Cassazione Civile, sez. unite, 05 marzo 2008, ord. n. 5902
FATTO
1.1. Il Dr. A.G.S., curatore dei fallimenti della s.d.f. Elettr… B.C. e dei suoi soci, sigg. B. C., O.E. e A.T.S., ha richiesto il rimborso di un credito IVA di Euro 119.000,00, oltre gli interessi. L’Agenzia delle Entrate competente, Ufficio di Brescia, svolta la necessaria istruttoria, ha riconosciuto la sussistenza del diritto al rimborso, ma ha comunicato al richiedente la propria intenzione di non procedere alla restituzione della somma richiesta a causa dei “carichi pendenti tributari a carico del socio B. C. per ammontare di Euro 33.177,17, oltre eventuali accessori di legge”. 1.2. Il Dr. A., ritenendo che la risposta dell’Agenzia delle Entrate fosse in palese violazione “dei basilari principi tributari ispiratori della legge sottesa ai rimborsi” fiscali, ma, comunque, costituiva “prova scritta attestante l’effettività del credito spettante alla parte istante ed il diritto della stessa di ottenerne il pagamento”, ha chiesto al giudice ordinario di ingiungere all’Agenzia stessa di pagare la complessiva somma di Euro 119.000,00, oltre gli interessi.
Il giudice adito, Tribunale di Brescia, ritenuta la propria competenza, ha ingiunto all’Agenzia delle Entrate, ufficio di Brescia, di pagare la minor somma di Euro 85.822,83 (Euro 119.000,00 – 33.177,00), in quanto il credito vantato dalla parte ricorrente era da considerare certo, liquido ed esigibile, soltanto entro tale limite.
Avverso il decreto ingiuntivo, ha proposto opposizione l’Agenzia delle Entrate eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, comunque, la non esigibilità del credito vantato dalla società, il cui pagamento era stato sospeso a causa del carico pendente nei confronti di uno dei soci.
1.3. Con l’odierno ricorso, proposto ai sensi dell’art. 41 c.p.c., il Dr. A. chiede a queste SS.UU. di risolvere la questione di giurisdizione. A sostegno della propria scelta, cita la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale i crediti dei contribuenti, non contestati, integrano una ordinaria pretesa da far valere dinanzi al giudice ordinario (Cass. 10725/2002, 14332/2005, 18120/2005, 6036/2002, 11403/2001, 7331/1991, 11935/1988), che involge esclusivamente questioni di carattere patrimoniale e non anche questioni tributarie. La parte intimata non ha svolto alcuna attività difensiva.
DIRITTO
2.1. Preliminarmente, giova precisare che “il regolamento preventivo di giurisdizione è esperibile in pendenza del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, non trovando ostacolo nell’emissione di quest’ultimo, atto processuale che, per effetto dell’opposizione, assume carattere provvisorio, non idoneo a contenere alcuna statuizione concernente la giurisdizione su cui possa formarsi il giudicato” (Cass. 601/2005; conf. 9336/1996).
2.2. Nel merito, la controversia in esame, contrariamente a quanto assume la parte istante, appartiene alla giurisdizione delle commissioni tributarie. La giurisprudenza di legittimità citata dalla parte ricorrente si riferisce a controversie che avevano ad oggetto il pagamento di un rimborso, il cui diritto era stato riconosciuto incondizionatamente dall’amministrazione debitrice, senza che vi fosse più da risolvere alcuna questione di carattere tributario. Non basta, cioè, la semplice ammissione del diritto al rimborso, perchè il contribuente possa rivolgersi al giudice ordinario, occorre che tale ammissione non sia accompagnata da un rifiuto correlato alla normativa tributaria. Chiarissimo, in tal senso, è il principio di diritto affermato da queste SS.UU. con l’ordinanza n. 14331/2005, citata dal ricorrente: “Le controversie relative al rifiuto di rimborso di tributi (…) compresi tra quelli elencati nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2 (nel testo originario, applicabile nella fattispecie ratione temporis) sono devolute alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, fatta eccezione per il solo caso in cui l’ente impositore abbia riconosciuto formalmente il diritto del contribuente al rimborso, sì che la controversia non riguarda più la risoluzione di una questione tributaria, ma un mero indebito oggettivo di diritto comune. Né, in assenza di detto riconoscimento, può invocarsi una tutela del giudice ordinario avverso il rifiuto dell’ente impositore ad ottemperare alla sentenza non definitiva del giudice tributario che abbia accertato la non debenza del tributo versato, allegando che contro tale atto – non compreso nell’elenco degli atti impugnabili di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 – non sarebbe apprestata alcuna tutela nel processo tributario: la limitazione della tutela esecutiva o mediante ottemperanza alle sole sentenze del giudice tributario passate in giudicato, prevista dagli artt. 69 e 70 del citato D.Lgs. n. 546 del 1992, non implica, infatti, che debba esistere una tutela residuale del giudice ordinario riguardo alle sentenze non definitive, in presenza delle quali deve sempre esperirsi, dunque, il procedimento di rimborso, contro il cui rifiuto è ammessa soltanto l’impugnativa dinanzi alle Commissioni Tributarie”.
