Consiglio di Stato, Sent. n. 2077/2009 – Bando di concorso
Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 1° aprile 2009, n. 2077
FATTO
Vengono in decisione gli appelli proposti dalla Regione Lombardia e da numerosi partecipanti ed idonei del concorso indetto atto n. 1841 del 21 febbraio 2006 per la copertura di n. 20 posti di dirigente nel ruolo organico della Giunta Regionale della Lombardia, pubblicato sul BURL n. 8 del 22 febbraio 2006 e sul sito internet della Regione.
Con la pronuncia impugnata il predetto bando è stato annullato per la ritenuta illegittimità della mancata pubblicazione dello stesso su GURI.
Parte vincitrice in primo grado si è costituita e ha controdedotto alle opposte difese.
All’udienza di discussione i patroni delle parti hanno ulteriormente insistito per l’accoglimento delle già rassegnate conclusioni.
DIRITTO
A) In rito
1. Va preliminarmente disposta la riunione degli appelli proposti tutti avverso la medesima sentenza.
2, Numerose sono le eccezioni di rito avanzate dalle parti appellanti: alcune di esse concernono la procedibilità dell’appello, altre ripropongono questioni prospettate in primo grado.
3. Nell’ordine logico delle questioni va data priorità all’eccezione relativa alla asserita improcedibilità per cessazione della materia del contendere dell’appello e del ricorso di primo grado come dedotta dalla Regione Lombardia con memoria del 29 novembre 2008.
4. In esito alla ordinanza cautelare n. 3006 del 2008 resa inter partes nella camera di consiglio del 3 giugno 2008, con la quale questa Sezione aveva enunciato l’obbligo per l’Amministrazione di congelare un posto di dirigente di ruolo da bandire e mettere a concorso, in modo da soddisfare la pretesa dell’appellato a partecipare alla procedura concorsuale, l’appellante Regione avrebbe dato spontanea esecuzione dichiarando di bandire un concorso per un posto di dirigente di ruolo nello stesso profilo di quelli già messi a concorso, pubblicando il predetto bando anche sulla Gazzetta Ufficiale e procedendo alle prove di selezione alle quali ha partecipato l’appellato ingegner Di Domenico, che risulta essere stato ammesso alla seconda prova d’esame.
5. Da tale spontaneo adempimento si prospetta la sopravvenuta carenza di interesse quanto meno alla coltivazione del ricorso, posto che il bene della vita al quale aspirava l’ingegner Di Domenico (partecipazione al concorso bandito dalla Regione Lombardia) sarebbe stato conseguito.
6. Opposta opinione ha manifestato l’appellato, che ha esattamente rilevato come non possa stabilirsi alcuna equipollenza tra il concorso originario bandito per un congruo numero di posti e quello disposto in asserito spontaneo adempimento dell’ordinanza cautelare n. 3006/2008 di questa Sezione: l’improcedibilità poteva probabilmente desumersi dalla circostanza (non invocata dalla Regione) della vincita del concorso da parte dell’appellato, che, in tale evenienza avrebbe potuto valutare la possibilità di insistere per la integrale riapertura di una procedura selettiva, quando il fine al quale l’intero gravame era preordinato era stato comunque soddisfatto.
7. Sostenere come fa la Regione Lombardia che il bene della vita sul quale si è sviluppata la vertenza è costituito dalla astratta possibilità di partecipare ad una selezione concorsuale è argomentazione formalistica, che sembra appannare la finalità intrinseca al processo amministrativo di costituire, cioè, la base per il soddisfacimento sostanziale delle posizioni presidiate con l’interesse legittimo: l’affermazione della Regione, infatti, si risolve oggettivamente in una confusione tra l’oggetto dell’interesse ed il tipo di protezione ad esso accordato (così testualmente A.P. 29 gennaio 2003, n. 1)..
8. A prescindere da questa pur assorbente osservazione, è comunque certo che la situazione ricreata attraverso la procedura selettiva ad un solo posto dirigenziale non costituisce succedaneo idoneo e satisfattivo di procedura con ben maggiori chances di collocazione in graduatoria: per consolidata giurisprudenza (da ultimo: C.d.S., IV, 19 febbraio 2008, n. 532 e, tra le numerose altre, la appena citata A.P. n. 1/2003)) una decisione di improcedibilità del gravame per sopravvenuto difetto di interesse consegue esclusivamente ad una modificazione della situazione di fatto o di diritto esistente al momento della domanda tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza.
