Cons. Stato – Decisione 29/02/2008 n. 783 – Responsabilità precontrattuale della P.A. e risarcimento del relativo danno
DECISIONE
sui ricorsi in appello nn. 5/07, 6/07, 1450/07 e 1451/07, proposti, rispettivamente da (i primi due) E. S.p.A. e G. S.r.l.,
rappresentate e difese dagli avv.ti Angelo Clarizia e Roberta Zanino ed elettivamente domiciliate presso il primo in Roma, via Principessa Clotilde 2;
contro
IL MINISTERO DELLA DIFESA, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliato “ex lege”, in Roma, via dei Portoghesi 12;
e con appello incidentale
in entrambi i ricorsi del Ministero della difesa, rappresentato, difeso e domiciliato come sopra;
ed i secondi due dal
MINISTERO DELLA DIFESA,
rappresentato, difeso e domiciliato come sopra;
contro
E. S.p.A. e G. s.r.l., non costituitesi in giudizio;
tutti per l’annullamento
delle sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. I, n. 5766 e n. 5767 in data 11 luglio 2006, rese “inter partes”.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio e di appello incidentale del Ministero della Difesa nei primi due ricorsi;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Relatore alla pubblica udienza del 18 dicembre 2007, il Consigliere Eugenio Mele;
Uditi l’avvocato dello Stato Palatiello e l’avv. Angelo Clarizia;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
I quattro appelli indicati in epigrafe attengono ad un’unica vicenda; gli appelli n. 5/07 e n. 1450/07 si riferiscono alla sentenza n. 5766 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio e tendono, l’uno, ad ottenere un integrale risarcimento del danno, e l’altro, alla eliminazione del parziale risarcimento del danno riconosciuto in primo grado, con riferimento al lotto n. 18 di una gara a licitazione privata per il servizio di pulizia presso enti, distaccamenti e reparti del Ministero della difesa; gli appelli n. 6/07 e n. 1451/07 sono omologhi nei confronti della sentenza n. 5767/06 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, in relazione al lotto 19 dello stesso appalto.
Con i due appelli, la società E., anche nella sua qualità di soggetto designato capogruppo del raggruppamento temporaneo di imprese con G. s.r.l., fa presente che, rimasto il raggruppamento aggiudicatario della gara per i lotti n. 18 e n. 19, riceveva in data 11 dicembre 2003 e successivamente il 23 settembre 2004, richiesta di presentazione della documentazione necessaria per la stipula dei relativi contratti.
Prodotta la documentazione, però, l’Amministrazione non procedeva alla stipulazione dei contratti relativi ai due lotti suddetti e, con nota 14 ottobre 2005, informava la società E. che era stato avviato il procedimento per l’annullamento del bando di gara, a causa della constatazione di errori nella individuazione della base d’asta.
Chiedeva, pertanto, al primo giudice la società E. sia l’annullamento dell’atto in autotutela che, in via subordinata, il risarcimento del danno.
Le sentenze di primo grado hanno accolto solo in minima parte la richiesta di risarcimento del danno, ritenendo peraltro la legittimità dell’autoannullamento.
Avverso le medesime, l’appellante società E. si grava con gli appelli suindicati, rilevando che l’annullamento del bando è avvenuto solo con riferimento alla verifica degli errori in ordine alla determinazione della base d’asta (maggiore frequenza degli interventi di pulizia, aggiunzione dei costi per lavaggio stoviglie e rifacimento letti già previsti come interventi accessori, inclusione della remunerazione della pulizia delle cucine e delle mense, attività quest’ultima già attribuita ad altra impresa), senza tenere conto della realtà, vale a dire del fatto che l’offerta di E. era comunque conveniente, essendo stato effettuato un ribasso prossimo al 50%, oltre al fatto della possibilità di una rinegoziazione.
Vengono riproposti, per entrambi gli appelli, i motivi di ricorso di primo grado, e precisamente:
1) Violazione degli artt. 1, 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 1337 cod. civ. e difetto di motivazione, in quanto, sebbene l’Amministrazione abbia proceduto ad inviare l’avviso dell’inizio del procedimento di annullamento del bando, la stessa ha poi dato corso all’annullamento medesimo sulla base di ragioni non comunicate;
2) Violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 1337 cod. civ., nonché illogicità manifesta, errore nei presupposti e motivazione erronea e carente, in quanto l’Amministrazione ha tratto la conclusione dell’illegittimità del bando da altra sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, emanata in precedenza con riferimento ad altri lotti.
Gli appelli, rilevando il grave danno subìto, chiedono, in via subordinata (rispetto alla stipulazione del contratto), il risarcimento dei danni subiti, quantificati nelle spese effettivamente sostenute e nel dieci per cento dell’importo contrattuale dei due lotti.
