Cassazione – Sezioni unite civili – sentenza 4 dicembre 2007 – 14 gennaio 2008, n. 627
Svolgimento del processo
1. Con ricorso iscritto al numero di R.G. 18015 del 2001 il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno chiesto la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Perugia del 5 giugno 2000, con la quale è stato rigettato l’appello proposto dall’Ufficio delle Entrate di Città di Castello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, emessa nel giudizio promosso da Mario S. Il ricorso propone un unico motivo, illustrato anche da memoria, con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 28 della L. n. 133 del 1999, dell’art. 3, comma 2-bis, del d.l. n. 791 del 1985, dell’art. 13, comma 1, della L. n. 449 del 1997, dell’art. 10 della L. n. 46 del 1986, dell’art. 2 del d.P.R. n. 597 del 1973 e del d.l. n. 202 del 1989, convertito nella legge n. 263 del 1989. Vi si prospettano questioni relative alla effettiva portata delle agevolazioni fiscali a favore dei residenti nelle zone terremotate o colpite da bradisismo in ordine alla determinazione della base imponibile relativa alla imposta sui redditi prodotti in dette zone.
2. L’esame del ricorso è stato rimesso dal Primo Presidente a queste Sezioni Unite a seguito di ordinanza interlocutoria della Sezione tributaria n. 23222 del 3 novembre 2006, per il ritenuto coinvolgimento di una questione di massima di particolare importanza.
3. Con la predetta ordinanza la Sezione Tributaria, dopo aver premesso che il ricorso era stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica il 26 giugno 2001 e che questi, avvalendosi del servizio postale, lo aveva presentato il giorno stesso alla posta per la spedizione a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento ai sensi dell’art. 149, secondo comma, cod. proc. civ., riferisce che l’intimato non ha resistito e che i ricorrenti non hanno depositato la cartolina postale di ricevuta di ritorno della raccomandata. Osserva quindi che, in relazione alla notificazione a mezzo posta, è consolidato l’orientamento della Corte secondo il quale, per il perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario, è necessario ch’egli abbia ricevuto l’atto o che esso sia pervenuto nella sua sfera di conoscibilità; e che l’unico documento idoneo a fornire tale dimostrazione, nonché della data in cui essa è avvenuta e dell’identità ed idoneità della persona cui il plico sia stato consegnato è la ricevuta di ritorno della raccomandata (artt. 149 cit. e 4, commi 3 e 8, della legge n. 890 del 1982); ovvero, per il caso di suo smarrimento o distruzione, il duplicato rilasciato dall’ufficio postale. Così che, quando la notificazione si riferisca ad un atto di impugnazione ed il notificante non ottemperi all’onere di depositare in giudizio la ricevuta di ritorno, l’impugnazione è inammissibile (salvo che sia riproposta nel termine per l’impugnazione e prima che sia dichiarata l’inammissibilità), “perché il mancato completamento del procedimento notificatorio determina l’inesistenza della notifica (Cass. 2722/2005), e perciò la causa non può esser messa in decisione (art. 5, terzo comma, legge 890/1982) ed il giudice non può ordinare la rinnovazione della notifica (art. 291 c.p.c.)”. Rileva ancora la Sezione Tributaria che si è escluso (vengono citate Cass., nn. 4900 del 2004 e 2722 del 2005) che su tale orientamento abbia potuto incidere la declaratoria di incostituzionalità del combinato disposto degli artt. 149 cod. proc. civ. e 4, terzo comma, della 1. n. 890 del 1982, di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002 (cui hanno fatto seguito le sentenze di quella Corte nn. 28 e 97 del 2004), avendo essa influito sulla sola disciplina del momento (quando) nel quale la notificazione si considera tempestivamente eseguita per il notificante, ma non anche su quella relativa ai requisiti del suo perfezionamento (an). Si afferma, peraltro, che con recente sentenza n. 10216 del 2006 le Sezioni unite hanno ritenuto che, nell’ipotesi in cui l’intempestivo o mancato completamento della procedura notificatoria sia conseguenza di attività, errori o inerzie non imputabili al notificante perché sottratte ai suoi poteri di impulso, egli ha il potere di rinnovare la