmente ripetitiva di quella depositata il precedente 15 luglio.
Il successivo 3 novembre 2008 ha depositato documenti.
In data 24 dicembre 2008 il Comune di Roma ha prodotto un’ulteriore memoria – riguardante anche il ricorso n. 7419/06, concernente provvedimenti comunque attinenti ad attività edilizia della ricorrente all’interno del Comparto Vp1 del Consorzio V. – nell’ambito della quale ha evidenziato che la ricorrente “ha posto in essere una considerevole attività di trasformazione del territorio, realizzatasi in violazione delle disposizioni della convenzione” e, dunque, degli strumenti urbanistici vigenti.
7. In seguito al trattenimento in decisione del ricorso all’udienza pubblica dell’8 gennaio 2009, la Sezione ha emesso la sentenza interlocutoria n. 1462 del 13 febbraio 2009, diretta – previa riunione del ricorso con il ricorso n. 4017/2008 – ad acquisire ulteriori informazioni e documenti.
8. In data 5 marzo 2009 il Comune di Roma ha depositato un nuovo atto di costituzione in giudizio.
In data 6 aprile 2009 ha depositato una memoria, nell’ambito della quale ha nuovamente sostenuto che gli interventi contestati costituiscono un’illegittima trasformazione del territorio “in palese violazione della convenzione Urbanistica e, dunque, degli strumenti urbanistici vigenti” (in particolare, dell’art. 4, punto f), delle N. T.A. della convenzione in questione, il quale impone che “gli assi di verde privato orientati Nord-Sud ed Est-Ovest del Comparto VP1 dovranno essere mantenuti unitari non frazionati né recintati”).
Al fine di ottemperare agli incombenti prescritti, ha, poi, provveduto al deposito di documenti in data 9 aprile 2009.
Con memoria depositata in data 29 maggio 2009, la ricorrente ha primariamente denunciato che “il Comune non ha depositato nessuna delle relazioni segnatamente richieste dal Collegio” e che “la citata sentenza interlocutoria deve quindi considerarsi non ottemperata”. Nel prosieguo, ha ampiamente ribadito che “nessuna delle opere delle quali il Comune ha ordinato la demolizione … interrompe la continuità della zona VP1”.
9. All’udienza pubblica dell’11 giugno 2009 il ricorso è stato nuovamente introitato per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso meglio indicato in epigrafe – in ordine al quale il Collegio ritiene che siano venute meno le esigenze di riunione con il ricorso n. 7419 del 2006, esternate nell’ambito della sentenza interlocutoria n. 1462 del 2009 – è in parte inammissibile, in parte improcedibile ed in parte fondato per le ragioni che seguono.
2. Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio la società ricorrente impugna le determinazioni dirigenziali n. 324 del 22 febbraio 2008 e n. 465 del 14 marzo 2008, con le quali il Comune di Roma ha rispettivamente determinato l’immediata sospensione dei lavori e comunicato l’avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/90, nonché impartito la demolizione di opere realizzate “in violazione dell’art. 33 del D.P.R. 380/01” “in via …omissis…”, chiedendone l’annullamento.
2.1. In relazione alla determinazione dirigenziale n. 324 del 22 febbraio 2008, l’impugnativa di cui sopra va dichiarata inammissibile per carenza di interesse.
In linea con il disposto dell’art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, il Collegio non può, infatti, esimersi dal rilevare che alla data di proposizione del ricorso (ossia al 24 aprile 2008) la determinazione de qua non possedeva più alcuna attitudine lesiva della sfera giuridica della ricorrente a causa dell’intervenuta notificazione della determinazione dirigenziale di demolizione, risalente al 28 marzo 2008.
Ciò detto, evidente si profila l’inutilità di un’eventuale pronuncia di annullamento.
2.2. Per quanto attiene alla determinazione dirigenziale n. 465 del 14 marzo 2008, con la quale l’Amministrazione ha disposto la demolizione di un muro in calcestruzzo sovrastato da una rete metallica e di recinzioni in paletti e reti poste “a protezione di n. 1 campo di calcetto e n. 2 campi da tennis”, l’impugnativa è fondata e, pertanto, deve essere accolta.
Al riguardo appare opportuno ricordare che la ricorrente denuncia, tra l’altro, eccesso di potere per “errore sui presupposti” in quanto sostiene che si tratta di interventi non soggetti a permesso di costruire, inidonei a costituire una interruzione della zona destinata a verde privato “VP1”.
Tale censura merita di essere condivisa.
