L’estensione del modello della DIA a situazioni caratterizzate da provvedimenti con effetti multilaterali (si pensi al permesso di costruire, all’autorizzazione commerciale, ecc.) ha reso evidente il problema della tutela dei terzi.
Il problema è stato accentuato in materia edilizia dalla legislazione regionale, che ha esteso la portata della DIA ben oltre l’ambito della cd. edilizia minore (si pensi alla legislazione lombarda): ad essa anche il legislatore statale si è adattato con il D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301.
In questo modo la DIA risulta utilizzabile anche per opere di maggiore impatto urbanistico, quali ampliamenti e nuove costruzioni: pertanto può incidere più pesantemente anche su interessi di terzi.
L’art. 19 della L. 241/1990, come modificato dall’art. 2 L. 537/1993, nel testo vigente fino all’inizio del 2005, prevedeva che l’amministrazione, una volta ricevuta la DIA dal cittadino, dovesse verificare d’ufficio la conformità della denuncia alla legge e, nel caso di verifica negativa, dovesse ordinare all’interessato, entro un termine perentorio («entro e non oltre…»), «il divieto di prosecuzione dell’attività e la rimozione dei suoi effetti». Il
potere di riscontro della regolarità della DIA si esprimeva, pertanto, nel caso di riscontro negativo, in un intervento «inibitorio» dell’amministrazione, tipicamente
doveroso, ma soggetto a un termine perentorio.
L’art. 21 della legge n. 241/1990 estendeva inoltre alle attività soggette a DIA la disciplina sanzionatoria prevista, in precedenza, per le attività abusive svolte in assenza o in difformità dai provvedimenti abilitativi sostituiti dalla DIA.
Alla luce di questa disciplina in presenza di una DIA la tutela del terzo deve indirizzarsi nei confronti dell’esercizio, da parte dell’amministrazione competente, del potere sanzionatorio, secondo il modello della tutela sul silenzio.
La DIA è un «atto di parte», non un atto di «autoamministrazione»: di conseguenza non è assimilabile a un provvedimento impugnabile.
Anche il principio di legalità induce ad escludere che ad un atto privato possa essere attribuito
valore di atto amministrativo.
Inoltre la DIA è una semplice «denuncia» o «dichiarazione» di parte: di conseguenza
non può essere letta come richiesta di un provvedimento e rispetto ad essa non può ammettersi il
silenzio-assenso.
In conclusione la tutela del terzo si deve attuare secondo il modello della tutela sul silenzio, in relazione all’esercizio del potere sanzionatorio dell’amministrazione.
Le nuove disposizioni introdotte dall’art. 2 della L. 11 febbraio 2005, n. 15, sulla formazione del silenzio dell’amministrazione, aprono nuove e più delicate problematiche alla questione concernente la tutela del terzo nei confronti della DIA.