notificazione nei confronti del destinatario. E si sostiene che tale arresto potrebbe influire sull’orientamento secondo il quale la mancata produzione dell’avviso di ricevimento, quale documento probatorio del perfezionamento per il destinatario della notificazione effettuata a mezzo del servizio postale, determina l’inammissibilità dell’atto da compiersi in un termine perentorio: ciò in quanto l’assolvimento di tale onere probatorio per un verso è successivo alla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario e, per altro verso, è “dipendente dalla restituzione della ricevuta di ritorno da parte dell’ufficio postale”. Sicché – conclude l’ordinanza – “potrebbe ipotizzarsi la possibilità per il giudice di disporre il rinnovo della notifica, ovvero di concedere al notificante che lo richieda un termine perentorio per la produzione della ricevuta di ritorno della raccomandata o di idonea certificazione sostitutiva”
Motivi della decisione
1. E’ stato reiteratamente affermato che la notificazione a mezzo posta deve considerarsi inesistente nel caso in cui non venga prodotto in giudizio l’avviso di ricevimento e che sia per questo preclusa l’applicabilità dell’art. 291, comma 1, cod. proc. civ., essendo la rinnovazione correlata al rilievo di “un vizio che importi nullità della notificazione” e non essendo consentito farvi ricorso quando addirittura difetti la prova della sua esistenza. L’orientamento risulta confermato, con specifico riferimento alla notificazione del ricorso per cassazione, da una serie di decisioni (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 24877/06, 10506/06, 1180/06, 23291/05, 12289/05, 5529/05, 4610/05, 1413/05, 2722/05, 23663/04, 16976/04, 5481/04, 4900/04, 11257/03, 11072/03, 13922/02, 1605/89, 2746/88, 4441/78, 3371/71, 2253/71) anche successive alla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002 che, com’è noto, in linea con le sue precedenti decisioni nn. 69 del 1994 e 358 del 1996 (cui hanno fatto seguito anche le sentenze nn. 477 del 2002, 28 e 97 del 2004, e 154 del 2005), ha sancito il principio della scissione fra il momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario, fermo restando che il consolidamento dell’effetto anticipato per il primo dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio per il secondo. La qualificazione della situazione conseguente alla mancata produzione dell’avviso di ricevimento come ipotesi di “inesistenza” della notificazione aveva, talora, addirittura indotto a ritenere che neppure la costituzione dell’intimato costituisse fatto idoneo a determinare l’ammissibilità del ricorso per intervenuto raggiungimento dello scopo della notificazione (così Cass., nn. 181/1970 e 338/1972), benché sia poi venuto affermandosi l’orientamento secondo il quale la costituzione del convenuto vale ad integrare essa stessa “la prova, sia pur presuntiva, dell’avvenuto ricevimento dell’atto, e così della regolarità del contraddittorio” (cfr. Cass., n. 3271/86, nonché, ex multis, nn. 5141/94 e 3764/95). Con recente sentenza (Cass., 24 luglio 2007, n. 16354) la Sezione Lavoro ha, peraltro, espressamente negato che la mancata produzione dell’avviso di ricevimento integri un’ipotesi di inesistenza o di nullità della notificazione a mezzo posta. Sul rilievo che l’avviso di ricevimento non è elemento costitutivo del procedimento di notificazione ma documento di prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica per il destinatario, s’è ritenuto che l’omesso deposito determina il mancato assolvimento dell’onere, incombente sulla parte ricorrente, di dimostrare (eventualmente con distinta produzione ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ.) l’avvenuta costituzione del rapporto processuale mediante il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna dell’atto al destinatario, sia la data della stessa, sia l’identità e l’idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita. Se ne sono tratti due corollari: il primo è che, non incidendo l’omessa produzione sulla validità della notifica, nemmeno è ammesso il procedimento di rinnovazione di cui all’art. 291 cod. proc. civ., il quale presuppone la nullità della “eseguita” notificazione; il secondo è che, non equivalendo la mancata