Il Consiglio di Stato, con la Decisione del 9 giugno 2008 n. 2838, rilevare che, sul piano processuale, qualora il giudice amministrativo in sede cautelare sospenda gli effetti di un diniego e l’Amministrazione conferma il provvedimento negativo oppure emana un atto consequenziale adeguandosi al contenuto dell’ordinanza cautelare, non è in alcun modo configurabile l’improcedibilità del ricorso o la cessazione della materia del contendere, rispettivamente, se il successivo atto sia sfavorevole o favorevole all’originario ricorrente, salvo particolari disposizioni di legge. Sul piano sostanziale l’adozione non spontanea dell’atto consequenziale, con cui l’Amministrazione si limita a dare esecuzione all’ordinanza di sospensione degli effetti di un diniego, non comporta la revoca del precedente provvedimento sospeso ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo.
In altri termini, quindi, è ovvio che la dovuta esecuzione di un’ordinanza cautelare non comporta la sopravvenuta irrilevanza del provvedimento sospeso e l’estinzione del giudizio pendente, salvo il caso in cui il contenuto della motivata ordinanza cautelare sia tanto condiviso dall’Amministrazione, da indurre questa a ritirare il precedente provvedimento già sospeso, sostituendolo in sede di autotutela con un nuovo atto, senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento. Per cui, l’improcedibilità del ricorso può discendere solo dall’adozione da parte dell’Amministrazione di provvedimenti diversi ed ulteriori rispetto a quelli imposti dalla necessità di dare esecuzione alla misura cautelare; per contro, la mera esecuzione di un provvedimento cautelare, non presentando profili di discrezionalità nell’an, non comporta il venir meno della res litigiosa.
Emiliana Matrone
Consiglio di Stato – Decisione 9 giugno 2008 , n. 2838 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4014/2007, proposto dalla S. e dalla Impresa F., rappresentate e difese dagli avv.ti Enrico Bastreri e Massimo Morelli, con domicilio eletto in Roma, Via Paolo Emilio, 26 presso il secondo;
contro
la Provincia di Genova, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gabriele Pafundi e Roberto Giovanetti, con domicilio eletto in Roma, V. Giulio Cesare, 14 sc A/4, presso il primo;
e nei confronti
della E. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Alessandri e Mauro Ciani, con domicilio eletto in Roma, Piazza dei Carracci, 1 presso il primo;
per la riforma
della sentenza del TAR Liguria – Genova: Sezione II n. 646/2007, resa tra le parti, concernente appalto per lavori edili nuova accademia del mare;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Genova e della E. S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l’art.23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;
Alla pubblica udienza del 15 Gennaio 2008, relatore il Consigliere Aniello Cerreto ed udito, altresì, l’avv. Pafundi;
Visto il dispositivo di decisione n. 3/2008;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza gravata, il TAR ha rigettato il ricorso proposto dalla S. avverso gli atti di gara per l’appalto dei lavori per l’inserimento della Nuova Accademia del Mare presso l’Istituto Marco Polo (Lotto 2°), di cui alla determinazione conclusiva della provincia di Genova in data 8.2.2007, con la quale l’interessata veniva esclusa dalla gara e veniva effettuata l’aggiudicazione a favore della società E..
In particolare il TAR ha ritenuto infondato il ricorso considerando che “la presenza di un decreto penale di condanna non opposto appare integrare il requisito del definitivo accertamento richiesto per l’esclusione dalle gare dall’art. 38, comma 1, lett. i, D. L.vo n. 163/2006, né al riguardo assume rilevanza la richiesta al giudice dell’esecuzione di revoca del decreto penale stesso (istanza peraltro proposta successivamente alla proposizione alla domanda di partecipazione ), atteso che la non opposizione nei termini integra ai dell’art. 650 c.p.p. la irrevocabilità alla statuizione contenuta nel decreto penale stesso”.
