Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, Sentenza del 28 maggio 2008 n. 21402
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE V PENALE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: 1) R. A.
avverso Sentenza del 23/02/2006 Corte Appello di Catanzaro;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso; udita in Pubblica Udienza la relazione fatta dal Consigliere Marasca Gennaro; Udito il Pubblico Ministero in persona del dottor Santi Consolo, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste;
La Corte di Cassazione
OSSERVA
R. A., condannato nei due gradi di merito – sentenze del Tribunale di Paola del 21 gennaio 2005 e della Corte di Appello di Catanzaro del 23 febbraio 2006 – per il delitto di cui all’articolo 483 c.p., per avere, fermato dalla Polizia mentre era a bordo della sua auto, dichiarato alla stessa di essere in possesso di patente di guida e di averla dimenticata a casa, dichiarazione riportata in un verbale, proponeva ricorso per cassazione e deduceva la violazione di legge non avendo il R. l’obbligo di dichiarare la verità.
Il motivo posto a sostegno del ricorso proposto dal R. è fondato. Il reato in questione è ravvisabile quando l’atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati (SS.UU. 17 febbraio 1999 – 31 marzo 1999, n. 6). E’ necessario, pertanto, che una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero. Ebbene nel caso di specie non vi era alcun obbligo del privato di dichiarare la verità perché il verbale redatto dalla Polizia, che conteneva anche le dichiarazioni del privato, non era destinato ad attestare la verità dei fatti dichiarati. E’ altresì necessario aggiungere che guidare una autovettura senza patente di guida costituisce un illecito sanzionabile e, quindi, in virtù del generale principio nemo tenetur se detegere il privato non può essere costretto ad accusarsi di una violazione di legge. E’ appena il caso di rilevare che la giurisprudenza della Suprema Corte ha escluso che il fatto in discussione, non rientrando nella previsione dell’articolo 483 c.p., potesse essere inquadrato nelle fattispecie incriminatici previste dagli articoli 495 e 496 c.p..
La Corte, infatti, in un caso pressoché identico a quello presente, ha stabilito che la falsa dichiarazione agli agenti di polizia giudiziaria del conducente di un autoveicolo di essere abilitato alla guida e di avere dimenticato a casa la patente, che, invece, gli era stata sospesa con provvedimento prefettizio, non integra il delitto di falsità personale previsto dall’articolo 496 c.p. (Cass. Pen., Sez. V, 19 novembre 1980 – 11 febbraio 1981, n. 852); ciò essenzialmente perché non costituisce qualità personale l’abilitazione alla guida di veicoli. Proprio per tale ragione le Sezioni Unite penali, con una decisione risalente, ma ancora attuale (SS.UU. 4 maggio 1968 – 26 luglio 1968 n. 1), in un caso assolutamente identico a quello in discussione, dopo avere ricordato che non costituisce qualità personale l’abilitazione alla guida di autoveicoli, ha chiarito che non integra il delitto di falsità personale (di cui all’articolo 495 c.p.) la falsa dichiarazione di aver lasciato a casa la patente di guida invece non conseguita. Per tutte le ragioni indicate la sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato. Così deliberato in Camera di Consiglio, in Roma, in data 5 febbraio 2008. DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 28 MAGGIO 2008