Così pure, l’ordinanza 10725/2002, ripetutamente invocata dalla parte ricorrente, afferma che non ricorrono i presupposti di applicabilità della riserva alla giurisdizione tributaria, di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2 con conseguente esperibilità, da parte del contribuente, dell’ordinaria azione di ripetizione d’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. e devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario, soltanto nel caso in cui “l’Amministrazione finanziaria abbia formalmente riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso delle imposte e la quantificazione della somma dovuta, sì che non residuino questioni circa l’esistenza dell’obbligazione tributaria, il “quantum” del rimborso o la procedura con la quale lo stesso deve essere effettuato”. 2.3. Nella specie, l’atto dal quale trae origine il contenzioso è costituito da un provvedimento di rigetto della richiesta di rimborso dell’odierno ricorrente, per ragioni che attengono alla speciale disciplina tributaria, sì che non si può affermare che non residuassero questioni tributarie che in qualche modo condizionassero la procedura di rimborso. È pur vero che l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto il diritto al rimborso, ma è altrettanto vero che si è rifiutata di procedere al rimborso stesso per i carichi tributari pendenti nei confronti di uno dei soci di fatto della società fallita. Quindi, residuava una questione tributaria (legittimità del rifiuto del rimborso) che andava prospettata dinanzi al giudice tributario competente, mediante tempestiva impugnazione del diniego D.Lgs. n. 546 del 1992) (art. 19, lett. h). Le procedure e le condizioni da rispettare per ottenere i rimborsi iva sono dettate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, il quale, tra l’altro, prevede anche casi di sospensione dell’esecuzione dei rimborsi stessi in caso di commissione di reati tributari (comma 3).
Analogamente, il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23, attribuisce all’amministrazione finanziaria il potere di sospendere il pagamento dei rimborsi a favore di chi risulti coobbligato con un soggetto che si sia reso responsabile di una violazione tributaria di natura amministrativa. In definitiva, nella specie, l’Agenzia delle Entrate, pur riconoscendo l’esistenza dell’indebito versamento ha rifiutato il rimborso per la presenza di fatti ostativi secondo la normativa tributaria. Siamo quindi in presenza di una fattispecie completamente diversa da quelle esaminate dalla giurisprudenza citata dal ricorrente, nelle quali l’amministrazione aveva comunque disposto il rimborso (v. in particolare Cass. 6036/2002, 11935/1998, 7331/1991).
2.4. La parte ricorrente eccepisce anche che il diniego era del tutto immotivato e, comunque, non supportato da prove in relazione alla sussistenza di fatti ostativi al rimborso. Sono eccezioni che attengono al merito e che non rilevano in questa sede.
Quanto alla prospettata inconciliabilità del giudizio tributario con le procedure concorsuali, questa Corte ha già avuto modo di affermare che l’esistenza di procedure fallimentari non incide sulla giurisdizione del giudice speciale tributario (Cass. 7791/2006, 20112/2005).
2.5. Conseguentemente, va dichiarata la giurisdizione del giudice tributario e va disposta, pertanto, la prosecuzione del giudizio dinanzi alla Commissione tributaria provinciale competente per territorio. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio dinanzi al giudice ordinario, in considerazione della novità del caso.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione del giudice tributario e dispone la prosecuzione del giudizio dinanzi alla Commissione tributaria provinciale competente per territorio. Compensa le spese del giudizio dinanzi al giudice ordinario.