La Corte Costituzionale, con la Decisione 174 del 07/06/2011, dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare, come modificata per effetto dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum del 1°-3 giugno 2011, per l’abrogazione dei commi 1 ed 8 dell’art. 5 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 (Disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75.
Emiliana Matrone
SENTENZA N. 174
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio sull’ammissibilità, ai sensi dell’art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l’abrogazione dei commi 1 e 8 dell’art. 5 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 (Disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, giudizio iscritto al n. 155 del registro referendum.
Vista l’ordinanza del 1°-3 giugno 2011 con la quale l’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte Suprema di cassazione ha riformulato il quesito relativo alla richiesta di abrogazione referendaria di alcune norme in materia di nuove centrali per la produzione di energia nucleare, già dichiarata ammissibile con la sentenza n. 28 del 2011.
Udito nella camera di consiglio del 7 giugno 2011 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi l’avvocato Alessandro Pace per Di Pietro Antonio, De Filio Gianluca, Maruccio Vincenzo e Parenti Benedetta, l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Gianluigi Pellegrino per il Partito Democratico, per i Gruppi parlamentari del Partito Democratico presso il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati e per il Movimento Difesa del Cittadino e Stefano Crisci per Fare Ambiente – Movimento ecologista europeo onlus.
Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza n. 28 del 2011 questa Corte ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione di una molteplicità di disposizioni, e di frammenti di disposizioni, che disciplinavano la costruzione e l’esercizio di nuove centrali nucleari, per la produzione di energia elettrica, contenute: nel decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133; nella legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia); nel decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo); nel decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99); richiesta dichiarata legittima, previa modifica, con ordinanza del 6-7 dicembre 2010 dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.
2. – Successivamente al predetto giudizio di ammissibilità, il decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 (Disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della Regione Abruzzo) convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, all’art. 5 ha disposto che «al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare» (comma 1); che «entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo, l’incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e la partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell’energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali. Nella definizione della Strategia, il Consiglio dei ministri tiene conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione europea e a livello internazionale sulla sicurezza delle tecnologie disponibili, degli obiettivi fissati a livello di Unione europea e a livello internazionale in materia di cambiamenti climatici, delle indicazioni dell’Unione europea e degli organismi internazionali in materia di scenari energetici e ambientali» (comma 8).
L’incidenza della nuova normativa sul procedimento referendario è stata esaminata dall’Ufficio centrale per il referendum, il quale, con ordinanza del 1°-3 giugno 2011, ha trasferito la richiesta di abrogazione referendaria delle disposizioni già individuate come «Norme in materia di nuove centrali per la produzione di energia elettrica nucleare» sulle disposizioni di cui al riportato articolo 5, commi 1 e 8, del d.l. n. 34 del 2011.
3. – Ad avviso dell’Ufficio centrale il suindicato intervento, «in contraddizione manifesta con le dichiarate abrogazioni, dà luogo ad una politica flessibile dell’energia, che include e non esclude anche nei tempi più prossimi, la produzione di energia a mezzo di centrali nucleari e vanifica nell’attuale e in modo totale il fine abrogativo della proposta referendaria»; di qui la riformulazione del quesito nei seguenti termini «Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del d.l. 31/3/2011 n. 34 convertito con modificazioni dalla legge 26/5/2011 n. 75 ?”, con il seguente titolo “Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare”».
4. – Ricevuta la comunicazione dell’ordinanza dell’Ufficio centrale, il Presidente di questa Corte ha fissato il giorno 7 giugno 2011 per la conseguente decisione in ordine all’ammissibilità della richiesta, così come modificata, dandone regolare comunicazione.
5. – Nell’imminenza della camera di consiglio hanno depositato memorie il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il Movimento Fare Ambiente – Movimento ecologista europeo, in persona del Presidente e del legale rappresentante, che hanno chiesto che sia dichiarata inammissibile la richiesta di referendum in esame. Hanno, altresì, depositato memorie i presentatori, il Partito Democratico, in persona del tesoriere nazionale, nonché i gruppi parlamentari del Partito Democratico presso il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati, in persona dei capigruppo, il Movimento Difesa del Cittadino, in persona del suo Presidente nazionale e legale rappresentante, il WWF Italia, tutti chiedendo di dichiarare ammissibile il referendum.
6. – Nella camera di consiglio del 7 giugno 2011 sono intervenuti l’avvocato Alessandro Pace per Di Pietro Antonio, De Filio Gianluca, Maruccio Vincenzo e Parenti Benedetta, l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Gianluigi Pellegrino per il Partito Democratico, per i Gruppi parlamentari del Partito Democratico presso il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati e per il Movimento Difesa del Cittadino e Stefano Crisci per Fare Ambiente – Movimento ecologista europeo onlus.
Considerato in diritto
1. – Il presente giudizio ha ad oggetto l’ammissibilità della richiesta di referendum abrogativo, così come modificata dalla Corte Suprema di cassazione, Ufficio centrale per il referendum, con ordinanza del 1°-3 giugno 2011, la quale ha disposto «il trasferimento della richiesta di abrogazione referendaria circa le disposizioni già individuate come “Norme in materia di nuove centrali per la produzione di energia elettrica nucleare” sulle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 1 e 8, d.l. 31/3/2011 n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011 n. 75».
