Ai sensi dell’art. 143 c.c., con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.
Qualora i coniugi si separino, l’art. 156 c.c. prevede a vantaggio del coniuge, cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall’altro coniuge privo di adeguati redditi quanto è necessario al suo mantenimento.
Il primo presupposto perché sorga l’obbligo di mantenimento consiste nella mancanza di addebito in capo al coniuge economicamente debole.
Il secondo requisito richiesto è rappresentato dall’inadeguatezza dei redditi propri al mantenimento dello stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Per accertare l’inadeguatezza dei redditi occorre tener conto oltre che dei redditi in senso stretto, cioè provenienti dallo svolgimento di un’attività lavorativa, anche di quelli prodotti dal patrimonio mobiliare ed immobiliare del coniuge che richiede l’assegno.
L’entità di tale assegno è stabilito in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato.
Nel fissare l’ammontare dell’assegno di mantenimento, inoltre, il giudice deve tener conto dell’assegnazione della casa familiare, il cui godimento è attribuito tenendo conto prioritariamente dell’interesse dei figli, ex art. 155 quater c.c..