produzione neppure alla inesistenza della notificazione, l’intimato può comunque costituirsi, dovendosi la costituzione riguardare non già come una sanatoria bensì come prova dell’intervenuta consegna dell’atto al destinatario. Sembra che la ricostruzione operata dalla sentenza appena citata sia la più aderente al dettato normativo di cui all’art. 4, comma 3, della legge 20 novembre 1982, n. 990, il quale stabilisce che “l’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione”, ed all’art. 5, comma 3, della stessa legge, laddove recita che “la causa non potrà essere messa in decisione se non sia allegato agli atti l’avviso di ricevimento, salvo che il convenuto si costituisca”. La previsione che possa esserlo se il convenuto si sia costituito depone per l’estraneità dell’allegazione dell’avviso di ricevimento alla struttura della notificazione, che si realizza con la consegna del piego contenente l’atto da notificare, di cui l’allegazione dell’avviso di ricevimento costituisce solo la prova, peraltro superflua se il convenuto si sia appunto costituito. In difetto di costituzione del convenuto, l’omessa allegazione dell’avviso di ricevimento non consente, invero, alcuna inferenza né in ordine alla intervenuta consegna dell’atto al destinatario, né sulle ragioni per le quali la consegna potrebbe non essere avvenuta, né circa l’osservanza delle disposizioni in ordine ai requisiti della persona diversa dal destinatario cui l’atto può essere consegnato. L’unico dato di conoscenza emergente dalla relazione dell’ufficiale giudiziario è in tal caso costituito dall’essere stato il piego dato a mani del medesimo per la spedizione a mezzo posta e da questo all’ufficio postale per il recapito al destinatario ad un determinato indirizzo. Ma tanto evidentemente non vale a documentare che la consegna al destinatario sia stata poi effettivamente eseguita, e dunque che notificazione vi sia stata, né che sia mancata (o che sia stata eseguita in luogo o mediante consegna a persona in nessun modo riferibili al destinatario), né che essa, quand’anche avvenuta, non sia nulla per inosservanza, secondo quanto statuito dall’art. 160 cod. proc. civ., delle “disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia”, o per incertezza assoluta sulla sua identità. Quel che manca è, in tal caso, non già un elemento della fattispecie legale della notificazione (già verificatasi, o invalidamente intervenuta, o mancata), ma solo la documentazione destinata a provare un fatto, appunto la notificazione, che resta altrimenti ignoto e del quale non è possibile ravvisare in alcun modo l’esistenza (ma neppure l’inesistenza) in difetto di esercizio di attività difensiva da parte dell’intimato; la ricorrenza della quale, invece, per un verso attesta che la consegna è stata eseguita, avendo il destinatario avuto conoscenza dell’atto avverso il quale ha apprestato le sue difese e, per altro verso, può rivelarsi proprio per questo idonea a sanare, per intervenuto raggiungimento dello scopo dell’atto (ex art. 156, comma 3, cod. proc. civ.), le possibili nullità connesse ad una consegna irregolare.
2. Il caso deciso da queste Sezioni Unite con sentenza n. 10216 del 2006 – che la sezione tributaria richiama nel porre il problema del se, nel caso in cui l’intimato non abbia svolto attività difensiva e l’avviso di ricevimento non sia stato prodotto, sia o meno possibile disporre la rinnovazione della notifica del ricorso ex art. 291 c.p.c., ovvero concedere al ricorrente un termine per la produzione dell’avviso stesso – concerneva un’opposizione a decreto ingiuntivo, nella quale la consegna dell’atto per la notificazione era stata tempestiva ed invece il perfezionamento per il destinatario non si era compiuto a causa delle errate affermazioni date all’ufficiale giudiziario da un terzo, il quale aveva riferito, contrariamente al vero, che l’avvocato presso il quale l’intimante aveva eletto domicilio “era sloggiato”. L’opponente aveva, pertanto, di sua iniziativa notificato l’opposizione direttamente alla parte, ma questa volta con consegna dell’atto oltre il termine per la sua proposizione. Negata dal giudice del merito la sussistenza dei presupposti di ammissibilità dell’opposizione tardiva, la sentenza è stata cassata