9. Tale verifica, a sua volta, esige che la presupposta, rigorosa indagine circa l’utilità conseguibile per effetto della definizione del ricorso conduca al sicuro convincimento che la modificazione della situazione di fatto e di diritto intervenuta in corso di causa impedisca di riconoscere in capo al ricorrente alcun interesse, anche meramente strumentale e morale, alla decisione (tra le molte: C.d S., IV, 1° agosto 2001, n. 4206).
10. Ciò basta per revocare ogni fondamento alla prospettata tesi dell’improcedibilità (mentre quella che addirittura prospetta la cessazione della materia del contendere è a stretto rigore un fuor d’opera per quanto sopra osservato).
11. Vanno ora partitamene esaminate le eccezioni prospettate in primo grado e rinnovate in appello e quelle che comunque attengono la decisione di prime cure.
12. Nell’ordine logico tali eccezioni riguardano:
a) l’inammissibilità del ricorso per non essere stata presentata domanda di partecipazione, seppure tardiva (prima parte motivo sub 6 appello Regione; motivo sub 2 appello Ambrosini ed altri; seconda parte motivo sub 1 appello Iacone ed altri);
b) l’inammissibilità poiché il ricorrente avrebbe fatto valere non già l’interesse concreto, personale ed attuale alla partecipazione e al superamento di un concorso, ma quello astratto al ripristino di regole che ha assunto essere state violate (motivo sub 7 prima parte appello Regione);
c) l’inammissibilità del ricorso di prime cure per non essere stati impugnati gli atti relativi alla conclusione della procedura (motivo sub 1 appello Iacone e motivo 7.2 dell’appello Regione);
d) l’inammissibilità del ricorso originario per omessa impugnazione della DGR n. 1476 del 2005 (motivo sub 7.3 appello Regione);
e) l’inammissibilità per mancata integrazione del contraddittorio nel processo di primo grado (motivo sub 2 appello Iacone);
f) l’irricevibilità del ricorso di prime cure (motivo sub 3 appello Iacone).
13. Relativamente alla eccezione indicata al punto 12 sub a), non possono che confermarsi le approfondite ed eleganti osservazioni svolte dal Giudice di prime cure.
14. Va, in proposito, rammentato che il principio della obbligatoria presentazione della domanda di partecipazione alla procedura concorsuale è stato affermato dalla citata Adunanza Plenaria n. 1/2003 con caratteri non già di assolutezza, bensì di congruenza e riferibilità alle concrete situazioni coinvolte nelle singole vertenze, laddove si è statuito che “la presentazione della domanda di partecipazione, nell’evidenziare l’interesse concreto all’impugnazione, fa del soggetto che ha provveduto a tale adempimento un destinatario identificato, direttamente inciso dal bando”.
15. L’intento perseguito dall’Adunanza Plenaria è non già quello di dettare una regula iuris perentoria nei contenuti, bensì di stabilire un utile raccordo tra il momento della esposizione degli interessi e delle posizioni fatti valere e l’ambito di valutazione necessaria per le questioni di diritto (con particolare riguardo alle metodiche di impugnabilità immediata o differita) di volta in volta passate in rassegna in quella decisione.
16. Sfugge da quel contesto interpretativo la circostanza obiettiva sulla quale si articola l’intero gravame e che può così sintetizzarsi: non avere avuto l’interessato notizia tempestiva del bando di concorso per la mancata pubblicazione dello stesso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
17. La circostanza, nel suo complesso, impinge nel merito e, sotto questo riguardo, verrà successivamente esaminata; ciò non esclude, tuttavia, che la stessa possa e debba essere presa in considerazione sotto il profilo delle conseguenze di rito che le parti intendono farle discendere.
18. A prescindere dalle pur dotte notazioni contenute nella sentenza impugnata e degli altrettanto acuti rilievi contenuti nella pronuncia 8 marzo 2006, n. 1208 di questa Sezione con riguardo alle innovazioni interpretative imposte dalla giurisprudenza comunitaria e, in particolare, dalla sentenza Stadt Halle (Corte di Giustizia CE 11 gennaio 2005 in causa C-26/03), va rilevato in fatto che il soggetto nei cui confronti non si sia stata estesa nei modi previsti dalla legge la notizia di un determinato fatto, non può svolgere attività che presuppongono, per contro, la conoscenza del fatto stesso: ciò per “la contraddizion che nol consente”.
19. La Sezione vuol cioè significare come, ammessa per ipotesi e salva adeguata dimostrazione nel prosieguo, l’inidoneità della pubblicazione diversa dalla Gazzetta Ufficiale a fornire adeguato e sufficiente ragguaglio sul bando di concorso per il quale è controversia, discenda quasi per tabulas la piena legittimazione alla proposizione di rimedio giurisdizionale del soggetto che non abbia potuto attingere alla fonte legittima la specifica notizia e, per questo, non abbia potuto presentare nei termini la domanda di partecipazione.