2.Avverso detta sentenza ha proposto appello, la ricorrente originaria, deducendo quanto segue:
– con ordinanza del GIP presso il Tribunale di Genova è stata accolta l’istanza già in atti di revoca del decreto penale di condanna nei confronti di Massimiliano L., documento che va considerato in appello;
– contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, l’art. 38, comma 1 lett.i, D. L.vo n. 163/2006 prevede l’esclusione dalle gare per coloro che hanno commesso violazioni grave, definitivamente accertate, alle norme di contributi previdenziali ed assistenziali secondo la legislazione italiana, ma nella specie sussisteva una domanda di revoca, che poi è stata accolta;
– l’Amministrazione avrebbe potuto rilevare una certa contraddittorietà tra la sentenza di proscioglimento ed il decreto di condanna giacchè essi si riferivano ad uno stesso fatto e cioè a presunti omissioni dal luglio 2001 al dicembre 2002, tanto è vero che la stessa Amministrazione prima aveva addebitato al L. un atteggiamento doloso e poi si era limitata ad affermare la gravità del fatto;
– il fatto poi di per sé non era grave, trattandosi di reato che si estingue con il pagamento di una sanzione economica di modesta entità (circa euro 800,00).
3.Costituitesi in giudizio le parti resistenti hanno chiesto il rigetto dell’appello.
Con ordinanza n. 3918/2007, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta dall’appellante, considerando che “l’esclusione della S. appare viziata per difetto di istruttoria non essendosi resa conto l’Amministrazione che per lo stesso fatto erano intervenuti due procedimenti penali, conclusosi il primo con proscioglimento ed il secondo con il decreto di condanna”.
L’Amministrazione, in esecuzione di detta ordinanza, ha avviato il procedimento di riesame, che si è concluso con la conferma della legittimità della determinazione dell’8.2.2007 di esclusione della S. dalla gara, di cui alla nota n. 5153 del 19.9.2007.
4.Hanno prodotto memoria conclusiva sia l’appellante che l’Amministrazione provinciale.
L’appellante ha fatto presente che il nuovo provvedimento di esclusione era illegittimo in quanto tra l’altro non era stata considerata la scarsa rilevanza delle violazioni riscontrate, già evidente all’inizio e resa più evidente con la documentazione successiva e che comunque aveva provveduto ad impugnarlo con riscorso straordinario al Presidente della Repubblica; che ciò nonostante non era cessato il suo interesse per lo meno morale alla decisione.
L’Amministrazione a sua volta ha chiesto l’improcedibilità dell’impugnazione a seguito del nuovo provvedimento di conferma dell’esclusione dalla gara di S.; ha comunque insistito per il rigetto dell’appello facendo presente che l’ignoranza sull’esistenza di più procedimenti relativi allo stesso fatto non poteva essere imputata ad errori /o omissioni degli Uffici che avevano operato ma piuttosto all’inerzia della S..
All’udienza del 15 gennaio 2008, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
6. Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione di improcedibilità dell’appello sollevata dall’Amministrazione sulla considerazione che in esecuzione dell’ordinanza della Sezione n. 3918/2007, di accoglimento in appello dell’istanza cautelare per difetto di istruttoria, era stato avviato il procedimento di riesame, conclusosi con la conferma della legittimità della determinazione dell’8.2.2007 di esclusione della S. dalla gara, di cui alla nota n. 5153 del 19.9.2007.
Al riguardo, anche se non manca qualche pronuncia difforme (TAR Campania, sez. VII n. 1785 del 12.3.2007) va richiamato il principio, più volte enunciato da questo Consiglio (Sez. IV, 16 novembre 1999 n. 2168 e 5 dicembre 2006 n. 7119; sez. V, 10 luglio 2000, n. 3848, 25 maggio 1995, n. 830; sez. VI, 12 aprile 2000, n. 2184), e condiviso dal Collegio, per il quale la definizione del giudizio principale comporta la caducazione degli effetti dell’ordinanza cautelare emanata medio tempore dal giudice amministrativo, nonché degli effetti dell’atto adottato dall’Amministrazione in sede di esecuzione della medesima ordinanza.
Invero, occorre rilevare quanto segue:
a) sul piano processuale, qualora il giudice amministrativo in sede cautelare sospenda gli effetti di un diniego e l’Amministrazione conferma il provvedimento negativo oppure emana un atto consequenziale adeguandosi al contenuto dell’ordinanza cautelare, non è in alcun modo configurabile l’improcedibilità del ricorso o la cessazione della materia del contendere (rispettivamente, se il successivo atto sia sfavorevole o favorevole all’originario ricorrente), salvo particolari disposizioni di legge (ad es. per l’esame di avvocato art. 4 D.L. n. 115/2005, conv. dalla L. n. 168/2005 e su tale disposizione la decisione sez. IV n. 3653/2006);
b) sul piano sostanziale, l’adozione non spontanea dell’atto consequenziale, con cui l’Amministrazione si limita a dare esecuzione all’ordinanza di sospensione degli effetti di un diniego, non comporta la revoca del precedente provvedimento sospeso ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo.