per avere questa corte di legittimità escluso, in linea con le richiamate sentenze della Corte costituzionale, che dal mancato completamento dell’attività di notifica per “fatto non riconducibile a errore o negligenza del disponente” possa derivare, per lo stesso, un effetto di decadenza. Si è in particolare ritenuto che vada salvaguardato l’interesse del notificante a non vedersi addebitare il mancato esito della procedura notificatoria, per la parte sottratta al suo potere d’impulso, tutte le volte che esso “non per sua colpa” si sia determinato, all’uopo individuandosi due tipologie di moduli apprestati dall’ordinamento: quello attivabile su autorizzazione del giudice in accoglimento di previa istanza della parte, secondo lo schema della rimessione in termini di cui all’art. 184 bis c.p.c., che a sua volta rinvia all’art. 294 c.p.c.; e quello attivabile direttamente dalla parte, con atto soggetto al successivo controllo del giudice quanto all’effettiva esistenza delle ragioni che hanno impedito l’esercizio in modo tempestivo dell’attività altrimenti preclusa, secondo lo schema dell’opposizione tardiva di cui all’art. 650 c.p.c.. E si è chiarito che la scelta tra tali meccanismi non può essere operata a discrezione dell’interprete, ma deve avvenire in base ad un criterio di autocollegamento, nel senso che è dallo stesso sistema, o subsistema del quale fa parte il procedimento del cui “incolpevole” mancato completamento si tratta, che deve pervenire il modulo procedimentale per la rinnovazione della notifica precedentemente mancata “per causa non imputabile” al notificante.
3. Se può dunque dirsi acquisito il principio secondo il quale al notificante non può essere addebitato, ove non dipenda da un fatto a lui imputabile, il mancato perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario, alla stessa conclusione deve, a fortiori, addivenirsi in ordine alla mera mancanza di quella dimostrazione, sempre che la mancata produzione non sia dipesa da un fatto imputabile al notificante; e purché non vi sia stato, prima della rimessione dell’atto all’ufficiale giudiziario, un fatto indotto dallo stesso notificante (o dal suo difensore) ed a lui imputabile che abbia reso impossibile il perfezionamento della notificazione per il destinatario, essendo evidente che in tal caso la mancata produzione, pur incolpevole, è del tutto priva di significato, non diversamente da come lo sarebbe stata la produzione, che avrebbe evidenziato il mancato perfezionamento per fatto imputabile. Il rimedio alla situazione che si sta scrutinando va, invero, individuato nell’istituto della rimessione in termini, già ritenuto applicabile al giudizio di legittimità (tra le altre) da Cass., n. 7018 del 2004, pur in difetto di una disposizione che richiami, l’art. 359 cod. proc. civ. per il giudizio di appello, le norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale. E’ stato in quell’occasione condivisibilmente affermato che militano in tal senso sia le innovazioni apportate all’art. 184 bis cod. proc. civ. (come sostituito dall’art. 6 del d.l. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito con modificazioni in legge 20 dicembre 1995, n. 534) con la soppressione del riferimento alle sole decadenze previste negli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., sia i recenti richiami della Corte costituzionale in ordine alle esigenze di certezza ed effettivita’ delle garanzie difensive nel processo civile, sia il difetto di situazioni di incompatibilità tra la norma in questione e le peculiarità del giudizio di cassazione. Non può del resto omettersi di tener conto della garanzia costituzionale dell’effettività del contraddittorio posta dal nuovo testo dell’art. 111, comma 2, Cost., sicché la regola dell’improrogabilità dei termini perentori posta dall’art. 153 cod. proc. civ. non può costituire ostacolo al ripristino del contraddittorio quante volte la parte si vedrebbe dichiarare decaduta dall’impugnazione, pur avendo ritualmente e tempestivamente esercitato il relativo potere, per un fatto incolpevole che si collochi del tutto al di fuori della sua sfera di controllo e che avrebbe, altrimenti, un effetto lesivo del suo diritto di difesa in violazione dell’art. 24 della Costituzione.
