Il divieto della capitalizzazione degli interessi si radicò nella legislazione canonica non conoscendo, almeno formalmente, alcuna riforma fino al Codice napoleonico del 1804, che consentì l’anatocismo solo in seguito alla maturazione di una annualità di interessi (ripetendo dunque l’anatocismus anniversarius) e alla proposizione di domanda giudiziale al riguardo o alla stipula di una specifica convenzione posteriore.
La regola, attraverso una legge del 1857, giunse al nostro codice civile del 1865 che stabilì che gli interessi scaduti e dovuti almeno per un anno potessero produrre altri interessi al tasso legale in forza di domanda giudiziale oppure nella misura pattizia in forza di convenzione posteriore alla scadenza degli interessi stessi.
Il Codice Civile del 1942, nell’articolo 1283, ha stabilito che in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti e dovuti per almeno sei mesi possono produrre altri interessi, ma solo dalla proposizione della domanda giudiziale od anche per effetto di convenzione posteriore alla scadenza .
La stessa norma prevede però la possibilità di deroga alle predette norme facendo salvi gli “usi contrari”. Così hanno ottenuto un riconoscimento di legittimità le “norme bancarie uniformi”, predisposte dall’ABI. nel 1952 e comprendendo la regolamentazione dell’anatocismo a favore della banca in difformità della disciplina legale in maniera notevolmente vantaggiosa per l’istituto di credito e con conseguenze spesso rovinose per il cliente.
Ma, con le sentenze del marzo 1999 la Corte di cassazione ha sancito la nullità delle clausole contenute nei contratti bancari.
A brevissima distanza temporale da dette sentenze, il Tribunale di Roma ha sostenuto, viceversa, la legittimità della capitalizzazione trimestale degli interessi .
Con decreto legislativo delegato del 23 luglio 1999, modificativo dell’articolo 120 del T.U.B. (Testo unico bancario) , è stata ammessa la legittimità della pattuizione degli interessi anatocistici in deroga all’articolo 1283 c.c. sulla base della parificazione della posizione della banca con quella dei clienti.
Infine, è intervenuta la sentenza n. 425 del 17 ottobre 2000 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 25 del decreto 342/1999, con la conseguenza che le clausole anatocistiche dei contratti stipulati prima della delibera del CIRC. possono essere rimesse in discussione sia per quanto riguarda la loro validità che per la loro efficacia.