L’individuazione dell’infortunio in itinere non è sempre agevole e spesso si presta a dubbi ed incertezze, a cui la dottrina e la giurisprudenza cercano di proporre le possibili soluzioni.
La Corte Costituzionale, in proposito, ha chiarito che una breve sosta nel tragitto compiuto dal lavoratore dalla propria abitazione al luogo di lavoro, che non alteri le condizioni di rischio per l’assicurato, non integra l’ipotesi dell’ “interruzione” ai fini dell’esclusione dell’indennizzabilità dell’infortunio in itinere.
Infatti, con l’ordinanza n. 1 dell’11 gennaio 2005, è stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, terzo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), aggiunto dall’art. 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata dal Tribunale di Trento, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 38, secondo comma, e 76 della Costituzione.
ORDINANZA N. 1 – ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), aggiunto dall’art. 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza del 29 aprile 2003 dal Tribunale di Trento nel procedimento civile vertente tra M. P. L. ed altri contro l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), iscritta al n. 673 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visto l’atto di costituzione dell’INAIL;
udito nell’udienza pubblica del 30 novembre 2004 il Giudice relatore Franco Bile;
udito l’avvocato Luigi La Peccerella per l’INAIL.
Ritenuto che il Tribunale di Trento – adito dai superstiti di un assicurato deceduto nel percorso dal luogo di lavoro a casa, interrotto solo per una breve sosta – ha dichiarato, con ordinanza del 29 aprile 2003, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, terzo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), aggiunto dall’art. 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui esclude dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gli infortuni in itinere in ogni caso di interruzione non necessitata del normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro e non solo quando l’interruzione determini l’insorgenza di una situazione di rischio diversa da quella occasionata dallo svolgimento delle mansioni lavorative, così da comportare il venir meno dell’<<occasione di lavoro>> prevista dall’art. 2, primo comma, del citato d.P.R. n. 1124 del 1965;
che, secondo il giudice rimettente, la disposizione censurata violerebbe l’art. 3, primo comma, della Costituzione (in ragione dell’ingiustificato trattamento differenziato tra lavoratori infortunati in tali circostanze rispetto agli altri assicurati rimasti vittime di infortuni parimenti accaduti in occasione di lavoro), l’art. 38, secondo comma, Cost. (per la mancata previsione, in favore di lavoratori infortunati pur sempre in presenza di un’occasione di lavoro, di mezzi adeguati alle loro esigenze di vita) e l’art. 76 Cost. (non avendo il legislatore delegato rispettato il principio ed il criterio direttivo fissato dall’art. 55, comma 1, lettera u), della legge 17 maggio 1999, n. 144, recante la delega al Governo per il riordino, tra l’altro, della normativa che disciplina l’INAIL, secondo cui la specifica disposizione per la tutela dell’infortunio in itinere doveva essere formulata recependo <<i principi giurisprudenziali consolidati in materia>>);
che – osserva il giudice rimettente – la giurisprudenza aveva escluso l’indennizzabilità dell’infortunio solamente quando l’interruzione elettiva del percorso casa-lavoro (e viceversa) avesse avuto caratteri tali da determinare una situazione di rischio diversa da quella occasionata dallo svolgimento delle mansioni lavorative, mentre al contrario l’art. 2, terzo comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965 escluderebbe dalla tutela assicurativa gli infortuni in itinere in ogni caso di interruzione non necessitata del normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro;
che, nella specie, la questione è rilevante atteso che l’assicurato si era fermato per non più di cinque minuti presso un esercizio di ristoro situato sul tragitto lavoro-casa senza deviazione alcuna e, ripreso il percorso verso la propria abitazione con la propria autovettura, era uscito di strada, rimanendo vittima di un incidente mortale;
che si è costituito l’INAIL chiedendo dichiararsi l’inammissibilità o la manifesta infondatezza della sollevata questione di costituzionalità.
Considerato che il terzo comma dell’art. 2 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, quale introdotto dall’art. 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, in forza della delega di cui all’art. 55, comma 1, lettera u), della legge 17 maggio 1999, n. 144, nel definire i presupposti della fattispecie dell’infortunio in itinere, che costituisce <<un prolungamento dell’assicurazione cui il lavoratore sia soggetto in ragione della natura o delle modalità delle mansioni dedotte nel contratto>> (sentenza n. 429 del 1990), esclude dalla tutela assicurativa, quale eccezionale ipotesi di deroga al canone generale dell’indennizzabilità, il caso di interruzioni o deviazioni a condizione che esse non siano affatto dipendenti dal lavoro o che, comunque, non siano necessitate;
che, prima ancora di verificare la sussistenza di questa condizione negativa perché l’infortunio non sia indennizzabile, occorre che la soluzione di continuità nel tragitto compiuto dal lavoratore dalla propria abitazione al luogo di lavoro, e viceversa, abbia la connotazione e la consistenza di una vera e propria “interruzione”, per definire la quale occorre tener conto della giurisprudenza ordinaria, tanto più che il legislatore delegato (art. 55, comma 1, lettera u), della legge n. 144 del 1999, cit.) ha posto, come specifico criterio direttivo per disciplinare l’infortunio in itinere, proprio il recepimento dei princìpi giurisprudenziali consolidati in materia;
che l’esigenza del rispetto di tale criterio di delega (art. 76 della Costituzione) richiede di interpretare la disposizione censurata, posta dal legislatore delegato, in modo che sia in armonia con la giurisprudenza in materia, secondo la quale una breve sosta, che non alteri le condizioni di rischio per l’assicurato, non integra l’ipotesi dell’“interruzione”;
che questo orientamento giurisprudenziale, ben presente al giudice rimettente, vale ad indirizzare verso l’interpretazione adeguatrice della disposizione censurata, come anche la difesa dell’Istituto non manca di rilevare, e non già, come ritiene il medesimo giudice, ad evidenziare un asserito, ma insussistente, scostamento dal criterio direttivo da parte della stessa disposizione ove letta – contraddittoriamente – in termini estensivi della fattispecie esclusa dall’indennizzabilità;
che l’interpretazione stretta dell’ipotesi dell'”interruzione” è suggerita anche dalla tendenziale generalità della regola dell’indennizzabilità dell’infortunio in occasione di lavoro, onde la prevista deroga ad essa non può che essere intesa restrittivamente;
che infatti questa Corte (sentenza n. 171 del 2002) ha in particolare affermato che <<presupposto esclusivo per la configurabilità dell’obbligo assicurativo è l’esposizione al rischio>>, evidenziando <<la tendenziale estensione della garanzia a tutti i soggetti che, per ragioni di lavoro intese in senso ampio, siano esposti ad un rischio obiettivamente riferibile alle lavorazioni protette>>;
che quindi il giudice rimettente – affermando invece un’assoluta equiparazione tra breve sosta e interruzione – muove da un erroneo presupposto interpretativo;
che pertanto la questione è manifestamente infondata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, terzo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), aggiunto dall’art. 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 38, secondo comma, e 76 della Costituzione, dal Tribunale di Trento con l’ordinanza indicata in epigrafe.