Corte di Cassazione – Sentenza 07 marzo 2008, n. 6211
Svolgimento del processo
L. G., dirigente medico di primo livello presso l’Ospedale Maggiore di Bologna, subiva un sinistro stradale il 31/8/1988, mentre si recava al lavoro a bordo di un motociclo. Egli chiedeva all’INAIL il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro, ma la domanda veniva respinta in via amministrativa. L’interessato adiva allora il Tribunale, che rigettava la domanda escludendo la risarcibilità dell’infortunio “in itinere”. Proponeva appello il L. e la Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado così motivando: l’infortunio “in itinere” è indennizzabile in quanto accada sulla via ordinariamente seguita per recarsi al lavoro e sempreché il lavoratore sia necessitato ad usare il mezzo privato; nella specie, risulta utilizzabile il mezzo pubblico e non si ravvisa la necessità di utilizzare il mezzo privato, anche ammettendo che con l’uso del motociclo il tempo di percorrenza fosse di 15 minuti anziché 30-35 richiesti dall’autobus; l’infortunio non è pertanto indennizzabile.
Ha proposto ricorso per Cassazione L. G., deducendo un motivo. Resiste con controricorso l’INAIL.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 n. 3 C.P.C., dell’art. 2 del D.P.R. n. 1124/1965, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex art. 360 n. 5 C.P.C.: l’attore ha dimostrato il duplice nesso eziologico tra percorso seguito ed evento; la scelta del mezzo privato era “affatto rischiosa” e rispondeva ad esigenze meritevoli di tutela, quali il maggior tempo da trascorrere in famiglia; non è applicabile il Decreto Legislativo n. 38/2000, che ha modificato la normativa; lo standard comportamentale seguito non esponeva l’istituto a maggiori rischi, evitava il rischio ingorgo, il giudicante non ha chiarito i criteri in base ai quali ha ravvisato il tempo necessario a coprire il tragitto; non è stato tenuto conto che la fermata di una linea era distante dal luogo di lavoro, mentre altra linea era interessata da lavori.
Il ricorso è infondato. In tema di infortunio “in itinere”, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che “non possono farsi rientrare nel rischio coperto dalle garanzie previste dalla normativa sugli infortuni sul lavoro situazioni che senza rivestire il carattere della necessità – perché volte a conciliare in un’ottica di bilanciamento di interessi le esigenze del lavoro con quelle familiari proprie del lavoratore – rispondano, invece, ad aspettative che, seppure legittime, non assumono uno spessore sociale tale da giustificare un intervento a carattere solidaristico a carico della collettività” (Cass. 27/7/2006 n. 17167). In tema di infortunio “in itinere” nel regime previgente alla modifica di cui al Decreto Legislativo n. 38/2000, si è ritenuto che ai fini della copertura assicurativa occorre una esigenza funzionale alla prestazione, tale da legarla indissolubilmente all’attività di locomozione. L’infortunio in tanto è indennizzabile in quanto il lavoratore non abbia aggravato il rischio senza necessità: è stato così escluso l’indennizzo per una lavoratrice la quale aveva scelto l’uso del mezzo privato senza che ciò consentisse un significativo risparmio di tempo (Cass. 29/9/2005 n. 19047). La scelta del mezzo privato è stata ritenuta giustificata in caso di esigenze di pronto rientro in famiglia per compiti di assistenza ad una madre anziana (Cass. 4/4/2005 n. 6929), mentre non è indennizzabile l’infortunio occorso a seguito di una libera scelta del mezzo privato in presenza di soluzioni alternative (Cass. 6/10/2004 n. 19940).
Deriva dai precedenti sopra indicati che l’indennizzabilità dell’infortunio “in itinere” occorso con l’utilizzo di mezzo privato rimane condizionata alla “necessità” di tale uso, necessità che può essere riferita sia alla maggiore difficoltà di raggiungere il posto di lavoro mediante mezzi pubblici, sia ad esigenze di tutela della vita familiare del soggetto. In ogni caso, trattasi di accertamento in fatto, che sfugge alla possibilità di riesame da parte della Corte di Cassazione ed è soggetto soltanto al controllo di congruità della motivazione. Nella specie, la motivazione addotta dalla Corte di Appello appare esauriente, immune da vizi logici o contraddizioni, talché essa si sottrae ad ogni censura in sede di legittimità.
Il ricorso, per i suesposti motivi, deve essere rigettato. Stante la natura della controversia, le spese non sono ripetibili.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla per le spese del processo di legittimità.