In linea con l’orientamento assunto nella fase cautelare, il Collegio ritiene, infatti, che le opere contestate:
– non siano riconducibili nell’ambito di quelle soggette a permesso di costruire di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 380/01, atteso che – per natura, consistenza ed impatto estetico – non si prestano ad essere qualificate “nuove costruzioni”. Si tratta essenzialmente di “recinzioni” che, per quanto riguarda i campi di calcetto e da tennis, sono indiscutibilmente dirette a consentire il corretto svolgimento delle relative pratiche sportive (ossia ad evitare un continuo sconfinamento della palla), mentre, nei rimanenti casi, rivestono un’indiscussa funzione di protezione dell’area. In altri termini, concretizzano interventi che – oltre ad essere privi di impatto volumetrico – rivestono un ruolo definibile “accessorio” e, comunque, non incidono sulle strutture principali;
– siano inidonee a costituire un’interruzione della zona destinata a verde privato “VP1”. In verità: – l’idoneità addotta dall’Amministrazione non risulta affatto comprovata e ciò nonostante la specifica richiesta di chiarimenti di cui alla sentenza interlocutoria n. 1462 del 2009; – la stessa idoneità non è implicitamente desumibile dalla natura delle opere. Considerando le recinzioni dei campi sportivi, appare evidente che opere di tal genere rivestono una funzione del tutto estranea ad intenti di frazionamento dell’area su cui ricadono. Come esplicitato anche nell’ambito del provvedimento impugnato, il posizionamento di tali recinzioni è da ritenere diretto, infatti, esclusivamente a costituire una “protezione” dei campi in questione. A fronte di tale constatazione, non emergono ragioni per attribuire a tali recinzioni una differente funzione. Anche in relazione alle ulteriori recinzioni contestate, chiara è la carenza di elementi in base ai quali riscontrare un contrasto con le prescrizioni della convenzione. In particolare, tali recinzioni si profilano inidonee a frazionare o recintare il verde privato in quanto: – la recinzione realizzata verso via …omissis… è posta a confine fra la zona destinata a verde privato “VP1,” “ed il parcheggio adiacente alla via di …omissis…, che si trova all’esterno del comprensorio medesimo”, e, dunque, va intesa come un intervento volto esclusivamente a delimitare l’area, del tutto privo – in quanto tale – di incidenza sull’uso consortile; – le recinzioni su via …omissis…, poste in corrispondenza dei due cavalcavia esistenti, sono dotate di appositi cancelletti e, dunque, non limitano il transito da parte degli aventi diritto. Ciò detto, si perviene alla conclusione che le opere realizzate non concretizzano una violazione all’art. 4, lett. f, delle NTA del Piano di Lottizzazione del Consorzio. A tale conclusione conduce, del resto, il significato ragionevolmente attribuibile alla citata prescrizione. In linea anche con quanto rilevato dall’Amministrazione (cfr. memoria depositata in data 15 luglio 2008), è da ritenere, infatti, che la prescrizione de qua miri esclusivamente a salvaguardare “il carattere unitario del verde consortile”. Posto che gli interventi contestati appaiono inidonei a minare l’unitarietà in questione, gli stessi non si prestano a concretizzare la violazione contestata.
In definitiva, il provvedimento impugnato deve essere annullato in quanto sanziona interventi edilizi sulla base di presupposti erronei.
3. I primi motivi aggiunti, proposti – in quanto occorra – avverso il “verbale di constatazione dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione”, vanno dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.
Soprassedendo sull’impugnabilità o meno dell’atto sopra indicato, appare, infatti, evidente che l’annullamento della determinazione dirigenziale di demolizione, determinata dall’accoglimento dell’impugnativa proposta avverso quest’ultima, comporta necessariamente anche la caducazione del verbale di cui trattasi.
Ciò detto, non permane che ravvisare il venir meno dell’interesse alla decisione invocata in relazione alla legittimità o meno del suddetto verbale.
4. Attraverso la proposizione dei secondi motivi aggiunti, la ricorrente impugna il provvedimento amministrativo in data 5 giugno 2008, prot. n. 37905, con il quale il Dirigente dell’U.O.T. del XII Municipio del Comune di Roma ha dichiarato di non poter accogliere l’istanza di sanatoria presentata – ex artt. 37 e 36 del D.P.R. n. 380/2001 – con riferimento al muretto con sovrastante ringhiera metallica, posto a confine con il parcheggio di via …omissis…, ed alla recinzione prospiciente i due cavalcavia che sovrappassano la via …omissis…, comprensiva di apertura a mezzo di cancello pedonale.
Ai fini dell’annullamento la ricorrente denuncia, tra l’altro, violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90 e carenza di motivazione.
