La V Sezione della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza del 9 ottobre 2007 n.1961, ha affermato che la frase volgare e colorita pronunciata con stizza verso il sottoposto ha valore di ingiuria, essendo idonea a ledere il bene protetto dalla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 594 c.p..
In tema di ingiuria, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che, affinchè una doverosa critica da parte di un soggetto in posizione di superiorità gerarchica ad un errato o colpevole comportamento, in atti d’ufficio, di un subordinato non sconfini nell’insulto a quest’ultimo, occorre che le espressioni usate individuino gli aspetti censurabili del comportamento stesso, chiariscano i connotati dell’errore, sottolineino l’eventuale trasgressione realizzata.
Se, invece, le frasi usate dimostrino disprezzo per l’autore del comportamento o gli attribuiscano inutilmente intenzioni o qualità negative e spregevoli, non può sostenersi che esse, in quanto dirette alla condotta e non al soggetto, non hanno potenzialità ingiuriosa.