4. La raggiunta conclusione in ordine alla individuazione nella rimessione in termini, ex art. 184 bis cod. proc. civ., dell’unica alternativa possibile all’immediata declaratoria di inammissibilità del ricorso in caso di mancata produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’atto da notificare a mezzo posta (ex art. 149 cod. proc. civ.) si fonda su considerazioni generalizzabili e, dunque, valide anche per il caso in cui l’avviso di ricevimento concerna la raccomandata con funzione informativa spedita, ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. ed a completamento delle altre formalità indicate nello stesso articolo (deposito nella casa comunale ed affissione dell’avviso del deposito alla porta dell’abitazione, dell’ufficio e dell’azienda), al destinatario della notificazione cui non sia stato possibile eseguire la consegna per irreperibilità dello stesso o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’art. 139 cod. proc. civ.. E’ ben vero che con ordinanza del 13 gennaio 2005, n. 458, queste Sezioni unite hanno ritenuto che, nel caso della mancata allegazione dell’avviso della raccomandata spedita ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., la notificazione dovesse considerarsi nulla, e dunque da rinnovarsi ex art. 2 91 cod. proc. civ.; ma tanto è stato affermato solo in relazione alla ravvisata necessità dell’allegazione anche di tale avviso (oltre che di quello della raccomandata spedita ai sensi dell’art. 149 cod. proc. civ., secondo quanto espressamente prescritto dal secondo comma di tale articolo), dopo che si era escluso che l’omessa produzione dello stesso desse luogo ad un’ipotesi di inesistenza, per doversi la notificazione considerare eseguita nei confronti del destinatario con l’assolvimento dell’ultimo degli adempimenti prescritti dall’art. 140 del codice di rito, perfezionativo dell’effetto della conoscibilità legale nei confronti del destinatario. E’ stato peraltro chiarito che dall’avviso di ricevimento e dalle annotazioni che l’agente postale appone su di esso quando lo restituisce al mittente può emergere che la raccomandata non è stata consegnata perché il destinatario risulta trasferito, oppure deceduto o, ancora, per altre ragioni le quali comunque rivelino che l’atto non è in realtà pervenuto nella sfera di conoscibilità dell’interessato e che, dunque, non si è prodotto l’effetto legale tipico ancorato a tale evento. E si è ritenuto che, appunto in difetto delle risultanze documentate dal non prodotto avviso di ricevimento, non potesse non riverberarsi sulla validità della notificazione la conseguente “incertezza” sull’esito della spedizione (ovvero, addirittura, sulla coincidenza del luogo in cui l’ufficiale giudiziario abbia svolto l’attività di cui all’art. 140 cod. proc. civ. con quello di effettiva residenza, dimora o domicilio del destinatario), dissipabile solo mediante la “verifica” consentita dall’esame dell’avviso di ricevimento, postulata del resto dalla stessa previsione normativa nel momento in cui richiede che la spedizione della raccomandata ne sia corredata. Anche in quell’occasione si è dunque ritenuto che l’avviso di ricevimento costituisce strumento di verifica della consegna, altrimenti incerta, ovvero delle ragioni della mancata consegna della raccomandata al destinatario, al di là delle conseguenze che se ne sono tratte sul piano dell’alternativa nullità/inesistenza, essendo la rinnovazione consentita solo nel primo caso (ex art. 291 cod. proc. civ.) e non anche nel secondo (che parte della dottrina tende addirittura ad escludere come categoria giuridica al di fuori del caso, di cui al secondo comma dell’art. 161 cod. proc. civ., della sentenza emessa a non iudice e di altre situazioni eccezionali). Ma una volta escluso – come s’è fatto ex professo in questa sede, affrontando lo specifico problema posto dalla sezione tributaria – che la documentazione della consegna della raccomandata (id est: l’avviso di ricevimento) costituisca un momento strutturale del procedimento notificatorio, attenendo la stessa piuttosto alla prova della intervenuta instaurazione del contraddittorio (volta che, come s’è detto sopra, la consegna è già avvenuta o no, e validamente o invalidamente, prima ed indipendentemente dalla prova che ne sia poi data e dalla verifica che ne sia fatta), ragioni di coerenza sistematica e di semplificazione procedimentale impongono che siano tratte le medesime conseguenze sia nel caso che la raccomandata contenga l’atto da notificare, come