Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 4789/2007, dichiara ammissibile anche dopo la scadenza del termine di venti giorni stabilito dall’art. 23, comma 4, della l. 1034/1971, la produzione in giudizio di documenti da parte della Pubblica Amministrazione, purché si tratti di documenti direttamente connessi con l’oggetto della domanda.
Emiliana Matrone
Consiglio di Stato, sezione V, 11 settembre 2007, n. 4789
Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 11 settembre 2007, n. 4789
FATTO
1. La sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Sig. Roberto C., attuale appellante, contro il silenzio maturato sulle richieste di cui all’atto stragiudiziale in data 24 febbraio 1995, nonché contro la nota n. 9695, a firma del dirigente della gestione giuridica del personale del comune di Napoli.
2. L’appellante contesta la decisione del tribunale, riproponendo le censure articolate in primo grado.
3. Il comune resiste al gravame.
DIRITTO
1. L’appellante, ricorrente in primo grado, espone di essere impiegato di ruolo del comune di Napoli, con la qualifica di sottoufficiale dei Vigili Urbani, in seguito al trasferimento dal comune di Torino.
2. Con atto del 3 febbraio 1995, nonché con successiva diffida stragiudiziale ai sensi dell’articolo 25 del testo unico n. 3/1957, l’interessato chiese all’amministrazione il riconoscimento dell’anzianità di servizio nel grado di vigile urbano a far tempo dal 31 gennaio 1978 e nel grado di sottufficiale a far tempo dal 28 febbraio 1979.
3. Con il ricorso di primo grado, l’appellante ha censurato il silenzio sulla diffida e altri atti adottati dall’amministrazione. Ha chiesto, inoltre, l’accertamento dell’anzianità di servizio e del diritto alle correlate differenze retributive.
4. Nelle more del giudizio di primo grado, la giunta municipale di Napoli ha annullato i provvedimenti riguardanti il trasferimento dell’interessato dal comune di Torino al comune di Napoli.
5. Con sentenza n. 3555/1997, il Tar per la Campania, Sezione Quinta, ha annullato il provvedimento di autotutela, dichiarando efficace e pienamente operativo il trasferimento dell’interessato al comune di Napoli e ritenendo inammissibile la domanda relativa al riconoscimento della pregressa anzianità di servizio.
6. Con la sentenza appellata, il tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto l’interessato non ha impugnato tempestivamente il provvedimento n. 7 del 15 maggio 1998, del dirigente del Servizio Organizzazione e relazioni sindacali del Comune di Napoli, che, in esecuzione della sentenza n. 3555/1997, aveva disposto il reinquadramento dell’appellante nella qualifica di “Sottufficiale dei Vigili Urbani”, VI livello retributivo, con decorrenza dal 1° luglio 1988.
7. Con un primo mezzo di gravame, l’appellante lamenta che la pronuncia di primo grado si sia basata su un documento prodotto dall’amministrazione comunale all’udienza di discussione, nonostante l’opposizione della difesa del ricorrente.
8. Pertanto, a suo dire, il documento dovrebbe essere “stralciato” dagli atti da esaminare e non avrebbe potuto costituire il presupposto centrale della decisione di inammissibilità.
9. Il motivo è infondato.
10. L’articolo 23, comma quarto, della legge n. 1034/1971 prevede che le parti possano produrre documenti fino a venti giorni liberi anteriori al giorno fissato per l’udienza e presentare memorie fino a dieci giorni.
11. L’orientamento prevalente sostiene che entrambi i termini svolgono la duplice funzione di garantire la pienezza del contraddittorio e l’ordinato svolgimento del giudizio.
12. La norma, tuttavia, non qualifica espressamente i termini come perentori, né afferma che essi siano stabiliti a pena di decadenza, affidando all’interprete il compito di definire le conseguenze derivanti dalla loro inosservanza. Pertanto, applicando il principio espresso dall’articolo 152 del codice di procedura civile, secondo il quale “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”, la giurisprudenza ha seguito un indirizzo interpretativo articolato e complesso, volto ad individuare le conseguenze del mancato rispetto degli indicati termini. In tale prospettiva si è distinto tra termini per le memorie e termini per le produzioni documentali. Inoltre, si è talvolta posta l’attenzione sulla rilevanza del documento in relazione all’oggetto del giudizio e alla circostanza che esso sia effettivamente collegato con gli atti del procedimento sostanziale all’origine della specifica controversia.
13. Con particolare riguardo ai documenti prodotti dall’amministrazione, purché direttamente connessi con l’oggetto della domanda, si è correttamente osservato che non avrebbe alcun senso precluderne l’esibizione dopo lo spirare del termine previsto dall’articolo 23 (o anche il giorno stesso dell’udienza), dal momento che il deposito di tali documenti costituisce addirittura un obbligo (e non un mero potere difensivo) gravante sul soggetto pubblico, indipendentemente dalla circostanza che esso si sia costituito in giudizio per resistere alla domanda.
