Dopo la decadenza della previsione vincolistica di piano, per l’infruttuoso decorso del quinquennio dalla data di approvazione dello strumento urbanistico generale senza il varo di una pianificazione attuativa di secondo livello, l’Amministrazione comunale ha l’obbligo di ridefinire l’assetto urbanistico delle aree assoggettate a vincolo decaduto.
L’istanza dei privati che mirano a conseguire la riqualificazione urbanistica delle aree incise da vincolo preordinato all’esproprio o da vincolo di inedificabilità deve essere puntualmente riscontrata. Detta istanza, essendo idonea ad attivare la potestà pubblicistica di settore – cioè il potere pubblico di conferire ad un’area rimasta priva di disciplina urbanistica una nuova destinazione – deve culminare nell’adozione di un provvedimento espresso, conformemente a quanto prevede l’art. 2, L. n. 241/1990, che sancisce, com’è noto, l’obbligo di concludere un procedimento mediante adozione di un provvedimento espresso.
Sebbene la decadenza del vincolo dia luogo ad un rinnovato esercizio di potestà pubblicistiche connotate da elevato tasso di discrezionalità, l’obbligo di riscontrare l’istanza può ritenersi soddisfatto solo in presenza dello specifico ed immediato completamento del piano regolatore generale per quella zona e detto obbligo non può ritenersi ottemperato con la mera adozione della delibera di consiglio comunale.
Nel rito del silenzio la possibilità di conoscere la fondatezza o meno della pretesa sostanziale non può essere riconosciuta illimitatamente, né tradursi in un potere generalizzato del giudice amministrativo di sostituirsi alla p.A. Ciò specie qualora con il ricorso si tenda a conseguire un risultato maggiore di quello ottenibile in un ordinario giudizio di legittimità finalizzato all’annullamento di un provvedimento illegittimo, come anche nei casi in cui l’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale, per la sua complessità, si riveli incompatibile con la struttura celere attribuita dal legislatore al nuovo rito.
L’espressione “può”, contenuta nell’ art. 21 bis, L. n. 241/1990, implica comunque la esistenza di un limite al sindacato giurisdizionale, laddove è da escludersi in ogni caso che attraverso l’esercizio di siffatto potere il giudice possa in qualche modo sostituirsi all’Amministrazione, stabilendo l’an o il quomodo del provvedimento da adottare, con il rischio di una indebita invasione della sfera di discrezionalità amministrativa e/o tecnica riservata alla Amministrazione.
Ciò è quanto si apprende dalla sentenza 24 marzo 2009 n. 2166 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania.
Emiliana Matrone
TAR CAMPANIA – NAPOLI – sentenza 24 marzo 2009 n. 2166
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Ottava) ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1060 del 2009, proposto da:
T. S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Luca Coletta, con domicilio eletto presso Luca Coletta in Napoli, via Toledo,156 – V.Prisco (Soprano);
contro
Comune di Benevento;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
SILENZIO SULLA RICHIESTA DI RIQUALIFICAZIONE URBANISTICA DELL’AREA DISTINTA IN CATASTO URBANO AL FOGLIO N. 59 P.LLA 693.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23/03/2009 il dott. Renata Emma Ianigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso iscritto al n. 1060/2009, la T. s.r.l. quale proprietaria di un terreno sito in agro del Comune di Benevento c.da …omissis… in catasto fg 59 p.lla 693 di estensione pari a m.q. 1.477,00, ricadente in zona F1 – Z aree riservate alle attrezzature ed ai servizi pubblici di interesse locale come da variante di P.r.g. approvata con D.P.R.G.C. n. 4208 del 16.05.1986 ex art. 18 della legge n. 21971981, premesso che il predetto vincolo di destinazione doveva intendersi decaduto per decorso dei termini di validità previsti per legge (come da delibera di presa d’atto del Commissario Straordinario di Benevento n. 1783 del 20.09.1996 ), esponeva di aver inoltrato al Comune di Benevento, in data 21.03.2008, formale istanza di riqualificazione urbanistica e successivamente, su invito dello stesso Comune, di aver presentato in data 19.09.2008 una proposta di riqualificazione dell’area di sua pertinenza.