In altri termini (e salvo il caso in cui il contenuto della motivata ordinanza cautelare sia tanto condiviso dall’Amministrazione, da indurre questa a ritirare il precedente provvedimento già sospeso, sostituendolo in sede di autotutela con un nuovo atto, senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento), di regola la dovuta esecuzione di un’ordinanza cautelare non comporta la sopravvenuta irrilevanza del provvedimento sospeso e l’estinzione del giudizio pendente. Per cui, come autorevolmente precisato dalla stessa Adunanza Plenaria di questo Consiglio (27 febbraio 2003, n. 3), l’improcedibilità del ricorso può discendere solo dall’adozione da parte dell’Amministrazione di provvedimenti diversi ed ulteriori rispetto a quelli imposti dalla necessità di dare esecuzione alla misura cautelare; per contro, la mera esecuzione di un provvedimento cautelare, non presentando profili di discrezionalità nell’an, non comporta il venir meno della res litigiosa.
Tanto più detto orientamento deve valere nella presente fattispecie in cui il riesame del provvedimento impugnato, con conferma dell’esclusione dalla gara, è intervenuto in sede di appello avverso la sentenza del TAR, per cui l’Impresa ricorrente non avrebbe potuto presentare neppure motivi aggiunti avverso la conferma dell’esclusione ai sensi dell’art. 21 L. 6.12.1971 n. 1034, come modificato dall’art. 1 L. 21.7.2000 n. 205, trattandosi di facoltà esercitabile solo davanti al giudice di 1° grado.
Nella specie, l’Amministrazione non sembra avere condiviso il contenuto della motivata ordinanza cautelare della Sezione ed ha riesaminato la situazione unicamente per ottemperare ad essa, confermando poi il provvedimento di esclusione, sia pure integrando la relativa motivazione.
7.Nel merito deve essere accolta la doglianza di difetto di istruttoria, già rilevata nella menzionata ordinanza cautelare della Sezione, denunciata dal ricorrente sia in primo grado che in appello, censura che ha carattere pregiudiziale.
L’Amministrazione sostiene che al momento del provvedimento di esclusione dalla gara (8.2.2007) non aveva elementi per ritenere erroneo il decreto penale di condanna del legale rappresentante dell’impresa in data 11.3.2005 (per omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali per il periodo luglio 2001-dicembre 2002).
Tale assunto non può essere condiviso nella specifica fattispecie atteso che nella domanda di partecipazione alla gara il rappresentante legale dell’impresa aveva dichiarato che a suo carico non erano state applicate sanzioni per violazione delle norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali.
Per cui era onere dell’Amministrazione dimostrare che ciò non rispondeva alla verità, ma essa nell’escludere la S. dalla gara aveva tenuto conto unicamente del decreto di condanna dell’11.3.2005, senza considerare la precedente sentenza di proscioglimento per lo stesso fatto del 21.3.2005, come documentato dalla ricorrente in sede di proposizione di ricorso al TAR.
E’ pur vero che lo stesso interessato in risposta alla richiesta dell’Amministrazione di avvio del procedimento di esclusione dalla gara non aveva dedotto l’erroneità del decreto dell’11.3.2005, ma i relativi elementi di prova erano stati forniti con il ricorso al TAR, elementi di prova poi confermati dalla formale revoca del decreto dell’11.3.2005 con sentenza del 17.4.2007 (intervenuta dopo al sentenza del TAR). Per cui di tali elementi, una volta acquisiti, l’Amministrazione doveva tener conto nel riesame della situazione a seguito dell’ordinanza cautelare della Sezione, mentre ciò non è avvenuto.
8.Per quanto considerato, assorbite le altre doglianze, l’appello deve essere accolto, con l’annullamento degli atti impugnati in primo grado, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio in considerazione della particolarità della fattispecie.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR, accoglie il ricorso originario.
Spese compensate;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 15 gennaio 2008, con l’intervento dei Signori:
– Emidio Frascione – Presidente
– Giuseppe Severini – Consigliere
– Marco Lipari – Consigliere
– Caro Lucrezio Monticelli – Consigliere
– Aniello Cerreto – Est. Consigliere
IL PRESIDENTE
Emidio Frascione
L’ESTENSORE
Aniello Cerreto
IL SEGRETARIO
Agatina Maria Vilardo
Depositata in Segreteria il 9 giugno 2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
Antonio Natale