14. Il dovere di produzione documentale, che, oltretutto, potrebbe essere sollecitato d’ufficio dal giudice, resta intatto anche nei casi in cui gli atti esibiti possano risultare oggettivamente favorevoli all’amministrazione stessa.
15. Si deve sottolineare, poi, che l’amministrazione potrebbe comunque produrre il documento anche in grado di appello, non operando la limitazione di cui all’articolo 345 del codice di procedura civile nel giudizio amministrativo. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, infatti, tale previsione non si applica, in generale nel giudizio di legittimità, e nell’ambito della giurisdizione esclusiva il divieto di nuove prove in appello non riguarda le prove documentali precostituite.
16. È appena il caso di osservare, poi, che il potere istruttorio di ufficio potrebbe essere esercitato anche in grado di appello. Pertanto, l’appellante non avrebbe alcun concreto interesse a dedurre l’irritualità della produzione documentale effettuata in primo grado, perché tale atto potrebbe comunque essere acquisito dal giudice, anche in mancanza di apposita istanza, se ritenuto rilevante ai fini della decisione.
17. Quindi, a fronte della produzione documentale effettuata dall’amministrazione, sia pure dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 23, la mera opposizione del ricorrente, ancorché esplicitata, non assume alcun valore preclusivo, spettando al giudice il compito di verificare l’utilità del documento ai fini istruttori.
18. In tali circostanze si pone, semmai, solo il diverso problema dell’opportuno coordinamento con il principio di rispetto del contraddittorio e con la necessità di assicurare un congruo spazio temporale di difesa del soggetto interessato.
19. Ma questa esigenza deve essere valutata in concreto e non in astratto, tenendo conto di una pluralità di circostanze, quali la maggiore o minore complessità del materiale istruttorio esibito dall’amministrazione, la dimostrazione (o la probabilità) che il documento sia conosciuto dall’interessato, l’univocità degli effetti (sostanziali o processuali) derivanti dall’atto in questione.
20. In tale prospettiva, allora, il giudice, nell’esercizio dei propri poteri di governo del processo conserva la facoltà di decidere quando sia preferibile (o necessario) stabilire un breve differimento dell’udienza di discussione, per consentire a tutte le parti di valutare il documento e sviluppare le rispettive difese.
21. Tale potere diventa un vero e proprio obbligo quando la parte interessata chieda espressamente un termine a difesa per la proposizione di motivi aggiunti o per assumere altre iniziative processuali che trovano la loro base giustificativa esclusiva nel nuovo documento.
22. In tali eventualità, allora, spetta alla parte interessata l’onere di rappresentare le ragioni che possono giustificare non già lo stralcio del documento ma, piuttosto, il differimento dell’udienza.
23. In mancanza di tale richiesta, la scelta del tribunale di acquisire il documento e trattenere la causa per la decisione risulta, quindi, pienamente legittima.
24. Del resto, il motivo di gravame proposto si incentra tutto sulla mera irritualità dell’acquisizione del documento, senza proporre alcuna censura diretta a lamentare la mancata concessione dei termini a difesa.
25. Con un secondo mezzo, l’appellante afferma che la sentenza impugnata avrebbe anche errato nell’interpretazione dell’effettiva portata della determina dirigenziale n. 7/1998.
26. Anche tale motivo è privo di pregio.
27. È indiscutibile che il provvedimento dirigenziale, nel dare esecuzione alla sentenza n. 3555/1997, abbia definito anche la decorrenza dell’anzianità di servizio dell’interessato e abbia stabilito, di conseguenza, il trattamento economico spettante.
28. Questa determinazione, seppure originata dalla pronuncia del tribunale, di annullamento del precedente provvedimento di autotutela, ha stabilito in modo puntuale l’inquadramento dell’interessato, superando il precedente silenzio e le correlate determinazioni interne e meramente interlocutorie.
29. Ogni contestazione dell’inquadramento disposto, in relazione al calcolo dell’anzianità maturata alle dipendenze del comune di Torino sarebbe dovuta essere proposta mediante il tempestivo ricorso contro l’atto di inquadramento, che è ormai diventato inoppugnabile.
30. È vero, infatti, che la nuova determinazione dirigenziale non valuta espressamente la precedente istanza diretta al calcolo esatto dell’anzianità maturata. Tuttavia, l’atto di inquadramento, per la sua natura autoritativa, assume portata immediatamente lesiva delle posizioni del dipendente, anche in relazione alle pretese omissioni o inesattezze in cui sia incorsa l’amministrazione durante l’effettuazione delle operazioni di ricostruzione della carriera o di calcolo dell’anzianità di servizio.
31. In definitiva, quindi, l’appello deve essere rigettato.
32. Le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello, compensando le spese;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.