L’Amministrazione intimata si costituisce in giudizio in entrambi gli appelli e si oppone agli stessi, rilevando la necessità dell’annullamento in autotutela per i gravi errori inseriti nel bando di gara e per l’improponibilità di qualsiasi rinegoziazione in sede contrattuale, oltre all’esistenza comunque del concorso di colpa, che dovrebbe comportare la riduzione risarcitoria al 5% o addirittura al 2,50% dell’importo contrattuale.
L’Amministrazione della difesa propone, altresì, appello incidentale sia perché la “culpa in contraendo” non può essere riconosciuta nel caso di licitazione privata e sia perché, in considerazione della facile riconoscibilità degli errori esistenti nella determinazione della base d’asta, è evidente che le appellanti principali hanno partecipato alle due gare non in perfetta buona fede, e chiede quindi l’annullamento delle sentenze appellate nella parte in cui è stata riconosciuta la (pur minima) “culpa in contraendo”.
Per entrambi gli appelli la società E. ha depositato memoria difensiva, nella quale controdeduce ampiamente agli appelli incidentali del Ministero.
Con gli altri due appelli l’Amministrazione della difesa, impugna la medesima sentenza, nella parte in cui ha riconosciuto il risarcimento degli interessi negativi, relativi al costo delle due polizze per la cauzione definitiva, a seguito di “culpa in contraendo”.
Rileva sul punto il Ministero della Difesa che l’aver riconosciuto un concorso di colpa della società E. esclude automaticamente qualsiasi risarcimento del danno, oltre al fatto che l’art. 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004 consente all’Amministrazione l’annullamento d’ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, quando da ciò derivi comunque un risparmio di spesa.
La società E. non si costituisce in giudizio in tali due ultimi appelli.
Le cause passano tutte in decisione alla pubblica udienza del 18 dicembre 2007.
DIRITTO
I quattro appelli indicati in epigrafe sono fra loro intimamente connessi sia da un punto di vista soggettivo che da un punto di vista oggettivo, per cui il Collegio ravvisa preliminarmente l’opportunità di una loro riunione, al fine della loro decisione nell’ambito di un unico provvedimento giurisdizionale.
I due appelli incidentali e i due appelli principali, tutti proposti dall’Amministrazione della difesa, sono diretti, come si è anticipato nella parte espositiva della presente sentenza, a contestare quella parte delle sentenze di primo grado che hanno riconosciuto all’ATI capeggiata da E. il risarcimento dei danno per “culpa in contraendo”, sulla base di due motivi (complessivamente considerati) con i quali si sostiene che la responsabilità pre-contrattuale non sarebbe riferibile a procedure esperite con la licitazione privata, e che l’art. 1, comma 196, della legge n. 311 del 2004 consentirebbe comunque l’annullamento di provvedimenti illegittimi.
Entrambi i motivi sono infondati.
Quanto alla asserita inapplicabilità dell’istituto della responsabilità pre-contrattuale in caso di procedure di scelta del contraente mediante licitazione privata, osserva il Collegio che la licitazione privata è un procedimento amministrativo di scelta del contraente privato (cosiddetta “evidenza pubblica) che sostituisce, mediante una procedura predeterminata e funzionalizzata, i contatti preliminari tra le parti che avvengono nell’ambito del diritto comune. Ne deriva che la conclusione della procedura medesima è attività in tutto equiparabile a tali contatti preliminari, versati però in una procedura di diritto amministrativo, con la conclusione che, non essendo ancora intervenuta la rituale stipulazione, si è, e non si può che essere, nell’ambito della (eventuale) responsabilità pre-contrattuale.
Per quanto riguarda il secondo motivo, la possibilità legislativa attribuita all’Amministrazione di annullare, entro un certo periodo temporale, provvedimenti illegittimi, non significa che tale annullamento possa esimere l’Amministrazione da eventuali responsabilità concretamente accertate.
Pertanto, gli appelli suddetti sono infondati e vanno, conseguentemente, rigettati.
Il Collegio passa, poi, ad esaminare i due appelli principali, proposti dalla società E..
Gli appelli stessi sono solo in parte fondati.
Gli appelli suddetti, come può rilevarsi dall’esposizione in fatto, concernono due distinte richieste una, di carattere assorbente, concernente l’annullamento dell’atto in autotutela, e una, subordinata, relativa alla richiesta del risarcimento del danno subito.
Le censure che si dirigono a sostegno della prima richiesta sono infondate.
Infatti, è acclarato e non controverso che la base d’asta determinata dall’Amministrazione è il frutto di numerosi errori, riconosciuti peraltro dalla stessa appellante.