20. Né può affermarsi, come oppongono gli appellanti, che sarebbe stata comunque necessaria una domanda di partecipazione ancorché tardiva.
21. Conviene, per contro, sottolineare come tale incombente non era dovuto da parte del ricorrente di prime cure e come, anzi, tale atto gli fosse in buona sostanza precluso.
22. Una domanda tardiva è di per sé irricevibile e legittima l’esclusione del suo autore dalla prova concorsuale: se, in altre parole, l’ing. Di Domenico avesse presentato la domanda di partecipazione oltre i termini, sarebbe stato buon gioco dell’Amministrazione rifiutarla ed escludere il richiedente, che, a questa stregua, non avrebbe avuto titolo a contestare una procedura alla quale, sia pure oltre i termini, aveva manifestato adesione.
23. Va parimenti escluso che il Tribunale amministrativo ambrosiano abbia errato in sede cautelare laddove non ha (sua sponte?) disposto l’ammissione con riserva dell’aspirante, che non aveva titolo a richiederla.
24. Sotto questo riguardo (si tocca qui il tema sollecitato nel motivo sub 6 parte seconda dell’appello Regione Lombardia), si profila, da parte dell’Amministrazione, una vera e propria interversione dell’onere di provvedere: si rammenta, invero, che la misura cautelare disposta dal Giudice costituisce sempre un evento integrativo e successivo rispetto alla doverosa attivazione in sede di autotutela della stessa Amministrazione.
25. Quest’ultima, in quanto fornita delle prerogative autoritative e soggetta ai parametri costituzionali presidiati dagli articoli 51 e 97 Costituzione ben avrebbe potuto di propria iniziativa disporre non già l’ammissione con riserva di chi non aveva potuto presentare domanda, (statuizione, è bene soggiungere, che si sarebbe senz’altro rivelata come una indebita modificazione della par condicio degli altri concorrenti e per questo e per altre intuibili ragioni destinata a sfavorevole conclusione), ma una riapertura dei termini al solo fine di consentire la presentazione della domanda a quanti fossero stati impediti dalla mancanza di conoscenza derivante dalla carenza di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
26. E’ opportuno sottolineare che l’odierno ricorrente aveva in proposito prospettato la possibilità di un riesame e che il mancato adeguamento alla situazione di diritto è stato il frutto della scelta dell’Amministrazione regionale di insistere sulla propria linea di esclusiva competenza in materia di pubblicazione di bandi di concorso.
27. Ne deriva che non può essere certo riversata sul Giudice amministrativo la responsabilità per la mancata adozione di misure idonee ad assicurare il soddisfacimento anche precario delle ragioni del ricorrente.
28. Non consegue favorevole scrutinio neppure l’eccezione elencata al punto 12 sub b).
29. L’affermazione secondo la quale l’ingegner Di Domenico, proponendo il ricorso avanti il Tar Lombardia, non avrebbe fatto valere un interesse proprio, personale ed attuale, ma avrebbe esercitato una specie di azione popolare in funzione nomofilattica è del tutto destituita di fondamento.
30. In fatto è pacifico inter partes che il ricorrente sia in possesso di tutti i requisiti di studio e di carriera per poter partecipare al concorso in questione e come lo stesso, ammesso alla speciale procedura concorsuale bandita in asserita esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 3006/2008 di questa Sezione abbia presentato domanda e si sia sottoposto alle prove d’esame.
31. Con memoria difensiva presentata nell’imminenza della presente decisione, l’ing. Di Domenico ha manifestato la sua opposizione ad una pronuncia di improcedibilità sollecitata dalla Regione per le ragioni esposte nei punti da 4 a 10 della presente esposizione in diritto, rappresentando come fosse suo interesse poter partecipare ad un concorso con venti posti da assegnare, per la certo più favorevole prospettiva statistica di poter risultare vincitore.
32. Emerge in modo chiaro e inequivoco come l’interesse fatto valere dal ricorrente sia preordinato alla partecipazione a una procedura concorsuale al fine di utilmente collocarsi in graduatoria ed essere così nominato dirigente dei ruoli della Regione Lombardia: si tratta, in definitiva, di interesse munito di tutti i requisiti e qualificazioni per radicare la posizione di parte sostanziale che va senz’altro riconosciuta all’odierno esponente.
33. E’ altresì infondata l’eccezione di inammissibilità contrassegnata al punto 12 sub c), che imputa al ricorrente l’omessa impugnazione degli atti concernenti la conclusione del concorso stesso e l’immissione in ruolo degli utilmente graduati.
