Il Tribunale di Nocera Inferiore, Seconda Sezione Civile, in persona del Giudice Dott. Antonello Amodeo, con la Sentenza n. 1096 del 2 luglio 2014, pronunciata nella causa civile in primo grado iscritta al n. 724/2011 Rg., in materia di comodato senza limiti di durata, afferma che “poiché il comodato in questione non aveva un termine di durata, non può che ritenersi sussistente il diritto della parte comodante a chiedere in qualsiasi momento la restituzione del bene che ne forma oggetto. E siccome tale situazione è stata chiesta con raccomandata del 5 febbraio 2010, ricevuta dal convenuto I. in data 9 febbraio 2010, il comodato deve ritenersi cessato per recesso unilaterale del comodante, cui l’art. 1810 c.c. riconosce espressamente un diritto potestativo in ordine alla cessazione del rapporto, con conseguente obbligo di restituzione in capo a comodatario”.
Tale sentenza risulta di grande interesse sotto diversi profili e per diversi ordini di ragione. Innanzitutto, la pronuncia in esame è lodevole non solo per la specificità del tema trattato, ma soprattutto per la lucidità dell’iter logico-argomentativo e per la chiarezza espositiva.
Nel caso concreto, l’attrice con atto di citazione chiedeva la condanna dei convenuti al rilascio dell’immobile essendo cessato il contratto di comodato precario nonché il risarcimento del danno da occupazione senza titolo. All’uopo, l’attrice premetteva di essere proprietaria di un’unità immobiliare sita in Scafati; di avere concesso, nell’anno 1994, oralmente ai convenuti tale immobile in comodato gratuito senza determinazione della data di restituzione; di aver esercitato, poi, con lettera raccomandata a.r. del 09/02/2010, il diritto di richiedere la restituzione dell’immobile comodato; che, nonostante i ripetuti solleciti, verbali e scritti, e nonostante lo spirare di una congrua dilazione di tempo per il rilascio (quindici giorni dal ricevimento della lettera raccomandata), i convenuti non avevano lasciato l’immobile libero da cose e persone nella disponibilità della proprietaria e che, pertanto, i convenuti occupavano il descritto bene senza averne titolo a far data dal 24.02.2010. I convenuti resistevano alle avverse pretese, adducendo la mancanza di specifiche esigenze a sostegno della domanda di restituzione dell’immobile. Il Tribunale adito accoglieva la domanda attorea.
Prima ancora di passare ad esaminare i punti salienti della decisione in commento, appare doveroso ricordare che il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta (art. 1803, co 1, cc).
Nessuna norma prevede per il comodato immobiliare la necessità della forma scritta (Cass. 4632/1979; Cass. 3695/1974). Pertanto, il rapporto di comodato stipulato verbalmente può essere provato anche a mezzo di testimoni e, conseguentemente, non sussiste – in ordine al giuramento – la preclusione di cui all’art. 2739 cc (Cass. 11620/1990).
Non essendo, dunque, richiesta la forma scritta, è sufficiente per il perfezionamento del contratto in argomento la consegna del bene, che non deve tuttavia rivestire forme solenni né avvenire materialmente, potendo risultare anche per facta concludentia.
Secondo la disciplina codicistica, il comodatario deve custodire e conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1804 cc) e non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa (art. 1808 cc). La Cassazione, sul punto, soggiunge che il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione straordinarie può liberamente scegliere se provvedervi o meno e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso al comodante (Cass. 15543/2002).
Il comodatario, a norma dell’art. 1809 cc, è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto, o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto. Se, però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno del comodante, questi può esigerne la restituzione immediata.
L’art. 1810 c.c. dispone che se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede.
Il comodato disciplinato dall’art. 1810 cc, cd comodato precario, altro non è che un comodato senza determinazione di durata. Esso si caratterizza per la previsione che la scadenza della validità del vincolo dipende potestativamente dalla volontà del comodante, il quale può farla maturare ad nutum mediante richiesta di restituzione del bene. Tale richiesta determina l’immediata cessazione del diritto del comodatario alla disponibilità e al godimento della cosa, con la conseguenza che una volta sciolto per iniziativa unilaterale del comodante il vincolo contrattuale, il comodatario che rifiuti la restituzione della cosa, viene ad assumere la posizione di detentore sine titulo e quindi abusivo del bene altrui (Cass. 5987/2000).
Orbene, con la pronuncia in esame, il Tribunale di Nocera Inferiore ribadisce che “non valgono in contrario le argomentazioni addotte dal convenuto in ordine alla mancanza di esigenze che giustifichino la restituzione immediata dell’immobile, in quanto siffatte esigenze sono necessarie soltanto nella diversa ipotesi del comodato che abbia un preciso limite di durata, espressamente convenuto o comunque ricavabile dall’uso della cosa in conformità del contratto (articolo 1809 c.c.)”.