accade quando la notifica avvenga ex art. 149 c.p.c., sia nel caso che sia destinata a svolgere per il destinatario un’essenziale funzione informativa della notificazione effettuata nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c., e dunque mediante l’espletamento di attività (deposito ed affissione) che inevitabilmente non garantiscono appieno che sia stato raggiunto l’effetto della conoscibilità. Nella prassi giurisprudenziale è del resto frequente che la parte cui, in ragione della omessa produzione della ricevuta di ritorno della notifica effettuata a mezzo posta o ex art. 140 cod. proc civ., sia stato asegnato un termine per la rinnovazione, alla scadenza del termine ovvero all’udienza successiva esibisca non già la relazione della seconda notificazione, ma l’avviso di ricevimento della raccomandata relativa alla prima notificazione, in ipotesi andata a buon fine; e si ritiene che tanto autorizzi, ex post, a considerare superflua la disposta rinnovazione, essendosi il contraddittorio già instaurato ab origine. Il che vale a rendere palese, da un canto, che la rinnovazione della notificazione viene allora disposta indipendentemente dal rilievo di un vizio che ne importi la nullità, e dunque in assenza del presupposto che lo stesso art. 291 cod. proc. civ. richiede; e, per altro verso, che l’assegnazione del termine per la rinnovazione finisce in tal caso con l’assumere la valenza di una rimessione in termini per la produzione del documento al di là dei limiti posti dall’art. 184 bis, che la rimessione in termini invece consente solo se la decadenza si sia verificata per causa non imputabile alla parte che vi sia incorsa.
5. Quando sia dunque affermato che l’avviso di ricevimento non è stato prodotto perché non restituito al notificante, questi dovrà anzitutto domandare di essere rimesso in termini per la produzione dell’avviso stesso, offrendo la prova documentale della non imputabilità della causa della omessa produzione e, dunque, di avere esperito i rimedi che la legge appresta per il caso che l’avviso di ricevimento non sia tempestivamente restituito o sia stato smarrito dall’amministrazione postale. Sarà pertanto necessario che depositi la documentazione dalla quale risulti che, con congruo anticipo rispetto alla data fissata dalla corte per la trattazione del ricorso, era stato richiesto il duplicato che l’amministrazione postale è tenuta a rilasciare nel caso di smarrimento dell’originale da parte dell’ufficio postale (ai sensi dell’art. 6, comma 1, della legge 20 novembre 1982, n. 990): e tanto dovrà fare, se non vi abbia provveduto con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378, ovvero degli artt. 375, 380 bis o 380 ter cod. proc. civ., al più tardi in udienza prima che abbia inizio la relazione di cui all’art. 379, comma 1, cod. proc. civ., ovvero all’adunanza in camera di consiglio di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ.. La modalità di produzione dell’avviso che avrebbe dovuto essere allegato all’originale ex art. 149, comma 2, ultima parte, cod. proc. civ. (sebbene l’art. 5, comma 4, della legge n. 890 del 1982 consenta comunque il deposito del ricorso anche “prima del ritorno dell’avviso di ricevimento”) ovvero della documentazione attestante che la parte si era comunque attivata per ottenere l’originale o la copia, non possono essere, per il ricorso per cassazione, che quelle contemplate dall’art. 372, comma 2, cod. proc. civ., il quale prevede bensì che il deposito dei documenti relativi all’ammissibilità può avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma stabilisce anche che “deve essere notificato mediante elenco alle parti”. Benché la norma non stabilisca espressamente quale sia la conseguenza della omessa notificazione dell’elenco dei documenti depositati direttamente in udienza prima dell’inizio della relazione, o all’adunanza di cui all’art. 380 bis, costituisce principio consolidato che a tale omissione consegue l’inutilizzabilità del documento quand’anche l’intimato non abbia resistito in giudizio con controricorso, non essendogli comunque preclusa la possibilità di partecipare alla discussione orale e di esercitare in tal modo la propria difesa anche in ordine alla documentazione predetta (Cass., nn. 13954/2006, 12671/2004, 3135/1998). E va qui ribadito che l’ipotesi di omesso esercizio di attività difensiva da parte del destinatario della notifica è, per il caso dell’avviso di ricevimento, l’unica data, essendosi sopra chiarito che, ove l’intimato si