Tali censure sono fondate.
Rispetto a provvedimenti del genere di quello in esame non appare, infatti, che possa essere posta in discussione l’operatività del disposto della prescrizione di cui al citato art. 10 bis della legge n. 241/90 e, dunque, l’esistenza dell’obbligo dell’Amministrazione di comunicare all’istante i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, così da porre l’interessato nella condizione di presentare osservazioni.
Ciò detto, la disamina dell’ipotesi in esame induce ad affermare che tale obbligo è stato violato, atteso che:
– dalla documentazione agli atti non risulta che l’Amministrazione abbia provveduto a comunicare alla società ricorrente il c.d. “preavviso di rigetto”;
– non sussistono condizioni per affermare che alla mancata comunicazione del c.d. preavviso di rigetto abbiano sopperito diverse circostanze, idonee a consentire al soggetto interessato di presentare memorie e/o documenti;
A tali rilievi è, altresì, da aggiungere che non può trovare applicazione l’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/90.
L’Amministrazione non ha, infatti, dimostrato che “il contenuto dispositivo del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Nell’ambito del provvedimento impugnato viene genericamente affermato che la DIA presentata dalla ricorrente “non può essere accolta in quanto la realizzazione di recinzioni e frazionamenti in base alle prescrizioni della Convenzione Vallerano non sono assentibili all’interno del verde consortile VP1”.
L’adozione del provvedimento è, dunque, ricondotta all’esistenza di prescrizioni edilizie, inidonee – nel particolare – ad esplicitare i motivi per i quali le opere realizzate si pongano in contrasto con quest’ultime.
Nonostante tale genericità, l’Amministrazione si è del tutto astenuta – in spregio, tra l’altro, di un’esplicita istanza istruttoria in tal senso (cfr. sentenza interlocutoria n. 1462 del 2009) – dallo specificare i presupposti di fatto e di diritto delle riportate affermazioni o, comunque, dal rappresentare in termini chiari ed inequivoci la sussistenza di circostanze di carattere oggettivo e concreto, atte ad imporre l’adozione del provvedimento impugnato nei termini in cui risulta formulato.
In definitiva, l’Amministrazione non ha dimostrato che, anche in caso di partecipazione del privato, non avrebbe potuto adottare un provvedimento con contenuto diverso da quello del provvedimento adottato.
In ragione di tale constatazione, non emergono ragioni per ravvisare la sussistenza della condizione prevista dall’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/90 ed il vizio denunciato di violazione delle regole in materia di partecipazione al procedimento non diviene, pertanto, irrilevante, bensì mantiene il proprio carattere invalidante.
E’, poi, da aggiungere che la formulazione del provvedimento è carente dal punto di vista motivazionale.
In particolare, non pone nella condizione di percepire e comprendere con la dovuta chiarezza i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche “che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”, così come l’art. 3, comma 1, della legge n. 241/90 impone.
Non specifica, infatti, i motivi per i quali i lavori contemplati nella DIA costituirebbero “recinzioni e frazionamenti”; ricorda l’emissione di una precedente determinazione dirigenziale “per la demolizione di opere abusive” ma nulla riferisce in ordine all’impugnativa proposta ed alla sospensiva disposta dal Tribunale con l’ordinanza n. 2485 del 15 maggio 2008.
In definitiva, appare evidente che, nel provvedimento impugnato, risultano riportati affermazioni e riferimenti di carattere astratto ed imprecisato, inidonei – in quanto tali – ad esplicitare ragioni consone a supportare la decisione assunta.
Tanto appare sufficiente per l’accoglimento dell’impugnativa, sicché le altre censure formulate sono assorbite.
5. Con “memoria notificata valida come motivi aggiunti”, depositata in data 28 luglio 2008, la ricorrente impugna, poi, “l’ulteriore provvedimento amministrativo di cui alla determinazione dirigenziale n. 1232 del 4 luglio 2008, ….. con la quale il Dirigente U.O.T. del Municipio XII del Comune di Roma rettifica la D.D. di demolizione n. 465 del 14.03.2008 ed ingiunge, tra gli altri, alla ricorrente la rimozione o demolizione, entro 30 (trenta) giorni dalla notifica della presente” di interventi di ristrutturazione edilizia abusivamente realizzati sul Comparto VP1 Consortile di cui alla Convenzione Urbanistica Vallerano, chiedendone l’annullamento.
A tale fine denuncia, tra l’altro, che l'”illegittimità” della determinazione dirigenziale n. 485 del 2008 inficia di “illegittimità derivata” la determinazione in questione, violazione dell’art. 21 della legge n. 1034/71 per elusione di ordinanze di sospensiva già emesse nonché difetto di legittimazione passiva in relazione al disposto del provvedimento afferente le “ulteriori chiusure all’interno del VP1”.
