Cassazione Civile – Sez. Lavoro – Ordinanza 1 ottobre 2008 , n. 24355
IANNIRUBERTO Giuseppe – Presidente
MAMMONE Giovanni – Estensore
ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.P.A. c. D. S.
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
D. S. + 3, tutti già dipendenti dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS), convenivano in giudizio l’Istituto dinanzi al Giudice del lavoro di Roma per ottenere il ricalcolo dell’indennità di anzianità e del trattamento di fine rapporto nonchè degli importi di tredicesima e quattordicesima mensilità e della retribuzione del periodo feriale, con computo dei compensi percepiti per lavoro straordinario e dell’importo giornaliero corrisposto in cifra fissa (c.d. indennità carte valori). L’IPZS si costituiva e contestava la domanda, eccependo la prescrizione del diritto al ricalcolo e chiedendo in riconvenzionale la compensazione o la restituzione di somme corrisposte in esecuzione dell’accordo aziendale 22.6.74.
Accolta la domanda limitatamente all’inclusione dello straordinario nella base di calcolo del t.f.r. e dell’indennità di anzianità, nonchè della tredicesima e della quattordicesima (per queste ultime limitatamente allo straordinario percepito fino al 31.10.92), proponeva appello l’IPZS ribadendo la sua tesi e chiedendo il rigetto integrale della domanda. Il processo di appello, in cui gli appellati non si costituivano, veniva interrotto ai sensi del D.Lgs. n. 116 del 1999, art. 8, e veniva riassunto dalla S.p.a. Istituto Poligrafico Zecca dello Stato.
La Corte di appello di Roma, con sentenza non definitiva 21.3 – 4.5.06, procedeva all’interpretazione pregiudiziale della contrattazione collettiva applicabile tra le parti, ai sensi dell’art. 420 bis c.p.c., nel senso che il trattamento di fine rapporto, la tredicesima, la quattordicesima e la retribuzione relativa al periodo di ferie debbono essere calcolati (per tredicesima, quattordicesima e ferie sino al 31.10.92) con computo dei compensi percepiti per il lavoro straordinario.
Con separato provvedimento la Corte disponeva la prosecuzione del processo.
Proponeva ricorso per cassazione la soc. IPZS proponendo in via pregiudiziale eccezione di incostituzionalità dell’art. 420 bis c.p.c., sotto due distinti profili: a) violazione dell’art. 76 Cost.;
b) violazione dell’art. 111 Cost., in quanto detto art. 420 bis c.p.c., per le implicazioni pratiche nascenti dal coordinamento con la disciplina codicistica, determinerebbe l’allungamento dei tempi del processo del lavoro oltre ogni ragionevolezza.
La stessa ricorrente, nel merito, proponeva tre motivi di ricorso, lamentando: a) l’erronea interpretazione dell’accordo aziendale 22.6.74 e conseguente erroneo rigetto della domanda riconvenzionale;
nonchè la violazione dell’art. 2120 c.c.; b) l’erronea interpretazione del ccnl grafici 1992 in punto di quantificazione di i.d.a. e t.f.r., anche con violazione dell’art. 2120 c.c.; c) violazione degli artt. 2934 e 2935 c.c., per l’erronea esclusione della prescrizione; carenza di motivazione, nonchè violazione della L. n. 297 del 1982, e dell’art. 2120 c.c..
Non si costituivano gli intimati.
Il Procuratore generale depositava conclusioni scritte con cui chiedeva che il ricorso fosse dichiarato inammissibile.
Dette conclusioni erano notificate al difensore costituito unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza in Camera di consiglio.
Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente deve valutarsi se l’impugnata pronunzia sia inquadrabile nella fattispecie dell’art. 420 bis c.p.c., e se si versi nell’ipotesi dell’immediata ricorribilità per Cassazione di cui al comma 2, di detta disposizione e se il ricorso sia di conseguenza ammissibile. L’esame di tale questione è preliminare all’eccezione di incostituzionalità, in quanto è evidente che se il ricorso fosse inammissibile verrebbe meno la rilevanza della questione di costituzionalità, avendo la controversia trovato una soluzione che prescinde dal suo esame (argomento della L. 11 marzo 1953, n. 87, ex art. 23, sul funzionamento della Corte costituzionale).
La Sezione Lavoro di questa Corte si è già espressa nel senso dell’inammissibiltà (si vedano, tra le altre, le sentenze 19.2.07, n. 3770 e 7.3.07, n. 5230). Di seguito si riporta la sintetica rappresentazione delle argomentazioni su cui si fonda tale giurisprudenza.
1) – L’accertamento pregiudiziale previsto dall’art. 420 bis c.p.c., è istituto processuale riservato al primo grado e non all’appello, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, che ai fini della sua statuizione ha essenzialmente privilegiato il dato argomentativo desumibile dall’art. 359 c.p.c., per il quale in appello si osservano, se applicabili, le norme del giudizio di primo grado. A tale conclusione conducono elementi di carattere testuale, quali: a) la circostanza che il Giudice che promuove l’accertamento pregiudiziale impartisce “distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione”, il che fa pensare che l’accertamento stesso debba avvenire in limine litis, prima di ogni attività istruttoria; b) la previsione che la sentenza interpretativa possa essere impugnata “soltanto” per cassazione, il che dimostra l’intento di limitare l’accertamento al primo grado, in quanto la sentenza di secondo grado è già di per sè impugnabile per cassazione; c) la previsione appena indicata non costituisce una deroga al regime di non impugnabilità per cassazione delle sentenze non definitive che non definiscono il giudizio o parte di esso, desumibile dal combinato disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 3, e art. 361 c.p.c., comma 1, in quanto tale eccezione contrasterebbe con un preciso principio direttivo della L. n. 80 del 2005 (art. 1, comma 3, lett. a).
2) – A questi argomenti si aggiunge il canone costituzionale della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) che, coniugato con quello dell’immediatezza della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), comporta un bilanciamento tra il vantaggio di un più rapido intervento in senso nomofilattico della Corte Suprema ed il ritardo della definizione della controversia. Il bilanciamento, con riferimento all’art. 420 bis c.p.c., è maggiormente attuabile in primo grado, ove il ritardo della definizione della lite è compensato dal più rapido intervento della Corte di cassazione, mentre in appello analoga compensazione non è realizzabile in quanto, essendo la sentenza di secondo grado già di per sè ricorribile, non ne deriverebbe il beneficio acceleratorio costituito dall’intervento omisso medio della Corte di cassazione. La sentenza impugnata, dunque, essendo resa in appello, non è riconducibile alla fattispecie dell’art. 420 bis c.p.c., e non è immediatamente ricorribile per cassazione ai sensi del comma 2, della norma in questione. In ragione della sua natura, non definitoria neppure in termini parziali del giudizio, essa ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 3, e art. 361 c.p.c., comma 1, non è ricorribile.
3) – Non può ritenersi frustrato l’affidamento che le parti possono aver riposto nella decisione della Corte territoriale emessa nel contesto processuale dell’art. 420 bis c.p.c., atteso che l’interesse ad un giudizio di impugnazione sulla sentenza resa dal Giudice di appello è salvaguardato dall’applicabilità dell’art. 360 c.p.c., comma 3, secondo periodo, nuovo testo, per il quale contro le sentenze non immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione perchè non definiscono neppure parzialmente il giudizio, può essere successivamente proposto il ricorso per cassazione, senza necessità di riserva, allorchè sia impugnata la sentenza (anche parzialmente) definitoria.
Condividendo il Collegio questa impostazione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Consegue la irrilevanza della sollevata questione di illegittimità costituzionale.
Nulla per le spese non essendosi costituiti gli intimati.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.