Cassazione – Sezione quarta pen. – sentenza – 4 giugno 2008, n. 22299
Fatto e Diritto
1. Il Giudice del Tribunale di Palmi, con provvedimento in data 21-6-2005, revocava l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato già disposta in favore dell’imputato Antonimi I. , perché, a seguito di accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza, era emerso altro reddito percepito dal padre dello I. pari ad euro 941,64 che comportava il superamento dei limiti di reddito previsti, per la concessione del beneficio, dagli artt. 76 e 92 D.P.R. 115/2002. Proposta opposizione ex art. 99 D.P.R. 115/2002, il Giudice delegato dal Presidente del Tribunale rigettava il ricorso, con ordinanza del 10-10-2005. Osservava che, ai sensi dell’art. 76, per la determinazione dei limiti di reddito occorreva fare riferimento al reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, tenendo conto anche dei redditi esenti o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva. Di conseguenza, diversamente da quanto sostenuto dall’interessato, non potevano computarsi, ai fini del calcolo in esame, le deduzioni spettanti ai sensi degli artt. 11 e 12 del TUIR.
Lo I. avanzava ricorso per cassazione. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione chiedeva il rigetto.
4. Il ricorso si palesa infondato, per cui va respinto.
Il rilievo esposto dal Giudice del merito appare corretto. Invero, nella determinazione del reddito, da valutarsi ai fini dell’individuazione delle condizioni necessarie per l’ammissione al gratuito patrocinio, non si può tener conto di detrazioni o deduzioni stabilite dal legislatore nel T.U., ed in particolare dell’art. 11 citato (introdotto dalla Legge 289/2002 ), che prevede la deduzione di euro 3.000 per garantire la progressività dell’imposta. Si tratta, appunto, di deduzioni introdotte ai fini della determinazione concreta dell’imposta da pagare, concetto questo che presenta una configurazione diversa rispetto al reddito imponibile cui fa riferimento l’art. 76 del D.P.R. in tema di spese di giustizia, che intende dare rilevanza anche a redditi non assoggettabili ad imposta ma indicativi delle condizioni personali, familiari e del tenore di vita dell’istante, (v. sul punto, la sentenza della Corte Costituzionale in data 17-3-1992 n°144).
5. La reiezione del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione IV° Sezione Penale rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.