34. L’onere di impugnazione della graduatoria è funzionale all’instaurazione del contraddittorio con i soggetti che abbiano acquisito una situazione di vantaggio in esito alla selezione stessa.
35. Nella specie è avvenuto che il Giudice di prime cure ha disposto l’integrazione del contradditorio (con la metodica tipica dell’intervento iussu iudici previsto dall’articolo 107 c.p.c.) così che nel processo sono state acquisite le posizioni fatte valere dai titolari degli interessi uguali e contrari a quello del ricorrente in primo grado.
36. Da tale situazione consegue come sia stata salvaguardata l’esigenza che, in caso contrario, rende obbligatoria, rispetto all’impugnazione di un bando o di un giudizio di non idoneità di partecipanti a un concorso, l’impugnazione degli atti consequenziali che conferiscano un bene o qualche utilità a soggetti che non siano stati parte del giudizio (C.d.S., VI, 25 gennaio 2008, n. 207).
37. Ne consegue che proprio l’acquisita conoscenza da parte dei controinteressati della vertenza alla quale sono stati chiamati a contraddire consente di potere affermare, per il caso di specie come non fosse necessario impugnare l’atto finale.
38. Una volta che sia assicurata la piena partecipazione agli interessati, non può invero subire deroghe l’ordinario principio che imprime effetto caducante all’annullamento del bando.
39. Giova, infatti, rammentare che l’eliminazione dal mondo giuridico del bando di concorso rende privi di qualsivoglia giustificazione gli atti successivi ed irradia i suoi effetti sullo status di dipendenti della Regione dei soggetti contro interessati, rispetto ai quali sia stato soddisfatto l’onere di informazione e di chiamata in giudizio al fine di contraddire sullo specifico punto.
40. Di tale situazione si è mostrata ampiamente consapevole la stessa Regione Lombardia che ha condizionato l’accettazione della nomina da parte dei vincitori del concorso annullato alla clausola contrattuale che contempla la risoluzione del rapporto per effetto di eventuali statuizioni giudiziali pregiudizievoli, senza oneri o chiamata in responsabilità, neppure futura dell’amministrazione procedente.
41. Parimenti non condivisibile è l’eccezione preliminare relativa alla inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio per mancata impugnazione della deliberazione della Giunta Regionale lombarda n. 1476 del 2005 (punto n. 12 sub d).
42. Secondo la corretta ricostruzione esegetica della sentenza impugnata, la deliberazione quadro su indicata definisce le procedure, gli adempimenti riferibili alle diverse modalità di accesso, nonché la composizione delle commissioni selezionatrici in applicazione del precetto contenuto nell’articolo 25, comma 2 della legge Regione Lombardia 23 luglio 1996, n. 16 e non incide, ma solo si affianca alle prescrizioni relative all’obbligo di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei bandi di concorso.
43. In ragione di tale conforme interpretazione dei contenuti del precetto in questione, che sarà in prosieguo corroborata da ulteriori osservazioni, non possono insorgere dubbi sulla carenza di lesività della succitata deliberazione: ne consegue che nessun onere di impugnazione di tale atto gravava sull’odierno appellato.
44. Anche l’eccezione di inammissibilità per mancata integrazione del contraddittorio (di cui al precedente punto 12 sub e) si rivela non condivisibile.
45. La dottoressa Iacone, odierna appellante, sostiene di non aver ricevuto né copia né avviso dell’atto introduttivo del giudizio che avrebbe dovuto essere esteso anche a lei, a seguito dell’ordinanza n. 76 del 18 gennaio 2007 con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei vincitori della procedura concorsuale.
46. La dottoressa Viviane Iacone risiede in Milano, alla via Zamenhof, n. 21 e presso tale indirizzo si è recato l’ufficiale giudiziario che non l’ha tuttavia trovata.
47. A seguito della mancata notificazione a’ sensi dell’articolo 139 c.p.c., l’ufficiale notificatore ha fatto ricorso al peculiare procedimento ex articolo 140 c.p.c. (notificazione al soggetto irreperibile, del quale sia comunque individuato e certo il luogo di residenza) e, per l’effetto, ha depositato copia nella casa comunale, ha affisso avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione e ne ha dato notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.
48. Sostiene l’appellante che la comunicazione mediante raccomandata con avviso di ricevimento non risulta essere andata a buon fine e di non aver rinvenuto alcun avviso dell’avvenuto deposito.
49. A fronte della certificazione da parte dell’ufficiale giudiziario degli eseguiti incombenti, l’unica problematica potrebbe riguardare, invero, la mancata ricezione della comunicazione mediante raccomandata.
