In risposta all’esigenza di bilanciare gli interessi della libertà di navigazione con quelli della sicurezza delle acque adiacenti al territorio, all’inizio del secolo XVIII, si escogitò la cosiddetta “regola della gittata dei cannoni” o “sparo del cannone”.
Orbene, il giurista olandese Cornelius van Bynkershoekautore (1673.1743), autore del “De dominio mari”, enunciò il principio per cui “Potestas terrae finitur ubi finitur armorum vis” (“il potere dello Stato finisce dove termina la forza delle sue armi”).
Secondo detto principio la sovranità dello Stato costiero era contenuta nell’ampiezza delle acque che esso poteva effettivamente sottoporre al suo controllo dalla terraferma. Alla luce di tanto era evidente che la sovranità dello Stato sul mare era limitata all’ampiezza dello spazio che poteva venire coperto dalle artiglierie collocate a terra, sicché l’oceano, al di là della fascia sottoposta alla gittata dei cannoni, che cioè non poteva essere controllato con le flotte e le artiglierie, era sottratto alla sovranità statale e doveva rimanere libero.
Il ricorso allo strumento convenzionale della “regola della gittata dei cannoni” fu determinato dalle spinte impresse dalle potenze navali verso la creazione di una fascia di rispetto lungo le coste di ciascuno Stato costiero al fine di consentire a quest’ultimo di esercitare la propria sovranità territoriale al riparo dai pericoli provenienti dal mare.
Lo strumento in esame fu adoperato fino all’inizio del secolo XX come criterio di distinzione tra il mare territoriale, ove lo Stato esercitava una sovranità pari a quella esercitata sulla terraferma, e l’alto mare, ove vigeva il principio della libertà dell’uso del mare, con riferimento, in particolare alla navigazione ed alla pesca.
Il definitivo abbandono di siffatto criterio fu opera del filosofo-economista napoletano Ferdinando Galiani (1728-1787), il quale per determinare i confini del mare territoriale introdusse nel 1782 il “limite delle tre miglia” dalla costa.
Il criterio del limite delle tre miglia fu accolto ed adottato anche dall’Inghilterra, nel 1878, con il “Territorial Waters Jurisdiction Act”, nonché da moltissime altre Legislazioni nazionali, sicché divenne il criterio predominante per misurare l’ampiezza del mare territoriale, restando tale fino alla metà del secolo XX.