sia invece difeso, tanto vale in re ipsa ad attestare l’avvenuta conoscenza del ricorso e dunque, indirettamente, il positivo compimento del procedimento notificatorio. Ebbene, la conseguenza dell’inutilizzabilità del documento prodotto senza la previa notificazione dell’elenco che lo menziona è stata tratta (v., ad es., Cass., n. 2702 del 2004 e n. 4248 del 2000) anche con specifico riguardo all’avviso di ricevimento del ricorso notificato a mezzo posta. Ciò sul rilievo che, dovendo il ricorso essere dichiarato inammissibile in difetto dell’unico documento dal quale risulti l’intervenuta instaurazione del contraddittorio, anch’esso costituisce un documento “relativo all’ammissibilità”, sicché il deposito non può non essere soggetto alla regola posta dall’art. 372, comma 2, cod. proc. civ.. Ritengono queste Sezioni unite che, in relazione all’avviso di ricevimento, tale conclusione non possa essere condivisa. La ragione della inutilizzabilità ad altro non è, infatti, correlabile che alla possibile violazione del diritto di difesa della controparte, nel senso che questa, una volta ricevuta la notifica del verbale, avrebbe potuto determinarsi ad essere presente solo al fine di esercitare la propria difesa in relazione alle risultanze del documento depositato, dal quale avesse in ipotesi evinto irregolarità della notificazione non direttamente riscontrabili dalla corte sulla base della sola lettura dell’avviso. Tutte le vote, infatti, che dall’esame officioso dell’avviso risultassero nullità della notificazione, dovrà esserne disposta la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ., risultando con ciò superata ogni questione relativa alla omessa notificazione dell’elenco. Resta del pari escluso – per ovvie ragioni – il caso nel quale la consegna del piego raccomandato sia avvenuta a mani del destinatario e che tanto risulti dalla ricevuta di ritorno. Quanto agli altri casi di cui all’art. 7, commi 2 e 3, della legge n. 890 del 1982 (consegna a persona di famiglia e convivente, o addetta alla casa o al servizio del destinatario, ovvero, in mancanza, al portiere o a persona addetta alla distribuzione della posta) va rilevato che la legge non dispone la notifica di copia del documento, ma solo di un elenco che lo indichi; e che da tale elenco altro non può risultare che la produzione dell’avviso di ricevimento e non anche il suo contenuto; contenuto che rimane del resto sconosciuto al destinatario della notificazione quand’anche l’avviso sia depositato unitamente al ricorso, nel quale neppure può essere menzionato, costituendo un documento che comunque viene in essere successivamente alla redazione dell’atto la cui notificazione è destinato a documentare, sicché la scelta della parte di esercitare o no attività difensiva è indipendente dalla conoscenza delle sue risultanze. A ben vedere, dunque, una violazione del diritto di difesa sarebbe astrattamente configurabile in relazione al solo caso che il difensore della parte intimata che non abbia depositato il controricorso si sia tuttavia recato presso la cancelleria della corte per controllare le risultanze dell’avviso, non abbia potuto farlo e per questo non si sia presentato in udienza. Ma, a parte il rilievo che l’art. 372, comma 2, cod. proc. civ. non contempla alcun termine per la notifica dell’elenco, che ben potrebbe dunque intervenire anche dopo l’ipotetico controllo compiuto dalla parte, pare assorbente la considerazione che tale controllo comunque presupporrebbe la conoscenza o l’acquisita conoscenza della pendenza del ricorso (o del contenuto del controricorso) da parte di chi lo avesse effettuato, al quale sarebbe stata dunque data la possibilità di presentarsi in udienza e di svolgere in quella sede le proprie difese, ovvero di instare per una rimessione in termini per apprestarle, ai sensi dell’art. 184 bis cod. proc. civ.. Se, invero, omessa la produzione dell’avviso relativo alla notificazione da parte del ricorrente, il destinatario si costituisca in udienza ma adduca tuttavia di aver avuto effettiva conoscenza del processo, a causa di un problema insorto nella fase del procedimento notificatorio successiva alla consegna del ricorso all’ufficiale giudiziario, in un momento tale che gli ha impedito di usufruire dei termini minimi per l’apprestamento della difesa (da determinarsi in complessivi sessanta giorni, ex artt. 370, comma 1, e 377, comma 2, cod. proc. civ.), potrà senz’altro domandare di essere rimesso in termini per depositare il controricorso, cioè per