Dunque, sulla scia di quanto affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità, in tema di comodato immobiliare, la sentenza nocerina conferma che “ove manchi una particolare prescrizione di durata, l’uso corrispondente alla generica destinazione dell’immobile configura un comodato a tempo indeterminato e, perciò, a titolo precario, e, dunque, revocabile ad nutum da parte del comodante, a norma dell’articolo 1810 c.c.” (Cass. n. 5907/2011).
Sul tema, inoltre, è necessario osservare che il principio esistente in tema di locazione secondo cui i componenti del nucleo familiare del conduttore non hanno un autonomo diritto soggettivo al godimento dell’alloggio, ma godono di questo soltanto di riflesso per effetto del vincolo di parentela che li lega al conduttore, va applicato analogicamente anche in tema di comodato. Ne consegue che, intervenuta l’estinzione del rapporto di comodato, nessun diritto alla detenzione dell’immobile possono vantare i familiari del comodatario, e l’eventuale azione promossa dal comodante per ottenere il rilascio del bene può essere esercitata anche contro uno solo degli occupanti, senza necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri. Infatti, la pronuncia emessa sull’azione di rilascio non può ritenersi inutiler data essendo idonea a produrre i suoi effetti nei confronti dell’occupante, escludendolo dalla detenzione (Cass. 62/1981).
La Corte di Cassazione, emblematicamente, afferma che anche il coniuge assegnatario della casa familiare, ai sensi dell’art. 155 cc, subentrato per effetto del provvedimento di assegnazione della stessa posizione giuridica del coniuge separato, precedentemente comodatario dell’appartamento, è tenuto a subire, ai sensi dell’art. 1810 cc, gli effetti del recesso del comodante, non essendo opponibile ai terzi il provvedimento di assegnazione, attributivo non di un diritto atipico di godimento (Cass. 929/1995).
Il Supremo Collegio, con la sentenza n. 15986/2010, chiarisce che il comodato precario è caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti è rimessa in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla ad nutum con la semplice richiesta di restituzione del bene, senza che assuma rilievo la circostanza che l’immobile sia stato adibito a casa familiare e sia stato assegnato, in sede di separazione tra i coniugi, all’affidatario dei figli.
Nel caso concreto, dunque, il Tribunale di Nocera Inferiore stabilisce che la domanda di rilascio dell’immobile deve essere accolta e che la detenzione dello stesso deve essere qualificata priva di un titolo giustificativo a far data dal 24 febbraio 2010 (data di scadenza di quindici giorni per il rilascio fissato nella raccomandata a/r ricevuta il 9 febbraio 2010).
Secondo l’autorevole ed illuminante pronuncia del Tribunale di Nocera Inferiore anche la domanda di risarcimento del danno per occupazione senza titolo deve essere accolta.
In proposito, si evidenzia che “in caso di occupazione abusiva di un cespite immobiliare altrui, il danno subito dal proprietario è in re ipsa, discendendo dalla perdita della disponibilità del bene e dall’impossibilità di conseguire l’utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso” (Cass. 19004/2004; Cass. 13630/2001; Cass. 7692/2001; Cass. 1373/1999; Cass. 1123/1998).
Quanto alla liquidazione delle somme richieste a titolo di indennità per l’occupazione sine titulo, ancora, si puntualizza che “La determinazione del risarcimento del danno ben può essere, in tal caso, operata dal giudice sulla base di elementi presuntivi semplici, con riferimento al cosiddetto danno figurativo e, quindi, con riguardo al valore locativo del cespite usurpato” (Cass. 13630/2001; Cass. 10498/2006).
Nel caso di specie, invero, mancando riferimenti precisi da cui desumere il valore locativo, per liquidare il danno subito dall’attrice per effetto dell’occupazione illecita, l’On.le Giudicante fa ricorso al criterio equitativo di cui all’art. 1226 cc.
Sulla scorta di tante e tali argomentazioni, il Tribunale di Nocera Inferiore, con la sentenza in argomento, così provvede: “1. […]; 2. dichiara cessato per scadenza del termine, a far data dalla 24.02.2010, il contratto di comodato stipulato nell’anno 1994 tra C.A. e I.F.; 3. condanna i convenuti I.F. e D.A. al rilascio immediato in favore di C.A. dell’immobile sito in … alla via …; 4. condanna convenuti I.F. e D.A., in solido, al pagamento in favore dell’attrice C.A., per il risarcimento del danno da occupazione senza titolo dell’immobile predetto, di complessivi euro 18.200,00 all’attualità oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza (somma computata sulla base di euro 350,00 per mensilità a partire dal mese di marzo 2010 fino a mese di giugno 2014), nonché al pagamento della somma di euro 350,00 per ogni mese di occupazione illecita che dovesse protrarsi dalla data della presente sentenza fino all’effettivo rilascio; 5. condanna i convenuti in solido al pagamento delle spese processuali in favore dell’attrice, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.200,00 per compensi, oltre spese generali, cpa e iva, come per legge, da distrarsi in favore del difensore…”.