50. La notificazione del ricorso ai sensi dell’art. 140 c.p.c., tuttavia, è da ritenere perfetta, con conseguente ricevibilità dell’impugnativa, quando l’ufficiale giudiziario, compiute le altre formalità necessarie, ha attestato nell’annessa relazione la data di spedizione e gli estremi d’identificazione della raccomandata contenente l’avviso di deposito dell’atto presso la casa comunale, indipendentemente dalla consegna del piego al destinatario (C.d.S., VI, 23 settembre 2002, n. 4810; V, 5 marzo 2001, n. 1240).
51. Giova osservare che, secondo consolidati indirizzi della giurisprudenza di questo Consiglio, “nel sistema di notificazione di cui all’art. 140 c.p.c., lo scopo della raccomandata è solo quello di estendere notizia al destinatario dell’avvenuto deposito dell’atto nella sede del comune e, diversamente dalla procedura prevista dall’art. 149 c.p.c., non esige che nella notifica a mezzo posta la ricevuta di ritorno sia allegata all’originale, con la conseguenza che la notifica stessa si perfeziona unicamente alla data di ricezione della raccomandata; pertanto, compiute le necessarie formalità, la notifica è da ritenere perfetta con l’attestazione nella relata della data di spedizione e degli estremi d’identificazione della raccomandata, indipendentemente dalla consegna del piego al destinatario” (C.d.S., IV, 12 marzo 1992, n. 269; in termini v. anche V, 8 febbraio 1988, n. 54).
52. Identiche conclusioni si traggono dalle pronunce della Corte di cassazione, secondo la quale “la notificazione eseguita a norma dell’art. 140 c.p.c. si perfeziona quando l’ufficiale giudiziario a completamento delle altre formalità abbia spedito la raccomandata con la quale dà notizia degli estremi dell’atto, mentre resta irrilevante la consegna di detta raccomandata” (Cass. civ., sez. III, 27 febbraio 1998, n. 2228. come ribadita da Cass. civ., sez. lav., 17 giugno 1999, n. 6065).
53. Alla stregua di tali considerazioni, confortate dalla circostanza che la dottoressa Iacone ha confermato in tutti gli scritti difensivi l’ubicazione della propria residenza nel luogo presso il quale si è recato l’ufficiale giudiziario, va respinta anche l’eccepita inammissibilità per mancata integrazione del contraddittorio.
54. L’ultima questione preliminare concerne l’asserita irricevibilità del gravame.
55. Anche questa eccezione è da respingere, posto che tra la data nella quale il ricorrente ha manifestato conoscenza della procedura in corso (4 aprile 2006, data nella quale l’interessato ha presentato un’istanza di riesame alla Regione Lombardia) e quella di presentazione del rimedio giurisdizionale (23 maggio 2006) non sono certo decorsi i termini decadenziali stabiliti dall’articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
B) Nel merito
56. Tutti gli appelli, seppure con qualche non rilevante differenza, muovono contro la sentenza impugnata la censura dell’erronea interpretazione degli articoli 35 e 70 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in relazione all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487.
57. Si deduce altresì, soprattutto da parte della Regione Lombardia, la violazione delle prerogative legislative inerenti la peculiare materia dell’organizzazione degli uffici, nella quale rientra certo il reclutamento del personale, come affermate dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3: l’articolo 3 di quella legge ha disposto la sostituzione dell’articolo 117 della Costituzione, che al quarto comma assegna alla legislazione residuale esclusiva delle Regioni la materia dell’organizzazione degli uffici (nella quale certo rientra il reclutamento del personale), in quanto non rientrante nelle previsioni dei precedenti commi 2 e 3.
58. Ulteriori doglianze riguardano la violazione dell’articolo 25 della legge Regione Lombardia 23 luglio 1996, n. 16 nonché della legge Regione Lombardia 30 dicembre 1999, n. 30.
59. Nessuna delle censure qui richiamate si rivela fondata: seppure con qualche precisazione, merita, infatti, piena conferma la sentenza del Giudice di prime cure.
60. La prima questione da esaminare concerne quanto già prospettato al precedente punto 56: si tratta di esegesi nella quale si nota negli scritti di tutte le parti (e della stessa pronuncia impugnata) una certa confusione logica.
61. Dispone l’articolo 70 comma 13 del decreto legislativo n. 165 del 2001 che: “In materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto dagli articoli 35 e 36, salvo che la materia venga regolata, in coerenza con i principi ivi previsti, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti”.
62. L’articolo 35 del medesimo testo legislativo, come sopra richiamato, stabilisce, al comma 3, che: “Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi:
a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione…”.
