In virtù dell’assenza di ogni sovranità territoriale, nell’alto mare, nessuno Stato può esercitare alcun atto di giurisdizione su navi straniere, che, pertanto, hanno completa immunità (sovereign immunity) dalla giurisdizione di qualunque altro Stato diverso da quello di bandiera (UNCLOS, artt. 95 e 96).
Tuttavia, il principio della sottoposizione della nave al potere esclusivo dello Stato di Bandiera subisce eccezioni.
La nave che, in acque internazionali, commette atti di violenza contro altre navi può essere catturata da qualsiasi Stato ed i membri dell’equipaggio possono essere sottoposti a misure repressive.
Si pensi, ad esempio, alla pirateria che è un crimine perseguibile in alto mare da parte delle navi di qualsiasi nazionalità.
Costituiscono “pirateria” gli atti di violenza, di detenzione o di depredazione compiuti in alto mare o in zone non soggette alla giurisdizione di alcuno Stato per fini privati dall’equipaggio di una nave ai danni di un’altra nave o contro persone e beni che si trovano a bordo (UNCLOS, artt. 101 e 102).
Gli atti di pirateria possono essere commessi da una nave da guerra o di Stato solo nel caso in cui l’equipaggio si sia ammutinato.
Le conseguenze di un atto di pirateria sono particolarmente gravi, tanto che i responsabili sono sottoposti alla giurisdizione nazionale universale: in alto mare, ogni Stato, tramite le sue navi militari o pubbliche, può catturare una nave pirata, arrestare i responsabili, e sequestrare i beni che si trovano a bordo.
Il diritto di cattura spetta a tutti gli Stati non al solo Stato di cui una nave vittima della pirateria batte la bandiera.
I Tribunali dello Stato, che ha operato la cattura, si pronunciano sulle pene da infliggere ai pirati e sulle misure da adottare per ciò che riguarda la nave e i beni.
Non si configura la pirateria se gli atti di violenza o depredazione vengono posti in essere da una nave ai danni di un’altra nave per finalità politiche, né quelli condotti da persone già presenti a bordo, come nella vicenda tristemente nota del dirottamento della nave da crociera Achille Lauro, catturata da terroristi palestinesi il 7 ottobre 1985. Nella fattispecie la pirateria non venne configurata sia a causa dei fini politici che avevano ispirato gli autori e sia per il fatto che questi erano già dall’inizio imbarcati come passeggeri, venendo così meno la condizione della duplicità delle navi o “il criterio delle due navi” (“nave pirata contro nave vittima”).
Proprio per colmare la lacuna legislativa evidenziata sopra e facilitare le misure restrittive contro i responsabili di atti che non possono essere definiti di pirateria venne approvata a Roma, il 10 marzo 1988, la Convenzione sulla repressione di atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima.
Le norme di tale trattato trovano applicazione in una vasta gamma di atti di violenza ed obbligano lo Stato nel cui territorio i responsabili si vengono a trovare di sottoporli a processo o di estradarli in altri Stati.
Costituisce ulteriore eccezione al principio della sottoposizione della nave all’esclusivo potere dello Stato di bandiera la regola relativa al cd. diritto di inseguimento (UNCLOS, art. 111).
Le navi da guerra o adibite a servizi pubblici appartenente allo Stato costiero possono inseguire una nave straniera che abbia violato le leggi di tale Stato, purché l’inseguimento abbia avuto inizio nelle acque interne o nel mare territoriale.
L’inseguimento deve essere continuo e sulla nave così catturata potranno essere esercitati quei poteri esercitabili nella zona in cui l’inseguimento ha avuto inizio.
L’inseguimento deve essere preceduto dall’intimazione di arrestarsi, visiva o sonora, e deve cessare quando la nave inseguita entra nel mare territoriale di uno Stato diverso dall’inseguitore, poiché altrimenti si avrebbe una violazione del diritto alla sovranità territoriale.