Con il Decreto Legislativo n. 25 del 6 febbraio 2007 si da’ attuazione alla direttiva 2002/14/CE, mediante la quale il legislatore comunitario istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori.
La nozione di informazione include adeguate modalità di comunicazione ai lavoratori delle vicende che coinvolgono la conduzione dell’impresa e la determinazione del suo futuro, con particolare riferimento alla decisioni riguardanti più strettamente gli aspetti occupazionali.
La consultazione rappresenta uno strumento più pregnante di partecipazione, concretandosi nella garanzia di un coinvolgimento attivo dei lavoratori nelle decisioni che influenzano la vita dell’impresa.
Il decreto individua nei contratti collettivi la fonte degli obblighi di informazione e di consultazione, precisando che l’individuazione delle concrete modalità di partecipazione dovrà garantire in ogni caso l’efficacia dell’iniziativa dei lavoratori.
La concertazione dovrà poi avvenire alla stregua del parametro del bilanciamento tra gli interessi dell’impresa e quelli dei lavoratori, attraverso una collaborazione tra datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori nel rispetto dei reciproci diritti ed obblighi.
In particolare, l’art. 2, nel fornisce le definizioni dei concetti chiave utilizzati nella novella, definisce “informazione” ogni trasmissione di dati da parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori, finalizzata alla conoscenza ed all’esame di questioni attinenti alla attività di impresa. L’informazione diviene il principale canale di trasmissione della volontà del datore alla controparte sociale, costituendo un irrinunciabile punto di raccordo tra le esigenze espresse dal responsabile della conduzione dell’impresa e le istanze provenienti da chi contribuisce con la forza lavoro alla realizzazione degli obiettivi di produzione.
Mentre la consultazione è intesa come ogni forma di confronto, scambio di opinioni e dialogo tra rappresentanti dei lavoratori e datore di lavoro su questioni attinenti alla attività di impresa. Lo strumento consultivo, accanto a quello informativo, è l’altro necessario corollario del principio di partecipazione, cui il legislatore ha voluto dare attuazione con il varo della normativa in commento.
L’art. 3 precisa che il decreto si applica alle imprese che impiegano almeno 50 lavoratori.
Il secondo comma dell’art. 3 sancisce che il computo dei lavoratori impiegati deve avvenire in base alle norme di legge e attraverso un criterio di calcolo che fa leva sul numero medio ponderato mensile dei lavoratori subordinati (con contratto a tempo indeterminato) impiegati negli ultimi due anni.
Per quanto concerne i lavoratori con contratto a tempo determinato, il legislatore dispone che essi vadano inclusi nel computo della soglia numerica soltanto ove il contratto abbia una durata superiore a nove mesi. Con un ulteriore precisazione, poi, la norma chiarisce che, ove il conteggio dei nove mesi del contratto a tempo determinato riguardi lavoratori impiegati in attività di carattere stagionale, la durata deve calcolarsi tenendo conto delle giornate lavorative effettivamente prestate, anche se in maniera non continuativa.
L’art. 4 disciplina le concrete modalità di informazione e di consultazione dei lavoratori. Il legislatore rimanda ai contratti collettivi la definizione delle sedi, dei tempi, dei soggetti, delle modalità e dei contenuti dei diritti di informazione e consultazione riconosciuti ai lavoratori, facendo salvi i contratti collettivi già esistenti alla data di sottoscrizione del decreto.
L’art. 5 pone per i rappresentanti dei lavoratori il divieto di rivelazione delle informazioni riservate, che siano state loro espressamente fornite in via riservata e qualificate come tali dal datore di lavoro, nel legittimo interesse dell’impresa. Il divieto permane nei tre anni successivi alla scadenza del mandato di rappresentanza, indipendentemente dal luogo in cui i rappresentanti si trovino.
La violazione del divieto è sanzionata con i provvedimenti disciplinari.
L’art. 6 estende ai rappresentanti dei lavoratori investiti dell’esercizio dei diritti in materia di informazione e consultazione le stesse garanzie previste per i rappresentanti dei lavoratori dalla normativa vigente ovvero dagli accordi e contratti collettivi applicati.
L’art. 7 punisce la violazione dell’obbligo di informazione e consultazione da parte del datore di lavoro con l’applicazione di una sanzione pecuniaria di natura amministrativa, consistente nel pagamento di una somma compresa tra 3.000 e 18.000 euro per ciascuna violazione.
Una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 1.033 e 6.198 euro è, invece, prevista a carico degli esperti (rappresentanti dei lavoratori e loro consulenti) che contravvengano al divieto di rivelazione delle informazioni di carattere riservato indicate nel primo comma dell’art. 5.
Il legislatore devolve alla Direzione Provinciale del lavoro la competenza a ricevere le segnalazioni e ad irrogare le sanzioni conseguenti alle violazioni dei precetti sanciti dal decreto.