63. Nessuna incompatibilità sussiste tra la previsione dell’articolo 4 comma 1 bis del d.P.R. n. 487 del 1994, come aggiunto dall’articolo 4, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 1996, n. 693 e la previsione appena trascritta del comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
64. La pubblicazione per estratto sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, infatti, costituisce forma di pubblicità sicuramente adeguata (e, si aggiunge, necessaria), che non entra assolutamente in conflitto con la previsione appena richiamata: un rapporto di incompatibilità è configurabile nell’ipotesi in cui la seconda disposizione regoli la medesima situazione disciplinata dalla prima in modo che i regimi relativi alle due norme non possano coesistere – in quanto non armonizzabili tra di loro – a causa della radicale difformità degli elementi essenziali delle regolamentazioni recate dalle due previsioni (cfr, seppure con riferimento alla incompatibilità per successione di leggi nel tempo: C.d.S., VI, 25 giugno 2008, n. 3228; IV, 23 aprile 2004, n. 1509).
65. L’incompatibilità potrebbe essere ipotizzata solo ove si ritenesse che l’articolo 35 d.lgs. n. 165/2001 ha lo scopo specifico di introdurre, per la pubblicità delle selezioni (e quindi anche dei concorsi pubblici), forme di conoscenza pubblica ridotte, quasi cioè che la norma autorizzi il ricorso a sistemi meno garantistici di quelli disciplinati in via generale dal comma 13 dell’articolo 70 del medesimo testo legislativo per il tramite della ricezione della regolamentazione contenuta nel citato d.P.R. n. 487/1994.
66. Ciò palesemente non è coerente con l’impianto normativo del decreto legislativo n. 165 del 2001, la cui esplicita finalità è di fornire le pubbliche amministrazioni e gli enti di riferimento, per quanto concerne la specifica materia del lavoro, una metodica funzionale sicuramente coerente con i principi ed i valori costituzionali.
67. Del resto l’impianto argomentativo dell’appello non è rivolto a dimostrare che tra le previsioni del d.P.R. n. 487 del 1994 e quelle del comma 3 dell’articolo 35 d.lgs. n. 165/2001 sussisteva una incompatibilità specifica tale da escludere l’applicazione delle prime.
68. Gli appellanti per contro si pongono nella prospettiva della incompatibilità senza vagliare in modo critico la portata delle due disposizioni e senza considerare come il primo passo, sotto un profilo logico, sarebbe stato quello di dimostrare la confliggenza delle due disposizioni, quanto meno nel caso specifico.
69. Non può certo assumere valore significativo la circostanza che la Regione abbia ritenuto di non utilizzare la disposizione, poiché ciò rileva sotto il profilo della illegittimità per incoerente esegesi dei precetti normativi e non certo come significativo indizio di una diversa valutazione del contesto operativo.
70. Pur con queste notazioni, la Sezione non intende sottrarsi alla corretta esegesi dell’articolo 35, comma 3 trascritto, per quel che interessa, al punto 62.
71. Posto che si è data per presupposta l’inclusione dei pubblici concorsi nella nozione di selezione usata nel precetto in esame, non può certo limitarsi la portata della disposizione alle forme selettive diverse dal pubblico concorso eppure presenti nelle pubbliche amministrazioni (il solo riferimento ai corsi di riqualificazione operanti quanto meno a livello dell’organizzazione statale ne è ampia controprova); è probabile che tali forme siano state peculiarmente prese in considerazione dal legislatore, ma non si vede come tale previsione possa escludere le forme più ampie, sperimentate e costituzionalmente dovute (articolo 97 c. 3 Cost.) di reclutamento del personale negli apparati pubblici.
72. L’art. 35 cit. ha la funzione non di contraddire la disposizione di dettaglio dell’art. 4 del d.P.R. n. 487 del 1994, bensì di porre norme di principio, ex art. 117 comma 1 Cost. nella formulazione allora vigente, per regioni e province autonome, avendo cura di imporre che la pubblicità delle selezioni sia “adeguata”.
73. Contrariamente a quanto prospettato dagli appellanti, il comma 13 dell’art. 70 e l’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001 sono disposizioni complementari e sostanzialmente compatibili, che tendono a presidiare la materia in modo complessivo e coerente alla maggior tutela di tutti i soggetti interessati all’interno della comunità nazionale: le previsioni speciali (quelle cioè che l’articolo 35 prefigura) sono destinate ad operare negli ambiti sottratti alla normazione generale (alla quale fa riferimento il comma 13 dell’articolo 70) così da determinare una tenuta organica dell’intero sistema.
74. Va ora esaminata la questione prospettata al punto 57 relativa all’appartenenza alla legislazione residuale esclusiva della Regione della materia dell’organizzazione degli uffici e, conseguentemente, del reclutamento del personale.