Premesso che su tali istanze il Comune di Benevento non si era mai pronunciato, nonostante il decorso del termine di novanta giorni di cui all’art. 2 comma 2 della legge n. 241/1990, agiva con il presente ricorso al fine di ottenere l’accertamento della illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione resistente sulle istanze inoltratele, per la declaratoria dell’obbligo di provvedere, nonché per l’accertamento della fondatezza della istanza, nonché per la condanna del Comune a provvedere entro un termine fissato nominando da subito un commissario ad acta che provveda in luogo del Comune nel caso di inutile spirare del termine.
Il Comune di Benevento non si costituiva per contrastare il contenuto della domanda.
Alla camera di consiglio del 23.03.2009 il ricorso è stato discusso e ritenuto per la decisione.
2. Il ricorso è fondato e va accolto entro i limiti di seguito esposti.
Con il presente gravame la società ricorrente insta al fine di ottenere l’accertamento in via giudiziale dell’obbligo del Comune di Benevento di provvedere sulla proposta di riqualificazione urbanistica avanzata in data in data 19.09.2008, con riferimento ad un’area di sua pertinenza, sita in agro del Comune di Benevento, in zona destinata a vincolo espropriativo – F1-Z aree riservate alle attrezzature ed ai servizi pubblici di interesse locale – ormai decaduto per decorso del quinquennio previsto dall’art. 2 della legge 19.11.1968, n. 1187(ora art. 9 D.P.R. 380/2001) dalla approvazione del relativo strumento urbanistico intervenuta con D.P.G.R.C. n. 4208 del 16.05.1986.
Lamenta la ricorrente la violazione dell’obbligo del Comune di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, entro il termine di novanta giorni dalla proposizione della relativa istanza come prescritto dal legislatore ai sensi dell’art. 2 della legge 241 del 1990.
2.1 La domanda merita accoglimento in quanto, come noto, i vincoli preordinati all’esproprio in quanto tali restano assoggettati ad una disciplina normativa caratterizzata da una circoscritta efficacia nel tempo delle relative previsioni urbanistiche.
Il legislatore ha infatti regolamentato la materia della apposizione dei vincoli preordinati all’esproprio, così come dei vincoli di inedificabilità, con l’art. 2 della legge 19.11.1968, n. 1187, oggi riprodotto dall’art. 9 del D.p.r. 380/2001, secondo il quale ” le indicazioni di piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione od a vincoli che comportino l’inedificabilità, perdono ogni efficacia qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale, non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati.”
Dopo la decadenza della previsione vincolistica di piano, per l’infruttuoso decorso del quinquennio dalla data di approvazione dello strumento urbanistico generale senza il varo di una pianificazione attuativa di secondo livello, l’amministrazione comunale ha, però, l’obbligo di ridefinire l’assetto urbanistico delle aree assoggettate a vincolo decaduto.
Di qui consegue che l’istanza dei privati che mirano a conseguire la riqualificazione urbanistica
delle aree incise da vincolo preordinato all’esproprio o da vincolo di inedificabilità deve essere puntualmente riscontrata.
Detta istanza, essendo idonea ad attivare la potestà pubblicistica di settore – cioè il potere pubblico di conferire ad un’area rimasta priva di disciplina urbanistica una nuova destinazione – deve culminare nell’adozione di un provvedimento espresso, conformemente a quanto prevede l’art. 2 della legge 241 del 1990, che sancisce, com’è noto, l’obbligo di concludere un procedimento mediante adozione di un provvedimento espresso.
Siffatto obbligo è configurabile nella fattispecie in esame perché la perdurante inerzia della amministrazione munita della potestà di adottare scelte di governo del territorio crea un vuoto di disciplina intollerabile alla luce degli obblighi di amministrazione attiva imposti al Comune dall’ordinamento nel suo complesso.
2.2 Giova anche porre in risalto che, sebbene la decadenza del vincolo dia luogo ad un rinnovato esercizio di potestà pubblicistiche connotate da elevato tasso di discrezionalità, l’obbligo di riscontrare l’istanza può ritenersi soddisfatto solo in presenza dello specifico e immediato completamento del piano regolatore generale per quella zona.
Detto obbligo non può ritenersi ottemperato, nella specie, con la mera adozione della delibera di consiglio comunale n. 10 del 2003 che, peraltro, su ricorso di un terzo per la zona F2, è risultata annullata da questo Ta.r. con sentenza n. 6843/ 2005 per vizi di carattere procedurale essendosi rilevato – come evincesi dalla relativa motivazione – che detta delibera anticipava: “con finalità e modalità che si collocano al di fuori degli schemi delineati dalla disciplina vigente in materia, una variante cd. “di socializzazione” che, pur rientrando negli intendimenti dell’amministrazione per una rapida definizione, risultava all’epoca in fase ancora progettuale.
