Ai sensi dell’art. 540, co 2, cc, al coniuge superstite è riservato il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, in aggiunta alla quota che gli è riconosciuta sul patrimonio del de cuius.
Il presupposto perchè sorgano a favore del coniuge superstite tali diritti è che la suddetta casa e il relativo arredamento siano di proprietà del de cuius o in comunione tra lui e il coniuge, con la conseguenza che deve negarsi la configurabilità dei descritti diritti nell’ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto e un terzo.
La ratio della norma è quella di evitare che gli altri eredi possano estromettere il coniuge sopravvivente dalla casa che era adibita a residenza familiare.
Per tale finalità, i diritti di abitazione e di uso dei mobili che l’arredano hanno ad oggetto la casa coniugale, ossia quella che in concreto era adibita a residenza familiare, e non quella ove i coniugi, prima del decesso di uno di essi, avrebbero voluto fissare la residenza della famiglia.
L’interpretazione della norma è stata oggetto di molti contrasti giurisprudenziali, tanto da richiedere l’intervento delle Sezioni Unite, che, con on sentenza 27 febbraio 2013, n. 4847, hanno stabilito che “il valore capitale di tali diritti deve essere stralciato dall’asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest’ultimo tra tutti i coeredi, secondo le norme sulla successione legittima, non tenendo conto dell’attribuzione dei suddetti diritti secondo un meccanismo assimilabile al prelegato”.
Le Sezione Unite hanno osservato che la riserva dei diritti contenuta nell’art. 540 c.c. opera anche quando il coniuge concorra con altri chiamati, ipotesi che ricorre sia nelle successione testamentaria che in quella legittima. Ne deriva, che il legislatore ha voluto attribuire i diritti in questione in entrambe le successioni. L’attribuzione dei diritti previsti dall’art. 540 c.c. ha una portata che va oltre l’ambito in cui sono previsti relativo alla tutela dei legittimari e ciò spiega il mancato richiamo ad essi ad opera degli dagli artt. 581 e 582 c.c.
Il Collegio ha risolto anche la questione relativa al criterio applicabile per calcolare il valore della quota del coniuge, stabilendo l’attribuzione dei diritti in questione al coniuge nella successione legittima in aggiunta a quelli spettanti secondo gli artt. 581 e 582 c.c.
Ne deriva, che tali diritti vengono attribuiti pienamente, mentre ai fini del calcolo occorrerà stralciare il loro valore capitale con modalità assimilabili al prelegato, per poi dare luogo alla divisione tra tutti i coeredi, secondo la successione legittima, della massa ereditaria dalla quale deve essere detratto il valore suddetto, restando compreso nell’asse il valore della nuda proprietà della casa familiare e dei mobili.
Giuseppe Matrone