75. Sull’esistenza di tale riserva a’ sensi del comma 4 dell’articolo 117 Cost. non possono invero sollevarsi dubbi di sorta: il quadro normativo è sufficientemente chiaro e di piena intelligibilità.
76. La Sezione, dopo aver doverosamente riconosciuto l’ambito di competenze legislative proprie dell’ente Regione, non può tuttavia sottrarsi dal rilevare come l’affermazione sull’appartenenza a quell’ente di una legislazione esclusiva in subiecta materia sia ininfluente ai fini della presente decisione.
77. E’ opportuno rammentare, in primo luogo, il costante insegnamento della Corte costituzionale che, con indirizzo univoco inaugurato con sentenza n. 422/2002 (ma vedi anche: n. 28/03; n. 37/03; n. 91, 92 e 96/03; n. 103/03; n. 107/03; n. 197/03; n. 228/03; n. 307/03; n. 364/03; n. 283/04; n. 33/05; n. 272/05; n. 324/05), ha precisato che l’interpretazione e l’applicazione di norme dell’ordinamento va effettuata esclusivamente alla stregua delle norme costituzionali nella formulazione originaria, non rilevando in questa circostanza, il sopravvenuto mutamento di quadro costituzionale, che potrà invece, di regola, trovare applicazione soltanto in riferimento ad atti di esercizio delle potestà legislativa dello Stato o delle regioni successivi alla nuova definizione costituzionale.
78. Anche al di là del momento di entrata in vigore della legge di riforma costituzionale, il canone della necessaria continuità dell’ordinamento giuridico impone di ritenere che il rinnovato assetto delle competenze legislative potrà essere fatto valere dallo Stato e dalle Regioni mediante nuovi atti di esercizio delle rispettive competenze, non condizionati dalla previa rimozione di alcun impedimento normativo.
79. Alla stregua di questa osservazione potrebbe senz’altro concludersi per la sostanziale irrilevanza della questione dedotta dalla Regione Lombardia: le norme invocate e comunque applicate dall’Ente sono tutte antecedenti la riforma costituzionale del 2001 e, per questo devono essere interpretate secondo le norme costituzionali anteriormente vigenti, mentre la legge regionale 7 luglio 2008, n. 20, recante il testo unico delle disposizioni sul personale della Regione è successiva all’adozione degli atti impugnati ed è sotto questo profilo irrilevante.
80. A prescindere da queste pur assorbenti considerazioni è comunque possibile revocare ogni fondamento alle tesi dell’appellante Regione sulla base di una articolata valutazione delle disposizioni in esame.
81. Giova, invero, osservare che al caso di specie è stata applicata (e se ne deduce in altro mezzo la violazione) l’articolo 25 della legge della Regione Lombardia 23 luglio 1996, n. 16 (hodie abrogato dall’articolo 103, comma 1 lettera j) della legge regionale 7 luglio 2008, n. 20, recante il testo unico delle disposizioni sul personale della Regione, ma riprodotto nel medesimo contesto all’articolo 26 della legge regionale n. 20/2008).
82. Quando fu introdotta nell’ordinamento giuridico la predetta legge regionale n. 16/1996, invero, non operavano né l’articolo 70 né l’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (quanto meno nelle parti precettive invocate nella presente controversia); la riforma del titolo V della Costituzione (realizzata con la citata legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) non era ancora uscita, a quell’epoca, dall’elmo di Minerva.
83. Il contenuto dell’articolo 25 su citato è sicuramente neutrale rispetto alla questione in esame: lo stesso si limita a prevedere che con deliberazione quadro adottata dalla Giunta regionale vengono definite le procedure, gli adempimenti riferibili alle diverse modalità di accesso nonché la composizione delle commissioni esaminatrici.
84. La deliberazione quadro si limita a prescrivere, in proposito, (articolo 4, paragrafo 2) che il bando di selezione è pubblicato in forma integrale sul BURL almeno 30 giorni prima dello svolgimento delle prove, ma aggiunge che il bando ovvero un avviso di selezione può essere inoltre diffuso tramite altre forme di pubblicità come previsto dalla normativa vigente.
85. Il riferimento alla normativa vigente consente di ritenere che il provvedimento quadro in questione non abbia inteso sostituire in modo integrale la disciplina generale desumibile dalla normativa vigente, ma abbia semplicemente previsto una specifica modalità che si affianca e non sostituisce le previsioni generali in materia.
