L’art. 137 del codice delle assicurazioni, rubricato “Danno patrimoniale” introduce i criteri per la quantificazione e la determinazione del danno patrimoniale, modificando lievemente la portata dell’art. 4 della Legge 26 febbraio 1977, n. 39.
Dunque, si stabilisce che in caso di danno alla persona, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l’incidenza dell’inabilità temporanea o dell’inabilità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, sia per il lavoratore autonomo che per quello dipendente sulla base del reddito che risulta il più elevato tra quelli dell’ultimo triennio.
Tuttavia, poiché non sempre le dichiarazioni dei redditi sono effettivamente fedeli, per evitare un’eccessiva penalizzazione per le aspettative del danneggiato, il secondo comma della norma in esame prevede la possibilità della prova contraria. Allo stesso tempo, la norma sancisce che alla sproporzione superiore ad un quinto rispetto al reddito dichiarato segue la segnalazione all’Agenzia delle Entrate.
“La dottrina più attenta ha però sottolineato come la norma appaia in parte superflua ed in parte addirittura premiale per l’evasore fiscale, in quanto l’art. 36 del D.P.R. n. 600 del 1973 già prevede che tutti i pubblici ufficiali debbano presentare una denunzia all’autorità tributaria per ogni caso di sospetta evasione, e ciò a prescindere da qualsiasi limite quantitativo” (M. Criscuolo, La R.C. Auto dopo la riforma delle assicurazioni, Edizioni. Giuridiche Simone, Napoli, 2006, p. 59).
L’ultimo comma dell’art. 137 stabilisce che “in tutti gli altri casi il reddito che occorre considerare i fini del risarcimento non può essere inferiore a tre volte l’ammontare annuo della pensione sociale”. La previsione fa riferimento ai soggetti privi di reddito di lavoro, come il disoccupato, l’inoccupato, lo studente.
Infine, gli art. 138 e 139 del codice delle assicurazioni disciplinano il risarcimento del danno biologico per lesioni, rispettivamente, di non lieve entità e di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.
In primo luogo, il legislatore definisce il danno biologico come la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito.
In secondo luogo, per semplificare ed uniformare il risarcimento delle lesioni personali la legge auspica l’approvazione di una tabella unica su tutto il territorio nazionale, recante i criteri per la quantificazione del danno biologico.
Secondo le disposizioni in esame, siffatta tabella deve essere approvata con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro delle attività produttive, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della giustizia.