Le procedure ADR più diffuse in Italia, oltre alla conciliazione, sono l’arbitrato, l’arbitraggio, la perizia e la transazione.
L’ARBITRATO, di cui agli artt. 806 e ss cpc, è un processo fra privati e dinanzi ad un privato volto alla risoluzione di una controversia relativa ad un rapporto giuridico preesistente.
Il giudizio arbitrale, dunque, è il mezzo al quale le parti possono ricorrere per sottrarre alla giustizia ordinaria, che esse, ritengono, per i più vari motivi, inadeguata, la decisione della lite.
Presupposto del processo arbitrale è il patto con il quale le parti conferiscono a privati il compito di risolvere le controversie che le riguardano. Tale patto può rivestire la forma del compromesso o della clausola compromissoria.
Fra arbitrato e conciliazione esistono similitudini e differenze sostanziali: in entrambi esistono almeno due parti, una controversia che le contrappone, un terzo neutrale ed una soluzione finale.
Ma, mentre l’arbitrato è fondamentalmente un processo, anche se privato, gestito secondo il diritto processuale, la conciliazione attiene al campo del diritto sostanziale.
Nell’arbitrato le parti esprimono la loro volontà di risolvere una controversia esistente (o possibile nel futuro) derogando alla giurisdizione ordinaria, ma la decisione della controversia è presa dal terzo (arbitro), cui le parti hanno conferito tale potere; nella conciliazione le parti decidono di risolvere una controversia reale o potenziale con l’intervento di un terzo, che si limiterà a facilitare il loro percorso verso la soluzione della controversia, con suggerimenti, interventi, colloqui singoli e congiunti, ma alla fine la soluzione è frutto della volontà delle parti.
Con l’arbitrato si tende a stabilire, in ogni caso, chi ha ragione e chi ha torto. Nel procedimento di conciliazione si mira a migliore il rapporto futuro tra le parti, a favorire il confronto ed il dialogo, proponendo un accordo totalmente positivo e appagante per le parti originariamente in conflitto.
Un’ulteriore differenza risiede nel potere decisionale. La conciliazione non si conclude con un lodo. Il conciliatore non impone alcuna decisione alle parti. Nella conciliazione le parti possono pervenire ad un accordo soddisfacente oppure a nessun accordo.
L’ARBITRAGGIO, di cui all’art. 1349 cc, è quella procedura che ricorre quando le parti, nella formazione di un negozio giuridico, lasciano indeterminato uno degli elementi necessari per il suo perfezionamento, affidando ad un terzo il mandato di integrare l’elemento mancante; quindi serve a perfezionare un rapporto nuovo, al momento incompleto.
Le differenze tra conciliazione ed arbitraggio stanno chiaramente nell’essere quest’ultimo una fattispecie circoscritta ad un elemento del rapporto da integrare, anche in mancanza di lite, reale o potenziale.
Quanto alla PERIZIA, l’art. 198 cpc stabilisce che il giudice istruttore, quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, può darne incarico al consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti. Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente tecnico e inserito nel fascicolo d’ufficio ed ottiene efficacia di titolo esecutivo con decreto del giudice istruttore (art. 199 cpc). Se la conciliazione non riesce, il il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice (art. 200 cpc). Il giudice istruttore può consentire alle parti di nominare un loro consulente tecnico (art. 201 cpc).
Al di là delle previsioni codicistiche, la consulenza, detta anche perizia, è emersa nell’esperienza giurisprudenziale come incarico a terzi, i periti, che hanno una profonda conoscenza ed esperienza in una particolare scienza diversa da quella giuridica, di svolgere, in base alle loro capacità tecniche, constatazioni o accertamenti che le parti si impegnano ad accettare come espressione diretta della loro volontà. Il perito a cui le parti danno mandato è un ausiliario tecnico delle parti, così come il CTU, nei procedimenti giudiziari è ausiliare del giudice. L’attività del perito è circoscritta ad un’indagine esclusivamente tecnica, da cui esulano scelte volitive e discrezionali che caratterizzano l’attività degli arbitri.
La TRANSAZIONE è il contratto col quale le parti pongono fine a una lite già cominciata o prevengono una lite che può insorgere tra loro, facendosi reciproche concessioni con le quali possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti (art. 1965 cc).
Per transigere, le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della lite: infatti, nel caso si tratti di diritti indisponibili, la transazione è nulla (art. 1966 cc).
I diritti sottratti alla disponibilità delle parti sono, ad esempio, quelli del prestatore di lavoro (art. 2113 cc), quelli che riguardano le situazioni di status (artt. 231 e ss cc), nonché quelli concernenti la separazione dei coniugi (artt. 150 e ss cc).
La transazione è sicuramente la procedura di ADR più vicina alla conciliazione mediata.
Tuttavia conciliare è cosa diversa dal transigere.
Nella transazione le parti in lite si fanno reciproche rinunce, nella conciliazione si forma, invece, un accordo positivo per le parti in lite.
Emiliana Matrone
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