Cassazione – Sezione prima – sentenza – 16 giugno 2008, n. 24414
Rileva
1. – Con sentenza, deliberata il 13 novembre 2007 e depositata il 19 dicembre 2007, la Corte militare di appello – Sezione distaccata di … OMISSIS …, per quanto in questa sede rileva, in riforma della sentenza di proscioglimento 18 aprile 2007 del Tribunale militare di … OMISSIS …, appellata dal Pubblico Ministero, ha condannato – ritenuto il concorso di circostanze attenuanti generiche, prevalenti sulla aggravante, ed elargiti i benefici di legge – alla pena della reclusione militare in mesi quattro l’appuntato del carabinieri B.R., dichiarato responsabile del delitto di insubordinazione, con minaccia e con ingiuria, aggravata e continuata, ai sensi degli articoli 81 del Codice Penale, 189 e 190, primo comma, n. 2 c.p.m.p., commessi in … OMISSIS … il 12 giugno 2004 in danno del luogotenente N.C., comandante dalla locale Stazione dell’Arma, presso la quale l’imputato prestava servizio.
Accertata la materialità della condotta, consistita nell’aver il B. proferito, nel costo di una discussione all’interno del comando di Stazione, le espressioni ingiuriose: bugiardo, infame e ladro all’indirizzo del superiore e nell’aver minacciato di rovesciare addosso al sottufficiale la scrivania, accompagnando le parole con l’atto di sollevare il mobile, il giudice di primo grado aveva motivato il proscioglimento sulla base della operata riqualificazione della condotta in termini di minaccia e ingiuria in concorso formale, ai sensi degli articoli 81 del Codice Penale, 226 e 229 c.p.m.p., e del rilievo della mancanza della richiesta prescritta dall’articolo 260 c.p.m.p. Il diverbio tra i militari era insorto in seguito alla reazione opposta dal giudicabile alla richiesta del Comandate della Stazione di troncare la relazione adulterina che l’appuntato, coniugato, intratteneva con una donna del luogo, pure essa sposata. E il Tribunale militare aveva valutato che il movente dell’ingiuria e della minaccia fosse da ricondurre a un contesto di relazioni private e personali, affatto estranee al servizio.
La Corte territoriale ha, invece, motivato che l’intervento del luogotenente C. era pertinente al servizio e alla disciplina, consistendo appunto nel richiamo del superiore alla osservanza da parte del giudicabile della (fondamentale) norma di comportamento di cui all’articolo 36 del Regolamento di disciplina militare, approvato con d.P.R. 18 luglio 1986, n. 545, che prescrive al militare di tenere “in ogni circostanza .. condotta esemplare a salvaguardia del prestigio delle Forze armate”, laddove la relazione extraconiugale dell’imputato, di pubblico dominio nel territorio della Stazione arrecava evidente disdoro all’Arma benemerita.
2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato M.C., mediante atto recante la data del 10 gennaio 2008, depositato il 15 gennaio 2008, col quale denunzia, a’ sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera b), c.p.p., inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione agli articoli 189 e 190, comma 1, numero 2, c.p.m.p.
Il ricorrente postula la correttezza della definizione giuridica operata dal Tribunale e sostiene: la violazione della norma del Regolamento di disciplina comporta soltanto pel militare “possibili sanzioni disciplinari” e non costituisce “condotta penalmente tipicizzata”; il diverbio tra il luogotenente e l’appuntato, avvenuto fuori dalla presenza di terzi, aveva natura meramente privata ed aveva tratto occasione in seguito a episodio avvenuto presso il seggio elettorale ove l’amante dell’appuntato era intervenuta in qualità di rappresentante di lista; la Corte territoriale ha smarrito la distinzione tra il delitto di cui agli articoli 189 e 190 c.p.m.p. e i reati previsti dagli articoli 226 e 229 c.p.m.p., ampliando “in modo sproporzionato l’ambito di operatività” della insubordinazione; né giova, in proposito, il richiamo alla norma disciplinare, in quanto ogni privato contrasto presuppone comportamenti “non corretti o ritenuti tali”, così comportando per absurdum la qualificazione giuridica più grave; la Corte costituzionale, con sentenza n.ro 22/1991, ha dichiarato la illegittimità costituzionale della locuzione “o in altri luoghi miliari”, contenuto nell’articolo 199 c.p.m.p., che estendeva l’ambito delle fattispecie dei reati previsti dai capi terzo e quarto del terzo libro del c.p.m.p. per i fatti commessi per cause estranee al servizio e alla disciplina militare.
3. – Il ricorso è infondato.
Alla natura privata del comportamento tenuto dall’appuntato B. -nella vita personale di relazione e, tuttavia, costituente violazione della ridetta norma di comportamento del Regolamento di disciplina militare -il ricorrente assimila erroneamente la illecita reazione del graduato al richiamo, legittimo e doveroso, ricevuto del Comandante di Stazione per la osservanza del dovere di tenere “condotta esemplare” e alla richiesta del sottufficiale di troncare la tresca. La condotta delittuosa di insubordinazione non ebbe, pertanto, scaturigine da dissidi di natura personale e privata tra il luogotenente e l’imputato correlati a comportamenti “non corretti o ritenuti tali” (come surrettiziamente sottende il ricorrente, laddove censura, mediante l’argomento ab absurdo, la asserita, indebita dilatazione della previsione delittuosa, ravvisata dalla Corte territoriale), ma contrastò l’intervento che il Comandante della Stazione, nell’esercizio delle proprie attribuzioni istituzionali, aveva esercitato nei confronti del graduato.
Di carattere meramente privato è, senza dubbio, il rapporto extraconiugale di B. (con il correlato comportamento del giudicabile indubbiamente estraneo al servizio); ma la medesima natura non rivestono né il richiamo disciplinare cui il disdicevole contegno aveva dato luogo, né la illecita reazione dell’imputato, integrante l’insubordinazione. E, infine, è appena il caso di aggiungere che non trova applicazione la clausola di esclusione di cui all’articolo 199 c.p.m.p., in quanto difetta palesemente l’ipotesi contemplata dalla norma di un fatto commesso “per cause estranee servizio e alla disciplina militare”. Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.