E’ quanto ha stabilito la terza sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 38952/2007, respingendo il ricorso di un dentista di Monza condannato per aver commesso abusi sessuali ai danni di una quattordicenne, costretta a subire “sfioramenti ambigui e a toccargli i genitali”.
L’imputato veniva condannato, sia in primo grado che in appello, ad un anno e sei mesi, nonché al risarcimento del danno, non solo in favore della vittima ma anche dei genitori
Ricorrendo in Cassazione, tra i motivi di ricorso, il professionista contestava, in particolare, l’accoglibilità della domanda di risarcimento avanzata dai genitori.
La Corte, sul punto, si è mostrata di contrario avviso affermando che “l’abuso sessuale patito da un minore crea indubbiamente danno anche ai suoi genitori” i quali, pertanto hanno un diritto automatico (senza bisogno di motivazione da parte del giudice) e iure proprio al risarcimento, in virtù del rapporto affettivo che li lega alla vittima. Il danno risarcibile sarà non solo quello patrimoniale, per le spese occorrende per “terapie psicologiche a favore della vittima”, ma anche quello “di natura non patrimoniale per le apprensioni e i dolori causati dalla violenza”.
Quest’ultimo andrà liquidato equitativamente dal giudice non potendo essere provato nel suo preciso ammontare a differenza di quello patrimoniale. L’attenzione viene posta, dunque, sulla famiglia e sul riconoscimento dei suoi diritti “inteso non già come estrinsecazione della persona nell’ambito esclusivo di quel nucleo, ma nel più ampio senso di modalità di realizzazione della vita stessa dell’individuo alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto personale ispira, generando così non solo doveri reciproci, ma dando luogo anche a gratificazioni e reciproci diritti”
L. Massimo