Tali censure sono meritevoli di condivisione.
Per gran parte del proprio contenuto la determinazione dirigenziale n. 1232 del 4 luglio 2008 si limita a riprodurre pedissequamente la determinazione dirigenziale n. 465 del 2008.
Appare, pertanto, evidente che le considerazioni già svolte in ordine a quest’ultima debbono ritenersi valevoli anche in relazione alla determinazione ora in esame e, dunque, debbono intendersi qui integralmente richiamate.
Ancora evidente appare l’elusione dell’ordinanza di questo Tribunale n. 2485 del 15 maggio 2008 ma anche dell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 3276 del 15 giugno 2008, attesa, tra l’altro, la totale carenza di chiarimenti e/o spiegazioni a supporto della sostanziale reiterazione di un ordine di demolizione già impartito e poi sospeso dal giudice amministrativo.
Anche la censura da ultimo richiamata, afferente il difetto di legittimazione passiva, appare fondata.
A parte i rilievi formulati dalla ricorrente, non adeguatamente confutati dall’Amministrazione, il Collegio non può, infatti, esimersi dal rappresentare che la doglianza in questione trova esplicito riscontro anche nel ricorso n. 681 del 2009 (definito dalla Sezione con sentenza n. 7037 del 16 luglio 2009), atteso che – nell’ambito di quest’ultimo – la società ricorrente, ossia la V. Coop. Edilizia S.r.l. in liquidazione volontaria, ammette espressamente di essere responsabile della realizzazione della recinzione in blocchetti di tufo e ringhiera situata in via …omissis…, riportata nel provvedimento impugnato.
Tanto appare sufficiente per l’accoglimento dell’impugnativa in esame, sicché le ulteriori censure formulate sono da ritenersi assorbite.
6. Al termine di ognuna delle domande di annullamento formulate, la ricorrente propone, altresì, domanda di risarcimento dei danni “consequenziali”.
Tale domande sono inammissibili per genericità.
E’, infatti, noto che, in materia di azione risarcitoria da lesione di interesse legittimo, sul danneggiato grava l’onere della prova ex art. 2967 c.c., esteso a tutti gli elementi costitutivi della pretesa, non valendo il principio dispositivo con metodo acquisitivo, riferibile alla sola tutela giurisdizionale amministrativa demolitoria (cfr., tra le tante, C.d.S., Sez. VI, 21 maggio 2007, n. 2534; TAR Lazio, Roma, Sez. III, 1 agosto 2008, n. 7803).
Nel caso di specie, tale onere non risulta assolto.
La ricorrente si è, infatti, astenuta dal fornire prove concrete sull’esistenza e sull’entità di un effettivo pregiudizio patrimoniale
Tanto è sufficiente per dichiarare inammissibili le domande di risarcimento in trattazione.
7. Per i motivi illustrati:
– la domanda di annullamento di cui all’atto introduttivo del presente giudizio è in parte inammissibile ed in parte deve essere accolta;
– la domanda di annullamento di cui ai I motivi aggiunti va dichiarata improcedibile;
– la domanda di annullamento di cui ai II motivi aggiunti deve essere accolta;
– la domanda di annullamento di cui alla “memoria notificata valida come motivi aggiunti”, depositata in data 28 luglio 2008, deve essere accolta;
– le domande di risarcimento del danno sono inammissibili.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a favore della società ricorrente in Euro 4.000,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I quater:
– in parte dichiara inammissibile ed in parte accoglie la domanda di annullamento di cui all’atto introduttivo del presente giudizio e, per l’effetto, annulla la determinazione dirigenziale n. 465, adottata dal Comune di Roma in data 14 marzo 2008;
– dichiara improcedibile la domanda di annullamento di cui ai I motivi aggiunti;
– accoglie la domanda di annullamento di cui ai II motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla il provvedimento del Comune di Roma di cui alla raccomandata a.r. del 5 giugno 2008, prot. n. 37905;
– accoglie la domanda di annullamento di cui alla “memoria notificata valida come motivi aggiunti”, depositata in data 28 luglio 2008, e, per l’effetto, annulla la determinazione dirigenziale n. 1232, adottata dal Comune di Roma in data 4 luglio 2008;
– dichiara inammissibili le domande di risarcimento del danno formulate dalla ricorrente;
– condanna il Comune di Roma al pagamento delle spese di giudizio, liquidate a favore della ricorrente in Euro 4.000,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2009