Una delibera di tal genere non è riconducibile al formale e puntuale esercizio della potestà di riqualificazione urbanistica, ma può assumere per lo più una valenza ricognitiva delle aree da riservare per la destinazione a servizi.
Per quanto osservato, il Collegio reputa sussistente l’obbligo, per il comune di Benevento, di adottare un provvedimento esplicito sull’istanza avanzata dai ricorrenti in data 19.09.2008, ai sensi dell’art. 21 bis, comma 2, legge 6 dicembre 1971 n. 1034 con conseguente accoglimento della pretesa azionata dai medesimi nei limiti fin qui precisati.
3. Non può diversamente accedersi alla richiesta di pronuncia sulla fondatezza nel merito della istanza inoltrata da parte ricorrente, posto che detta facoltà, è invocabile solo in presenza di provvedimenti a contenuto vincolato, e non anche qualora si tratti di esercizio di potestà discrezionale della pubblica amministrazione. Mancano quindi i presupposti perché il giudice adito in sede di silenzio possa esercitare la facoltà, riconosciutagli dall’ordinamento, di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa posta a fondamento del ricorso.
Certamente, nel rito del silenzio, la possibilità di conoscere la fondatezza o meno della pretesa sostanziale non può essere riconosciuta illimitatamente, né tradursi in un potere generalizzato del giudice amministrativo di sostituirsi alla P.A. Ciò specie qualora con il ricorso si tenda a conseguire un risultato maggiore di quello ottenibile in un ordinario giudizio di legittimità finalizzato all’annullamento di un provvedimento illegittimo, come anche nei casi in cui l’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale, per la sua complessità, si riveli incompatibile con la struttura celere attribuita dal legislatore al nuovo rito.
L’espressione “può” contenuta nel citato art. 21 bis. implica comunque la esistenza di un limite al sindacato giurisdizionale, laddove è da escludersi in ogni caso che attraverso l’esercizio di siffatto potere il giudice possa in qualche modo sostituirsi all’Amministrazione, stabilendo l’an o il quomodo del provvedimento da adottare, con il rischio di una indebita invasione della sfera di discrezionalità amministrativa e/o tecnica riservata alla amministrazione.
Nella specie pertanto al ricorrente è preclusa la possibilità di ottenere la richiesta pronuncia sulla fondatezza della propria istanza, poiché l’interesse pretensivo che intende conseguire è strutturalmente condizionato alla formazione di atti e provvedimenti non ancora esistenti e/o all’effettuazione di valutazioni discrezionali non ancora compiute costituenti prerogativa dell’amministrazione intimata.
4. Pertanto, accertata la inerzia del Comune intimato per l’inutile decorso dei termini di conclusione del procedimento in assenza di un provvedimento espresso, può quindi accogliersi la domanda subordinata con cui la ditta ricorrente chiede ordinarsi al Comune di Benevento di provvedere entro un termine determinato, dichiarando a carico del Comune di Benevento l’obbligo di emettere un provvedimento espresso.
In mancanza, per il caso di persistente inottemperanza, e di inutile decorso del termine assegnato, per l’espletamento dell’incombente in oggetto si provvede sin d’ora alla nomina di un Commissario ad acta nella persona del Prefetto della Provincia di Benevento con facoltà di farsi sostituire da un funzionario di sua competenza.
Quanto alle spese processuali ricorrono giusti motivi per disporne la integrale compensazione.
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione Ottava, definitivamente pronunciandosi sul iscritto al n. 1060/2009 così provvede:
– accoglie il ricorso nei sensi e limiti di cui in motivazione e per l’effetto ordina al Comune di Benevento di emettere una pronuncia esplicita sulle istanze inoltrate dalla ricorrente entro e non oltre un termine di giorni trenta dalla comunicazione della presente sentenza;
– per il caso di ulteriore e persistente inottemperanza a tanto provvederà, nel termine di giorni 30, quale Commissario ad Acta il Prefetto di Benevento o un funzionario competente per materia da lui delegato sotto la sua responsabilità
– spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 23/03/2009