Le norme oggetto del quesito referendario dichiarato ammissibile da questa Corte con la sentenza n. 28 del 2011 sono state, infatti, modificate da tale intervento legislativo.
L’art. 5 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 (Disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, benché abbia disposto l’abrogazione di tutte le disposizioni oggetto della originaria richiesta referendaria (commi 2-6), ha previsto, tra l’altro, che «al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche […] non si proced[a] alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare» (comma 1), disponendo che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, emanato all’esito del procedimento stabilito da detta norma, deve essere fissata «la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia», tenendo «conto delle valutazioni» pure indicate dalla norma (comma 8).
L’Ufficio centrale per il referendum ha trasferito la richiesta referendaria sui commi 1 ed 8 del richiamato art. 5, ritenendoli «non suscettibili di produrre l’impedimento del corso delle operazioni referendarie», poiché recano una disciplina che fa «salva, nell’immediato e contro la volontà referendaria, una scelta attuale nuclearista definendo anche le articolazioni e gli strumenti attraverso i quali essa è, e resta, immediatamente operativa».
2. – In via preliminare, ed al fine di identificare l’ambito del giudizio riservato a questa Corte, va premesso che, secondo la sentenza n. 68 del 1978, qualora nel corso del procedimento referendario la disciplina oggetto del quesito sia modificata, all’Ufficio centrale per il referendum spetta accertare se l’intenzione del legislatore sia diversa rispetto alla regolamentazione precedente della materia. Qualora, infatti, tale intenzione rimanga «fondamentalmente identica, malgrado le innovazioni formali o di dettaglio che siano state apportate dalle Camere, la corrispondente richiesta non può essere bloccata, perché diversamente la sovranità del popolo (attivata da quella iniziativa) verrebbe ridotta a mera apparenza». In siffatta ipotesi, spetta, quindi, all’Ufficio centrale per il referendum verificare se, nonostante gli effetti abrogativi della nuova disciplina, la consultazione popolare debba «svolgersi pur sempre», trasferendo od estendendo la richiesta alla legislazione successiva, al fine di evitare che sia violato l’art. 75 della Costituzione (sentenza n. 68 del 1978).
La giurisprudenza costituzionale ha, altresì, precisato che, in riferimento al quesito riformulato dall’Ufficio centrale per il referendum, compete, invece, a questa Corte verificare che non sussistano eventuali ulteriori ragioni d’inammissibilità rispetto all’art. 75 Cost. ed ai parametri desumibili dall’interpretazione logico-sistematica della Costituzione (sentenze n. 70 del 1978, n. 48 del 1981, n. 137 del 1993).
3. – Così delimitato l’ambito del presente giudizio, il quesito referendario, nella formulazione risultante dal trasferimento operato dall’Ufficio centrale, rispetta i limiti espressamente indicati dall’art. 75 della Costituzione o comunque desumibili dall’ordinamento costituzionale.
3.1. – In particolare, va anzitutto ribadito il giudizio di ammissibilità espresso con la sentenza n. 28 del 2011, tenuto conto dell’identità della materia oggetto della disciplina originaria e di quella modificata. Anche l’attuale quesito, infatti, «non viola […] i limiti stabiliti dall’art. 75, secondo comma, Cost. e quelli desumibili dall’interpretazione logico-sistematica della Costituzione», poiché le disposizioni legislative delle quali si chiede l’abrogazione, «non rientrano fra quelle per le quali detta norma esclude il ricorso all’istituto referendario. In particolare, essa non si pone in contrasto con obblighi internazionali e, segnatamente, con il Trattato istitutivo della Comunità europea dell’energia atomica (EURATOM), firmato a Roma il 25 marzo 1957, ratificato in base alla legge 14 ottobre 1957, n. 1203».
Inoltre, il quesito è connotato da una matrice razionalmente unitaria e possiede i necessari requisiti di chiarezza, omogeneità ed univocità.
Le disposizioni di cui si propone l’abrogazione (commi 1 ed 8 del citato art. 5) risultano, infatti, a seguito della riformulazione del quesito da parte dell’Ufficio centrale, unite da una medesima finalità: quella di essere strumentali a consentire, sia pure all’esito di «ulteriori evidenze scientifiche» sui profili relativi alla sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore, di adottare una strategia energetica nazionale che non escluda espressamente l’utilizzazione di energia nucleare, ciò in contraddizione con l’intento perseguito dall’originaria richiesta referendaria, in particolare attraverso l’abrogazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 31 del 2010.
Dunque, anche il quesito in esame mira a realizzare un effetto di mera ablazione della nuova disciplina, in vista del chiaro ed univoco risultato normativo di non consentire l’inclusione dell’energia nucleare fra le forme di produzione energetica, fermo restando, ovviamente, che spetta al legislatore e al Governo, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, di fissare le modalità di adozione della strategia energetica nazionale, nel rispetto dell’esito della consultazione referendaria.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare, come modificata per effetto dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum del 1°-3 giugno 2011, per l’abrogazione dei commi 1 ed 8 dell’art. 5 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 (Disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2011.