Il lavoro a chiamata o intermittente è un contratto mediante il quale un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro, che può utilizzare la prestazione lavorativa quando ne ha effettivo bisogno.
Questo tipo di contratto può essere instaurato sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
Si differenzia dal contratto di somministrazione perché è un contratto stipulato direttamente tra datore di lavoro e lavoratore.Dal punto di vista soggettivo, ed indipendentemente dal tipo di attività da svolgere, si possono stipulare contratti di lavoro intermittente con:
1. giovani disoccupati con meno di 25 anni;
2. lavoratori con più di 45 anni “espulsi” dal ciclo produttivo (licenziati o iscritti in lista di mobilità e presso i Centri per l’impiego come disoccupati);
3. tutti gli altri lavoratori, non rientranti nelle categorie di cui sopra, possono stipulare contratti intermittenti unicamente per lo svolgimento di prestazioni che devono avere carattere discontinuo e che dovranno essere individuate dai contratti collettivi di lavoro o, in assenza, dal Ministero del Lavoro con apposito decreto ministeriale.
Il contratto intermittente è, in ogni caso, vietato per la sostituzione di lavoratori in sciopero, in aziende che hanno sospeso o licenziato lavoratori con le stesse mansioni o che non hanno effettuato la valutazione dei rischi.
Il contratto deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere:
1. la durata e le ipotesi che lo rendono legittimo;
2. il luogo, la modalità di disponibilità ed il preavviso di chiamata (non inferiore ad un giorno);
3. il trattamento economico e normativo spettante per la prestazione e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
4. i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità;
5. le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie.
L’indennità di disponibilità spetta unicamente se il lavoratore garantisce al datore la disponibilità a rispondere alle chiamate; l’ammontare è stabilito dal contratto collettivo nazionale ed in ogni caso non può essere inferiore ad un minimo stabilito con decreto ministeriale.
In caso di rifiuto a rispondere alla chiamata il lavoratore perde il diritto all’indennità e deve pagare i danni. In caso di malattia o altro impedimento non matura il diritto all’indennità di disponibilità.