La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 30369 del 24 luglio 2012, precisa che affinché possa configurarsi il reato di diffamazione e di violazione della privacy, è sufficiente porre le condizioni perché chiunque sia interessato possa riconoscere in via deduttiva le persone al centro dello “scandalo”.
Nella fattispecie, un periodico aveva pubblicato la notizia di un tradimento omosessuale da parte di una persona di cui si indicava soltanto la professione ed il nome, ma senza il cognome.
L’uomo in questione decideva di querelare il giornale.
La Cassazione stabilisce che per l’individuazione dell’offeso non occorre che l’offensore ne indichi espressamente il nome, ma è sufficiente che l’offeso possa venire individuato per esclusione in via deduttiva tra una categoria di persone, a nulla rilevando che in concreto l’offeso venga individuato da un ristretto gruppo di persone.
Infine, sul tema dell’interesse pubblico a rendere noti determinati fatti, la Suprema Corte soggiunge che la relazione di quella persona «è una situazione di fatto riconducibile alle scelte di vita privata» della parte lesa, pertanto «non ha alcun rilievo sociale con la conseguenza che l’articolo in questione potrebbe aver violato, nel contempo, la privacy della persona offesa e – attraverso tale violazione – la reputazione della stessa».
Emiliana Matrone