Cassazione civile, Sez. III, 17-01-2008, n. 874
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 29.3.01 L.L., premesso che era comproprietaria, con il fratello V., di un immobile in (OMISSIS), locato ad uso non abitativo alla s.a.s. C. – Centro Diagnostico di Errico P. & C. per un canone mensile di L. 1.300.000; che l’immobile le era stato assegnato per atto notar P. del 22.1.00 in sede di scioglimento volontario della comunione; che la conduttrice si era resa morosa nel pagamento dei canoni, per la quota ad essa spettante di L. 650.000, a partire dall’aprile del 2000; intimava alla conduttrice lo sfratto per morosità, convenendola in giudizio contestualmente dinanzi al Tribunale di Napoli, sede distaccata di Frattamaggiore per la convalida.
Costituitosi il contraddittorio, l’intimata contestava la morosità ed eccepiva la carenza di legittimazione attiva della L., atteso che il contratto era stato stipulato con la madre dell’intimante, C.C., alla quale erano stati sempre corrisposti i canoni sino ad almeno il mese di marzo del 2000, epoca dalla quale erano stati invece depositati su libretto bancario intestato alla locatrice per il rifiuto, da parte di quest’ultima, a riceverli.
Il Tribunale adito, all’esito dell’istruttoria, con sentenza n. 31/02 accoglieva la domanda, ordinando il rilascio dell’immobile e fissando la data per l’esecuzione.
Avverso tale sentenza la soccombente proponeva appello, cui resisteva la L..
Con sentenza depositata il 7.10.03 la Corte di appello di Napoli accoglieva l’appello, rigettando la domanda proposta dalla L..
Avverso tale sentenza quest’ultima ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi ad un unico articolato mezzo, mentre la società intimata resisteva al gravame con controricorso, nel quale sollevava ricorso incidentale affidato ad un solo motivo.
Motivi della decisione
Va disposta preliminarmente la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c.. Ricorso n. 3332/04.
Con l’unico mezzo la ricorrente si duole della violazione degli artt. 713, 757 c.c., art. 1587 c.c., n. 2, artt. 1453 e 1455 c.c., e art. 668 c.p.c. e segg., nonché della motivazione illogica e contraddittoria.
Il motivo non è fondato.
Va innanzitutto rilevato che non merita alcun pregio la doglianza della ricorrente circa l’errore in cui la Corte di merito sarebbe preliminarmente incorsa nell’indicare alla data del 16.4.99 la data della rinunzia all’eredità da parte di C.C., locatrice nel contratto di locazione di cui si tratta, data che viceversa, secondo la ricorrente, andrebbe riferita al 22.1.00, in quanto tale rinunzia sarebbe contenuta nell’atto di scioglimento di comunione ereditaria per notar P. che risale appunto alla predetta data del 22.1.00. Infatti, sul punto in questione la sentenza impugnata ha rilevato come la C. non abbia rinunziato all’eredità del defunto marito in epoca successiva alla stipula del contratto di locazione, bensì prima di questa data, giacché proprio dal citato atto per notar P. del 22.1.00 si evince che tale rinunzia risalga in realtà al 16.4.99 (v. pag. 6 della sentenza impugnata). Trattasi, invero, di un accertamento in punto di fatto che, risultando sorretto da congrua e logica motivazione, si sottrae al sindacato del giudice di legittimità.
Stabilito, dunque, che la rinunzia della C. non è stata fatta nel citato rogito notarile del 22.1.00, che si limita solo a menzionarne l’avvenuta effettuazione in data anteriore e cioè al 16.4.99, ne consegue l’inoppugnabilità del ragionamento spiegato dalla Corte territoriale a sostegno della sua tesi in ordine alla titolarità in capo alla C. medesima del rapporto di locazione de quo. Poiché il contratto risulta registrato il 19.4.99, giustamente, quindi, la Corte napoletana ha ritenuto che la C. ha ceduto in locazione l’immobile quando non ne era più comproprietaria, ma ne aveva la semplice disponibilità di fatto in base ad un titolo non contrario a norme di ordine pubblico, situazione che – come è noto – pienamente legittima ad assumere la qualità di locatore (v. Cass. n. 4764/05; n. 23292/04) anche a soggetto che non sia proprietario o usufruttuario dell’immobile stesso.
Altrettanto corretto è il rilievo secondo cui a seguito dell’intervenuta divisione del coacervo ereditario in data 22.1.00 la L. non è subentrata de iure nel contratto di locazione, spettandone pur sempre la titolarità in capo alla C., alla quale sino a tutto il mese di marzo del 2000 i canoni di locazione vennero regolarmente corrisposti. Di fronte alla dimostrata incoerenza del comportamento tenuto dalla C., la quale, da un lato, si è rifiutata di ricevere i canoni dopo il mese di marzo del 2000, mentre, dall’altro, con atto del 15.6.00 ha intimato sfratto per morosità alla C. s. a. s. , assumendo il mancato pagamento dei canoni da marzo a giugno del 2000, si pone invece il corretto e diligente comportamento tenuto dalla conduttrice che con più missive chiese chiarimenti sia alla C. che alla L. sul destinatario del canone, senza ricevere alcun riscontro, e fu costretta infine a depositare i canoni su libretto bancario intestato alla locatrice. Deve quindi ritenersi assolutamente corretta la conclusione della sentenza impugnata, secondo cui nessuna mora può essere addebitata alla sas C. nei confronti della L..
Le argomentazioni che precedono, che evidenziano il difetto di un comportamento inadempiente, o comunque gravemente inadempiente, da parte della conduttrice, comportano l’assorbimento di tutte le altre doglianze formulate dalla ricorrente.
Il ricorso va, perciò, rigettato.
Ricorso n. 5153/04.
Con l’unico motivo la ricorrente in via incidentale lamenta la mancanza di valide ragioni a giustificazione della disposta compensazione integrale delle spese del doppio grado del giudizio di merito.
Tale motivo è infondato.
Si rileva, infatti, che la sentenza impugnata ha giustificato la disposta compensazione delle spese del doppio grado di giudizio con riferimento alla “complessità delle questioni trattate”. Tale motivazione, ancorché sintetica, non può però definirsi illogica o inadeguata, in quanto sta a dimostrare che la Corte di merito ha valutato compiutamente, nell’ambito dell’esercizio del suo potere discrezionale in materia, tutte le circostanze del caso concreto, rispettando altresì l’unico limite intrinseco a tale esercizio, e cioè quello per cui le spese non possono essere poste, neppure in parte, a carico della parte che sia rimasta totalmente vittoriosa.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Concorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2008