86. Quanto rammentato non richiede ulteriori notazioni: le difese degli appellanti, peraltro, non reclamano una originaria legittimazione della legge regionale a disporre in materia di pubblicazione dei bandi concorsuali, ma si limitano a ritenere la sopravvenienza di tale idoneità affidandola alle norme sopra esposte del decreto legislativo n. 165 del 2001 ovvero alla modificazione del titolo V della Costituzione.
87. Si è, tuttavia, osservato come il richiamo agli articoli 35 e 70 del decreto legislativo n. 165/2001 sia inconferente, attesa la piena compatibilità tra pubblicazione dei bandi per estratto sulla Gazzetta Ufficiale e l’adeguata pubblicità delle selezioni imposta nelle ipotesi complementari e non coperte dalla previsione dell’articolo 4 del citato decreto Presidenziale e sempre rammentando il richiamo alla normativa vigente pure contenuto nella citata deliberazione quadro della Regione Lombardia.
88. Né ha rilevanza il richiamo alla competenza legislativa della Regione Lombardia, anteriore o successiva alla riforma del titolo V della Costituzione, giacché, come già osservato, né la legge regionale né la deliberazione quadro derogano, a ben vedere, alle norme statali sulla pubblicità delle selezioni per l’accesso al pubblico impiego.
89. Del resto il problema di una adeguata pubblicità ai concorsi banditi si impone ora a livello comunitario, posto che l’interpretazione dell’articolo 39 c. 4 del Trattato CE seguita dalla prevalente giurisprudenza esclude che l’eccezione prevista nel precetto possa trovare applicazione nei confronti di talune categorie di dipendenti (per i dipendenti di enti locali si veda: sentenza Corte di Giustizia 17 dicembre 1980 C-149/79, Commissione contro Regno del Belgio).
90. La possibilità che possa manifestarsi da parte di cittadini comunitari un interesse per un lavoro nelle pubbliche amministrazioni italiane, per tutti gli impieghi che non implicano una partecipazione diretta o indiretta all’esercizio di poteri pubblici (il d.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174 ne contiene una rassegna in parte non più attuale), è senz’altro ipotizzabile e confermata dalla stessa Regione Lombardia che, nei propri scritti difensivi, ha precisato essere pervenute finanche dalla Francia domande di partecipazione al concorso in oggetto.
91. Da quanto esposto consegue poi che nessun onere impugnatorio incombeva al ricorrente relativamente alla deliberazione di Giunta regionale n. 1465/2005, posto che la stessa disponeva un adempimento non alternativo, bensì complementare a quello derivante dall’articolo 4 del citato regolamento n. 2887 del 1994.
92. Con l’appello n. 2442/2008 è stato proposto altresì come motivo di impugnazione la violazione dell’articolo 34 della legge della Regione Lombardia 30 dicembre 1999, n. 30, che così recita: “1.Il Bollettino Ufficiale della Regione costituisce lo strumento ufficiale di comunicazione istituzionale dell’amministrazione. In esso sono pubblicati gli atti normativi e amministrativi la cui pubblicazione è resa obbligatoria dalla normativa vigente, i testi coordinati di leggi regionali, le circolari esplicative di leggi regionali e gli atti di indirizzo che siano ritenuti di interesse diffuso.
2. Con la pubblicazione di cui al comma 1, ove essa sia integrale o comprensiva degli eventuali allegati, si intende realizzato il diritto d’accesso.
3. Sono altresì pubblicati i provvedimenti, gli annunzi legali e gli avvisi di concorso degli enti la cui pubblicazione sia obbligatoria per legge o richiesta dagli enti medesimi…”.
93. La norma appena trascritta, tuttavia, non presenta alcuna specifica e diversa rilevanza rispetto alle questioni sopra esposte e, probabilmente per questa assorbente ragione, non ha trovato autonoma esposizione nella sentenza impugnata.
94. La Sezione rileva, infatti, come il problema non sia costituito dalla funzione e dalle qualità del Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, siccome esplicitamente dichiarate dal citato articolo 34 della legge regionale n. 30 del 1999.
95. La definizione ivi riportata di strumento ufficiale di comunicazione istituzionale dell’amministrazione e la connessa realizzazione del diritto di accesso tramite pubblicazione sul medesimo Bollettino costituiscono espressione di coerenza al principio democratico di trasparenza dell’azione amministrativa al quale si è indubbiamente ispirato il legislatore regionale.
96. Restano assorbite le difese con cui nel ricorso 2442/2008 sono riproposte le difese rispetto a motivi di censura proposti in primo grado, ritenuti assorbiti dal Tribunale amministrativo regionale e che qui non vi è ragione di esaminare.
97. La sostanziale novità della questione consiglia la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta, riuniti gli appelli in epigrafe indicati, li respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.