Corte di Cassazione, Sezione V penale, Sentenza 12 giugno 2008, n. 38217
La Corte di Cassazione osserva:
M.R. è stato condannato in entrambi i gradi di merito – sentenza del GIP presso il Tribunale di Torino emessa ai sensi dell’articolo 442 c.p.p. il 12 marzo 2007 e della Corte di Appello della stessa Città del 4 dicembre 2007 – alla pena ritenuta di giustizia per i delitti di ricettazione di una automobile e di violenza privata, così modificata la originaria imputazione di tentato omicidio, aggravata dalla circostanza di cui all’articolo 3 del d.l. 122/1993,convertito in l. 205/1993, in danno di N.A., contro il quale lanciava l’auto a notevole velocità urlando «schiaccio il negro» e costringendo la parte lesa a mettersi in salvo saltando sul marciapiede.
Con il ricorso per cassazione il M. ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 3 della l. 205 del 1993.
Il ricorrente, dopo aver segnalato la esistenza di due diversi e contrastanti orientamenti giurisprudenziali sul punto dovuti ad una interpretazione più restrittiva e ad una più ampia della norma in questione, rilevava che la sua condotta, dovuta a vanteria e non ad odio razziale, non integrava, in base ad entrambe le interpretazioni della giurisprudenza di legittimità, l’aggravante contestata.
Il motivo posto a sostegno del ricorso proposto da M.R. non è fondato.
La condotta attribuita al ricorrente non è contestata; il giovane, che era a bordo di una vettura insieme a quattro amici, vista una persona di colore in difficoltà sulla strada – era stato investito in precedenza da un pirata – , invece di prestargli soccorso, come elementari principi di solidarietà avrebbero imposto, ha urlato «schiaccio il negro» ed ha lanciato l’auto velocemente contro il malcapitato, che si è sottratto all’investimento saltando sul marciapiede.
È stato escluso il tentativo di omicidio, ma i giudici del merito hanno ritenuto la sussistenza della violenza privata; insomma il giovane voleva spaventare l’uomo di colore e costringerlo a sottrarsi all’investimento con un balzo.
La condotta, del tutto ingiustificata e connotata da indubbia gravità, come ritenuto dai giudici di merito, è stata considerata aggravata da motivi di discriminazione razziale.
La decisione non merita alcuna censura sotto il profilo della legittimità.
In effetti la condotta del M.R. era finalizzata, quanto meno, ad incutere timore alla persona di colore – «schiaccio il negro» – e costituiva chiara manifestazione di disprezzo ed avversione nei confronti di una persona di colore, perché l’azione era motivata esclusivamente dal fatto che si trattava di persona appartenente ad una razza diversa.
Insomma proprio la valutazione discriminatoria di inferiorità della persona di colore rendeva legittimo, secondo il ricorrente, utilizzare quella persona come semplice oggetto di un gioco pericoloso.
Proprio questi sentimenti di disprezzo razziale, ostilità, desiderio di nuocere ad una persona di razza diversa, di convinzione di avere a che fare con persona inferiore e non titolare degli stessi diritti alimentano quel conflitto tra le persone che testimoniano la presenza dell’odio razziale (vedi anche Cass. Sez. V penale, 20 gennaio 2006, n. 9381).
Appare evidente che l’azione del M. avesse oggettivamente finalità di discriminazione razziale e fosse idonea a fare sorgere negli amici in auto identico sentimento di disprezzo motivato da motivi razziali.
Sussiste pertanto, l’aggravante contestata e non ha alcun rilievo che il movente della condotta dell’imputato sia da individuare in una smargiassata, come sostenuto dal ricorrente.
Per le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento.
Depositata in cancelleria il 7 ottobre 2008.