Tali errori, oltre a determinare un esborso finanziario per attività non espletabile, o espletabile in via accessoria e espletata già da altri, davano anche luogo alla prospettazione di una situazione di fatto completamente avulsa dalla realtà, per cui non può mettersi in dubbio che l’atto di annullamento da parte dell’Amministrazione fosse doveroso.
Né è possibile parlare di una rinegoziazione delle obbligazioni contrattuali, in quanto ciò andrebbe ad alterare la “par condicio” con gli altri concorrenti; e si deve rilevare che il ribasso d’asta non è destinato a coprire gli errori dell’Amministrazione, ma riguarda una valutazione dei costi da sopportare da parte dell’aspirante contraente, ed esso è collegato proprio alla base d’asta, e non ad altri improbabili ed imponderabili parametri.
Per questa parte, le sentenze di primo grado vanno, pertanto, confermate.
Gli appelli, invece, sono fondati relativamente all’esistenza della “culpa in contraendo” in capo all’Amministrazione.
Ed invero, il comportamento della stessa è stato, in parte, dilatorio senza ragione per circa due anni (e anche per parecchi mesi dopo l’emanazione di una sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio che aveva annullato il bando di gara per un altro lotto della medesima procedura) e, in parte (con la richiesta per ben due volte dei documenti necessari per procedere alla stipulazione del contratto), assertivo della regolarità del procedimento di aggiudicazione, radicando in capo alla E. il convincimento della imminente stipulazione del contratto.
La colpa dell’Amministrazione è, pertanto, evidente, ed essa potrà ricercare al massimo al proprio interno le ragioni della cattiva formulazione del bando, ma non può far ricadere sull’aggiudicatario colpe non sue.
Ciò dovrebbe comportare la risarcibilità del danno che, per giurisprudenza costante, viene calcolato nella misura del dieci per cento della base d’asta, corretta dal ribasso dichiarato in sede di presentazione dell’offerta.
Ma la fattispecie in esame presenta degli aspetti particolari che non possono essere ignorati.
Il primo riguarda il cosiddetto “concorso di colpa” della società E.; e in effetti non sembra credibile che un’impresa esperta del settore non fosse in grado di accorgersi dei tanti e non lievi errori che inficiavano le prestazioni contrattuali richieste, in quanto la formulazione dell’offerta è normalmente effettuata prendendo in considerazione i costi da sopportare, i quali non possono che essere in relazione con le prestazioni da effettuare.
Ciò determina un abbattimento della percentuale forfetaria di liquidazione del danno al 5%.
Ma, nella specie, compare anche un altro elemento che induca a ridurre ulteriormente la percentuale risarcitoria.
Infatti, ha ripetutamente segnalato nei propri scritti defensionali la E. di aver offerto un percentuale di ribasso altissima, prossima al 50%, mercé la quale l’offerta, anche con gli errori contenuti nelle prestazioni richieste, comunque risultava ancora conveniente.
Quest’affermazione lascia perciò intendere che l’offerta della E. sia stata formulata tenendo anche conto delle anomalie prima indicate, che, sia pure in linea generale, erano state in qualche modo avvertite.
Il che dimostra sicuramente un concorso di colpa più elevato rispetto a quanto in precedenza indicato, per cui l’aliquota del risarcimento può essere definitivamente fissata nel 2,50% della base d’asta delle due gare, depurata del ribasso percentuale offerto.
Oltre a ciò è dovuto il danno emergente come determinato dal primo giudice.
In questi termini i due appelli della società E. vanno accolti.
Le spese dei quattro giudizi riuniti, in considerazione dell’esito complessivo degli appelli principali e incidentali, possono essere integralmente compensate fra le parti.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe, li riunisce;
rigetta gli appelli incidentali proposti dal Ministero della difesa;
rigetta gli appelli n. 1450/07 e n. 1451/07, proposti dal Ministero della difesa;
accoglie gli appelli n. 5/07 e n. 6/07, proposti da E. s.p.a., nella parte di essi indicata in motivazione e, per l’effetto, in riforma delle sentenze appellate, accoglie i ricorsi di primo grado, nelle parti stesse.
Spese di giudizio compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 18 dicembre 2007, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in Camera di Consiglio con l’intervento dei signori:
Luigi Cossu – Presidente
Anna Leoni – Consigliere
Bruno Mollica – Consigliere
Carlo Saltelli – Consigliere
Eugenio Mele – Consigliere est.
IL PRESIDENTE
Luigi Cossu
L’ESTENSORE
Eugenio Mele
IL SEGRETARIO
Giacomo Manzo
Depositata in Segreteria il 29 febbraio 2008
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
PER IL DIRIGENTE
Maria Grazia Nusca