difendersi per iscritto, secondo le normali modalità previste per il giudizio di legittimità (la cui udienza dovrà, in caso di assegnazione di un nuovo termine, svolgersi in altra data, previo rinvio a nuovo ruolo). Così come analoga richiesta potrà svolgere il ricorrente principale se non sia stato depositato l’avviso di ricevimento del controricorso e dell’eventuale ricorso incidentale ed il notificante sia stato rimesso in termini. Alla luce dell’esigenza di garantire che il processo possa andare a conclusione e che la (gravissima) sanzione dell’inammissibilità del ricorso o del controricorso non consegua ad una violazione insuscettibile di autentico pregiudizio per il destinatario della notificazione, sembra allora doversi concludere nel senso che, quanto all’avviso di ricevimento prodotto direttamente in udienza, l’omessa notifica dell’elenco di cui all’art. 372, comma 2, cod. proc. civ. integra una violazione di carattere meramente formale, cui non consegue la inutilizzabilità del documento. Lo scopo della disposizione prevedente la notifica dell’elenco dei documenti depositati successivamente al deposito del ricorso è, invero, quello di garantire l’instaurazione del contraddittorio e la possibile esplicazione del diritto di difesa delle altre partì anche in ordine al contenuto dei documenti prodotti successivamente. E tali esigenze devono considerarsi soddisfatte sulla scorta della diretta produzione dell’avviso di ricevimento (ovvero della documentazione giustificativa della omessa produzione, dalla quale comunque risulti che il notificante si era diligentemente e con congruo anticipo attivato per ottenere copia dell’avviso, tuttavia non pervenutagli), quand’anche non preceduta dalla notificazione dell’elenco di cui all’art 372, comma 2, cod. proc. civ..
6. Va, da ultimo, precisato che all’indicazione in udienza della questione dell’inammissibilità del ricorso per la mancata produzione dell’avviso di ricevimento – cui la Corte è tenuta ex art. 384, comma 3, cod. proc. civ., nel testo introdotto dal decreto legislativo n. 40 del 2006 per i ricorsi avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 – non può conseguire, in caso di omessa immediata produzione, la possibilità di un rinvio perché la parte vi provveda successivamente. Il consentire la produzione a seguito di rinvio si porrebbe in manifesta contraddizione con il principio, ricavabile dal novellato secondo comma dell’art. 111 Cost., secondo il quale i tempi di definizione di un processo non possono essere protratti per sopperire ad ingiustificate omissioni di una parte. La concessione di un termine per osservazioni sulla questione sarà per contro necessaria solo nel caso in cui la mancanza dell’avviso non sia stata rilevata in udienza, dovendo la disposizione di cui all’art. 384, comma 3, cod. proc. civ. interpretarsi nel senso che essa mira ad evitare solo che la decisione possa essere fondata su questioni rilevate d’ufficio che non abbiano costituito oggetto di dibattito tra le parti perché rilevate dalla Corte dopo la discussione (la cosiddetta “terza via”); non concerne invece le questioni che, siccome rilevate prima, avrebbero potuto essere dibattute se le parti fossero state presenti all’udienza e si fossero dunque avvalse di tutte le possibilità di espletamento di attività difensiva garantite dalla legge.
7. Devono conclusivamente enunciarsi i seguenti principi di diritto: “- la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 cod. proc. civ., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’intervenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio; – l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 cod. proc. civ., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372, secondo comma, cod. proc. civ.; – in difetto di produzione dell’avviso di ricevimento ed in mancanza di esercizio di attività difensiva da parte dell’intimato il ricorso è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ.; – il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in camera di consiglio può tuttavia domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 180 bis cod. proc. civ., per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dall’art. 6, primo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890”.
8. Nel caso in esame, non avendo l’intimato svolto attività difensiva e non avendo i ricorrenti addotto alcuna giustificazione in ordine alla mancata produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite dichiara il ricorso inammissibile.