Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 14 novembre 2007 – 29 gennaio 2008, n. 1974
Svolgimento del processo
Con ricorso, ritualmente depositato, Maurizio S. esponeva:
– di essere stato dipendente delle Ferrovie dello Stato S.p.A. con inquadramento in Area V- VIII categoria, profilo professionale di “Segretario tecnico superiore di prima classe”;
– di avere svolto in via continuativa dal 9.11.1995 presso la Direzione Servizi Stazione di Genova mansioni di direttore dei lavori, occupandosi anche di collaudo tecnico amministrativo, esame pratiche, partecipazione a commissioni di gare come presidente;
– di essere stato trasferito a Torino dal dicembre 2001 con mansioni di incaricato della gestione esecutiva dei lavori e di essere stato assegnato ad incarichi di collaborazione ed assistenza nei confronti dell’ingegnere designato all’esecuzione dei lavori.
Ciò premesso chiedeva il riconoscimento del diritto ad essere inquadrato nella qualifica superiore di nona categoria dal novembre 1995, con condanna della società ferroviaria al pagamento delle conseguenti differenze retributive e al risarcimento del danno conseguente al demansionamento subito dal dicembre 2001.
La società convenuta nel costituirsi contestava le avverse deduzioni e chiedeva il rigetto delle domande.
All’esito il Tribunale di Torino con sentenza n. 11096 del 2004 accoglieva parzialmente la domanda dichiarando il diritto del ricorrente all’inquadramento nella nona categoria – profilo di Ispettore Capo Aggiunto – dal gennaio 2001, con condanna della società convenuta al pagamento delle conseguenti differenze retributive.
Tale decisione, appellata in via principale dalla Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (già Ferrovie dello Stato S.p.A.) ed in via incidentale dallo S. , veniva parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Torino con sentenza n. 2033 del 2005. che dichiarava il diritto dell’appellato all’inquadramento al nono livello – profilo Ispettore Capo Aggiunto – dal 7.2.1996 con condanna della società a corrispondere le differenze retributive dal 7.11.1995 da liquidarsi in separato giudizio e a risarcire il danno per dequalificazione dal 1.12.2001.
La Rete Ferroviaria Italiana ricorre per cassazione con due motivi.
Lo S. resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. In via preliminare va rilevata l’intempestività del controricorso, risultando quest’ultimo notificato in data 11 luglio 2006, ossia oltre il termine di venti giorni ex art. 370 c.p.c., decorrente dalla scadenza del termine di venti giorni dalla notifica del ricorso, avvenuta il 24 maggio 2006. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 2103 cod. civ., nonché vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, (art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.).
La società ferroviaria osserva che il giudice di appello ha adottato una decisione frutto di un indimostrato sillogismo, più che di un puntuale e preciso esame delle mansioni effettivamente svolte dallo S. .
La stessa ricorrente aggiunge che la sentenza impugnata appare viziata, per non avere il giudice di appello adeguatamente valutato e motivato, sia in ordine all’elemento distintivo fondamentale tra la categoria professionale ricoperta e quella rivendicata, sia in ordine al riconoscimento del diritto dell’interessato alla superiore qualifica dal 7.2.1996.
Le esposte censure sono prive di pregio e vanno disattese.
Secondo costante orientamento di questa Corte è devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta – tra le risultanze probatorie – di quelle ritenute idonee ad accertare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua motivazione del criterio adottato (ex plurimis Cass. n. 9834 del 1995; Cass. n. 10896 del 1998).
La Corte territoriale nel caso di specie ha fatto corretta applicazione del richiamato orientamento giurisprudenziale, dando conto delle dichiarazioni dei testi e valutando gli elementi documentali acquisiti con riguardo alle attività amministrative e contabili in concreto esercitate dallo S. , giungendo alla conclusione che gli incarichi a lui formalmente affidati erano caratterizzati da autonomia di iniziativa e decisione, dal che il riconoscimento dell’inquadramento nella nona categoria.
La Corte ha dato, poi, ragionevole spiegazione circa la data (7.2.1996) di inizio delle superiori mansioni di direttore dei lavori, in relazione al decorso di tre mesi ex art. 2103 cod. civ. dalla data (7.11.1995) in cui furono formalizzati gli ordini di servizio, aventi ad oggetto proprio la nomina a direttore dei lavori.
La ricorrente si è limitata in definitiva a sottoporre all’esame di questa Corte una valutazione delle circostanze di fatto e delle risultanze probatorie ed una interpretazione delle norme contrattuali contrastanti con quelle del giudice di appello, sorrette – come già detto – da congrua e logica motivazione, e come tali non censurabili in sede di legittimità.
2. Con il secondo motivo la ricorrente, nel lamentare violazione dell’art. 2697 cod. civ., rileva che la sentenza impugnata ha fatto malgoverno dei principi in materia di onere della prova, in quanto ha fatto discendere automaticamente da una presunta situazione di demansionamento la sussistenza del diritto al risarcimento del relativo danno.
Il motivo è fondato e merita di essere condiviso.
Il giudice di appello, nell’accogliere l’appello incidentale dello S. e conseguentemente nel riconoscere in suo favore il diritto al risarcimento dei danni a causa dello svolgimento di mansioni dequalificate, non ha esplicitato il suo convincimento circa la sussistenza ed entità del relativo danno da demansionamento, limitandosi ad osservare che l’ing. S. si era visto assegnare solo incarichi di coadiutore del direttore dei lavori, ossia un ruolo oggettivamente inferiore rispetto a quello di direttore dei lavori precedentemente ricoperto presso la sede di Genova.
In questo modo il giudice di appello ha eluso quelle esigenze probatorie, evidenziate da questa Corte (S.U. n. 6572 del 2006), che nel comporre il contrasto insorto in materia, ha chiarito che dall’inadempimento del datore di lavoro, che non può prescindere da una specifica allegazione nel ricorso introduttivo, non deriva automaticamente l’esistenza del danno, essendo necessario che si produca una lesione aggiuntiva ed autonoma rispetto alla perdita della retribuzione, con riflessi sulle aspettative di progressione professionale, sulle abitudini di vita del lavoratore e sulle relazioni da lui intrattenute. Tali profili di danno peraltro possono essere dimostrati con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento, ivi compresa la prova per presunzioni, la quale, con prudente apprezzamento del giudice dei precisi elementi dedotti, consente di risalire al fatto ignoto, con ricorso ex art. 115 c.p.c., a quelle nozioni generali derivanti dall’esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove.
3. In conclusione, disatteso il primo motivo del ricorso, va accolto il secondo e per l’effetto la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale dovrà valutare se nel corso del grado di merito siano state offerte prove anche presuntive del danno da demansionamento, allegato dal ricorrente, come precisato dal giudice di appello. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo, cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Genova.