In virtù dell’art. 1803 che ne contiene la nozione: “Il comodato è il contratto con quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito”.
La distinzione tra locazione e comodato attiene al contenuto dell’obbligazione del titolare del diritto di godimento: nel comodato, infatti, l’obbligazione del comodatario ha per oggetto una prestazione di diligenza e di restituzione, mentre nella locazione la prestazione del conduttore, oltre a questi stessi comportamenti, ha come oggetto principale la corresponsione del corrispettivo.
Tribunale Roma Sez. VI, 05.03.2009
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il giorno 27 giugno 2007 il Condominio di via (omissis) ha agito nei confronti di Ha. S.r.l. ed ha esposto:
– aveva concesso in comodato alla società convenuta il locale con annesso corpo avanzato adibito ad uso di vetrina situato in Roma, nello stabile condominiale, scala N, per la durata di anni nove dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2005, con previsione di un onere mensili originario, a titolo di rimborso spese, di Lire 199.950;
– il comodato era stato concluso dietro dichiarazione della società di essere conduttrice di un negozio di proprietà di terzi adiacenti al locale anzidetto, in quanto cessionaria dell’attività commerciale esercitata da certa signora Mezzanotte;
– spirato il termine finale del rapporto la società comodataria non aveva provveduto al rilascio sostenendo trattarsi di locazione e non di comodato;
– la società resistente non aveva mai rilevato l’attività commerciale della predetta Mezzanotte;
– la stessa società non aveva provveduto al pagamento dell’onere indicato a far data dalla cessazione del rapporto per scadenza del termine.
Ciò premesso, la parte ricorrente ha così concluso: “accertare, dichiarare la risoluzione del contratto di comodato di cui in narrativa alla data del 31 dicembre 2005 e, per l’effetto condannare la Ha. S.r.l. al rilascio in favore del condominio del locale con annesso corpo avanzato adibito ad uso vetrina sito in Roma alla via (omissis); condannare altresì la Ha. S.r.l. al pagamento degli oneri pattuiti dalla data di scadenza fino all’effettivo rilascio, così come meglio indicato in narrativa; in via subordinata, nella non creduta ipotesi in cui il contratto si è ritenuto ancora esistente, dichiarare la nullità e/o annullarlo per la mancanza in capo alla Ha. S.r.l. delle condizioni personali e qualità indicate nel medesimo contratto e meglio descritte in narrativa, con conseguente condanna al rilascio immediato dell’anzidetta unità immobiliare; in via ulteriormente degradata, nella non creduta ipotesi in cui il contratto sia considerato tuttora efficace, dichiarare la risoluzione dello stesso per il mancato pagamento degli oneri e delle spese contrattualmente pattuite. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di lite”. All’esito della fissazione dell’udienza di discussione e della notificazione del ricorso e del decreto, Ha. S.r.l. ha replicato il rapporto tra le parti aveva natura locatizia con scadenza al 31 dicembre 2014. Sicché la resistente ha concluso per il rigetto della domanda di controparte e, in via riconvenzionale, per l’accertamento della natura locatizia del rapporto. La causa, istruita con produzione di documenti, è stata discussa e decisa all’udienza del giorno 18 febbraio 2009.
Motivi della decisione
La domanda principale è fondata nel senso che segue. Le differenze di inquadramento dogmatico del contratto di locazione e di quello di comodato sono facili da cogliere: l’uno è contratto bilaterale consensuale, l’altro – secondo la classificazione corrente – è contratto unilaterale reale. Se, invece, si guarda non al contratto, ma al rapporto, nessuna apprezzabile distinzione emerge con riguardo al godimento riservato al conduttore, da un lato, ed al comodatario, dall’altro: il godimento attribuito a quest’ultimo, infatti, possiede la stessa latitudine del godimento attribuito al conduttore, potendo parimenti ampliarsi o restringersi in dipendenza della volontà delle parti. La distinzione tra locazione e comodato attiene, dunque, al contenuto dell’obbligazione del titolare del diritto di godimento: nel comodato, infatti, l’obbligazione del comodatario ha per oggetto una prestazione di diligenza e di restituzione, mentre nella locazione la prestazione del conduttore, oltre a questi stessi comportamenti, ha come oggetto principale la corresponsione del corrispettivo. Insomma, locazione e comodato si distinguono in ragione dell’onerosità della prima e della gratuità – il comodato è “essenzialmente gratuito”, stabilisce l’art. 1803 c.c. – del secondo. Nel comodato la gratuità discende dalla stessa configurazione causale del contratto, che risiede nella “volontà di sopperire ad una contingente necessità altrui” (Cass. 29 ottobre 1963, n. 2856, RFI, 1964, Comodato, n. 1). Il comodato, in altri termini, è essenzialmente caratterizzato dall’attribuzione di un beneficio al comodatario, ancorché il comodante possa avere anch’egli un interesse alla concessione del godimento al comodatario, che non determini uno snaturamento del rapporto: “La circostanza che il comodante abbia interesse alla concessione di godimento della cosa oggetto del contratto, non contrasta con lo schema causale del comodato, per cui la presenza di un interesse del comodante ha un valore neutro ai fini della qualificazione del rapporto” (Cass. 17 marzo 1981, n. 1539, RFI, 1981, Comodato, n. 2). Fissati i criteri distintivi in generale, nella pratica, come è intuitivo, la distinzione può risultare tutt’altro che agevole, risolvendosi di volta in volta in una quaestio facti, come nel caso del comodato modale. Difatti, la caratteristica della gratuità