La Corte di Cassazione, con la Sentenza del 12/05/2011 n. 18826, afferma che la redazione di una tesi di laurea, asseritamente di natura compilativa ma, in realtà, contenente la mera trasposizione grafica di altro elaborato di diverso autore con alcune correzioni e l’aggiunta di minimi elementi di novità, senza alcun contenuto frutto di personale elaborazione o, comunque, di valutazione critica della fonte utilizzata, configura il reato di cui all’articolo 1 Legge 19 aprile 1925 n. 475.
La Legge 19 aprile 1925, n. 475, infatti, sanziona penalmente la condotta di chiunque “in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per l’abilitazione all’insegnamento ed all’esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri”.
Sul tema, la Cassazione ha già avuto modo di osservare che la legge ha la finalità di tutelare l’interesse alla genuinità di un elaborato che deve essere esaminato dai componenti di una commissione incaricata della valutazione (Sez. III n. 2139, 1 marzo 1979) assicurando che l’aspirante ad un titolo o ad un impiego sia realmente in possesso dei requisiti richiesti per conseguirlo e che il giudizio dell’autorità che procede alla relativa valutazione non sia fuorviato dall’accreditare come proprio il lavoro altrui (Sez. III n. 9673, 6 novembre 1984).
Viene pertanto tutelata quella che è stata definita la “pubblica fede personale” (Sez. V n. 626, 4 settembre 1989).
Si è così prevista un’ipotesi di reato qualificabile di mera condotta, seppure finalizzata alla produzione di un evento antigiuridico che assume il ruolo di circostanza aggravante (Sez. VI n. 9489, 8 settembre 1995; Sez. V n. 9906, 2 novembre 1993; Sez. III n. 9673/84 cit.).
Si è ulteriormente specificato che il riferimento all'”opera di altri”, che la legge contiene, non riguarda il lavoro compilato interamente da un soggetto diverso da quello che figura come autore, ma anche il fatto oggettivo “che il lavoro non sia proprio, cioè non sia frutto del proprio pensiero, svolto anche in forma riepilogativa od espositiva, ma che esprime tuttavia quello sforzo di ripensamento di problematiche altrui che si richiede per saggiare le qualità espositive di un candidato” (Sez. III n. 2139/79 cit.).
Si tratta, peraltro, di un fenomeno particolarmente diffuso, che ha subito un considerevole incremento con la introduzione delle nuove tecnologie, come emerge dalla lettura delle menzionate decisioni, le quali evidenziano un progressivo evolversi delle tecniche utilizzate e, soprattutto, dallo sviluppo di Internet, che ha agevolato e velocizzato la ricerca di informazioni e, conseguentemente, favorito indirettamente anche il fenomeno del plagio, cui pure ha fatto seguito lo sviluppo di specifici strumenti per il rilevamento di contenuti duplicati.
La casistica riguarda, oltre le tesi di laurea, anche il conseguimento di altri titoli scolastici, i concorsi pubblici e l’abilitazione professionale, anche se risulta particolarmente contenuta se raffrontata al periodo di vigenza della legge, tanto che, ancora trent’anni addietro, un chiarissimo Autore, nel negare in generale l’efficacia della consueludine abrogatrice nel diritto penale, utilizzava come esempio la legge 475/25 ricordandone la vigenza e deprecando l’uso di non dare seguito a quelli che definiva “deplorevolissimi fatti”.
Alla accertata falsità dell’elaborato consegue la cancellazione del diploma di laurea ai sensi dell’articolo 5 della Legge 475/1925.