non viene meno, come è comunemente riconosciuto tanto dalla dottrina, quanto dalla giurisprudenza, se le parti pattuiscono un modus od onere a carico del comodatario. Deve trattarsi, però, di un onere che non si ponga come corrispettivo del godimento della cosa, giacché questo escluderebbe il carattere gratuito della causa contrattuale incidendo sulla qualificazione del tipo contrattuale (da ultimo Cass. 2 marzo 2001, n. 3021, RN, 2002, 1009; Cass. 15 gennaio 2003, n. 485, inedita). Così, si ritiene compatibile con il carattere gratuito della concessione in comodato l’obbligo per il comodatario di versare un contributo per le spese d’uso dell’immobile (v. Cass. 2 aprile 1984, n. 2151, GAI, 1985, 157; Cass. 20 gennaio 1984, n. 491, GAI, 1984, 89; Cass. 18 marzo 1983, n. 1935, RFI, 1983, Locazione, n. 937; Cass. 24 marzo 1981, n. 1693, RFI, 1981, Comodato, n. 6; Cass. 16 febbraio 1978, n. 749, RFI, 1978, Comodato, n. 2). Nel distinguere la locazione dal comodato modale, dunque, occorre valutare se gli oneri posti a carico del cessionario siano compatibili con la gratuità del comodato o, viceversa, ne alterino la causa, assumendo la natura di vero e proprio corrispettivo del godimento: “Al fine di stabilire la sussistenza di un rapporto di comodato ovvero di locazione, occorre mettere a confronto i sacrifici ed i vantaggi che dal negozio derivano rispettivamente alle parti, con contenuto di equivalenza sullo stesso piano, così che il carattere di essenziale gratuita del comodato non viene meno se si inserisce un modus posto a carico del comodatario, mentre cessa se il vantaggio fornito da questi si pone come corrispettivo del godimento della cosa” (Cass. 2 aprile 1984, n. 2151, GAI, 1985, 157). Nel caso di specie, il contratto stipulato tra le parti è espressamente qualificato come contratto di comodato, ma, dalla lettura dell’atto, è impossibile revocare in dubbio che non di comodato bensì di locazione si tratti, ove si consideri che la scrittura contrattuale fa riferimento ad un “canone mensile” di Lire 199.950 “che la Soc. Ha. corrisponderà all’amministratore condominiale, quale corrispettivo della disponibilità dei beni sopradescritti”. È di tutta evidenza, cioè, che nel caso di specie non si versa in ipotesi di godimento gratuito, con la previsione di un modus proporzionato alle spese di conservazione, manutenzione e gestione della cosa comodata, bensì di godimento corrispettivo al versamento di una proporzionata somma di denaro da corrispondersi, appunto, titolo di canone. Insomma, la questione che qui si pone non è neppure di verifica della simulazione contrattuale, bensì, assai più semplicemente, di qualificazione giuridica del contratto che le parti hanno erroneamente intestato come contratto di comodato, ma nel quale hanno poi regolato obbligazioni tipicamente locatizie. Da ciò discende che il contratto di locazione stipulato tra le parti, avente la sua prima scadenza contrattuale al 31 dicembre 2005, si è rinnovato per un ulteriore sessennio, fino al 31 dicembre 2011, ai sensi degli articoli 27 e 28 della legge n. 392 del 1978. Ciò detto, tale contratto va dichiarato risolto per inadempimento, come richiesto dalla società ricorrente, sia pure in via subordinata, attesa la pacifica morosità nel pagamento del canone da parte della società conduttrice a far data dalla scadenza convenzionale del rapporto, fissata, come si è detto in espositiva, al dicembre 2005. In proposito, va disatteso l’argomento difensivo svolto dalla conduttrice, secondo cui essa non avrebbe effettuato il versamento in quanto il portiere del Condominio avrebbe dichiarato di non poter più accettare tale pagamento, ove si consideri, al contrario, che, per un verso, non risulta che il pagamento dovesse essere effettuato al portiere né si comprende come questi potesse esprimere la volontà del Condominio, e che, per altro verso, il Condominio, a mezzo del proprio legale, con lettera del 18 dicembre 2006, in atti, ha espressamente sollecitato il pagamento della morosità maturata, indicando il conto corrente sul quale effettuare il versamento della somma dovuta. Dichiarato risolto il contratto concluso tra le parti per inadempimento del conduttore, la parte resistente va condannata al rilascio, in favore della parte ricorrente, dell’immobile locato, mentre la data dell’esecuzione, ex art. 56 della l. 27 luglio 1978, n. 392, avuto riguardo ai contrapposti interessi delle parti, può essere fissata al giorno 18 marzo 2009. Segue altresì condanna della conduttrice al pagamento dei canoni dovuti in forza del contratto da gennaio 2006 fino al rilascio. Gli ulteriori profili di doglianza possa sostegno della domanda di risoluzione sono assorbiti. La domanda riconvenzionale va naturalmente respinta. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Condominio di via (omissis) nei confronti di Ha. S.r.l., nonché sulla domanda riconvenzionale da quest’ultima spiegata, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:
1. – dichiara risolto per inadempimento della società conduttrice il contratto di locazione concluso tra le parti e, per l’effetto, condanna la parte resistente al rilascio, in favore della parte ricorrente, del locale con annesso corpo avanzato adibito ad uso di vetrina situato in Roma, nello stabile condominiale, scala N, fissando per l’esecuzione la data del giorno 18 marzo 2009;
2. – condanna la conduttrice al pagamento dei canoni dovuti in forza del contratto stipulato tra le parti dal gennaio 2006 fino al rilascio;
3. – condanna la parte resistente al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi e Euro 1.200,00 per diritti.
Così deciso in Roma il 18 febbraio 2009. Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2009.