Il Tribunale di Nola, nella sentenza dell’8 maggio 2008, conferma il principio in base al quale gli acconti percepiti dal lavoratore in caso di pagamento di crediti di lavoro insoluti da parte del Fondo di Garanzia ex art. 2 l. 80/92 vadano detratti dai crediti e non dal massimale.
Sul punto, sono sorte controversie interpretative essendo dubbio se le somme già ricevute ai predetti titoli si debbano dedurre dal massimale, secondo quanto sostiene l’INPS, oppure dal credito retributivo effettivamente spettante, secondo la tesi del ricorrente.
La Suprema Corte di Cassazione ha adottato soluzioni divergenti essendosi ritenuto in alcune decisioni che il Fondo è tenuto al pagamento della somma che residua dopo la sottrazione degli importi retributivi già versati dalle retribuzioni effettivamente spettanti per le tre ultime mensilità del rapporto e dopo il confronto della somma risultante con il massimale trimestrale al fine di liquidare la porzione residua (Cass. 5979/99; Cass. 3382/99).
In altre decisioni, invece, si è ritenuto che il fondo fosse tenuto al pagamento della somma che eventualmente residua dopo la sottrazione dal massimale degli importi retributivi, riferiti alle ultime tre mensilità del rapporto, già percepiti dal lavoratore (Cass. 8607/99; Cass. 1937/2000; Cass. 13939/2000).
Alla luce di tale conflitto la questione è stata sottoposta alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee a norma dell’art. 234 del Trattato CE che pronunziandosi sul punto ha dichiarato: “gli art. 3 n.1 e 4 n.3 primo comma della relativa direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987/CEE, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, devono essere interpretati nel senso di non autorizzare uno stato membro a limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia a una somma che copre i bisogni primari dei lavoratori interessati e da cui sarebbero sottratti i pagamenti versati dal datore di lavoro durante il periodo coperto dalla garanzia” (Sentenza 4 marzo 2004 n. 14791/98).
Emiliana Matrone
Tribunale di Nola, Giudice del Lavoro, sentenza dell’8 maggio 2008
TRIBUNALE ORDINARIO DI NOLA
SEZIONE LAVORO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del Lavoro presso il Tribunale di nola, Dott. Diego Vargas, ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo, la seguente
SENTENZA
nell’udienza di discussione dell’8/5/2008 nella causa iscritta nel ruolo generale degli affari contenziosi della sezione lavoro al n. ….2006
vertente tra
Tiziox nato a … il ….rappresentato e difeso dall’Avv. … presso il cui studio … elettivamente domicilia –ricorrente-
I.N.P.S. in persona del L.R.P.T. e difeso dagli avv.ti … e … unitamente ai quali elettivamente domicilia in… presso …-resistente-
CONCLUSIONI
Come da atti introduttivi e confermate all’udienza di discussione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 19 luglio 2006 il ricorrente esponeva:
-di aver prestato attività lavorativa subordinata alle dipendenze della X s.c.r.l. sino al 9.11.2000;
-che a seguito della liquidazione coatta amministrativa della società il commissario liquidatore aveva avviato la procedura di licenziamento di tutto il personale ex art. 4 legge 223/91;
-che in data 25/6/2001 aveva proposto domanda all’INPS ex art. 2 D.L. 80/92 per il pagamento dei crediti di lavoro;
-che l’INPS aveva errato nel liquidare i crediti in quanto aveva sottratto dal massimale pari a tre volte la misura del trattamento straordinario di integrazione salariale gli anticipi percepiti dal lavoratore che invece avrebbero dovuto essere sottratti dal credito complessivo maturato;
-che l’INPS non aveva proceduto alla liquidazione della rivalutazione monetaria né aveva erogato in maniera integrale gli interessi legali.
Chiedeva, pertanto:
-previo accertamento dell’illegittimità dell’interpretazione data dall’INPS all’art. 2 d.l. 80/92 nella liquidazione dei crediti da lavoro, dichiarare il proprio diritto a vedersi riconosciuto l’intero ammontare dei crediti di lavoro insoluti al netto degli anticipi percepiti e nei limiti del massimale pari a tre volte ol tetto CIGS per l’anno 2000;
-per l’effetto condannare l’INPS al pagamento di Euro 260,82 a titolo di differenze tra quanto liquidato e quanto spettante, di Euro 28,25 a titolo di rivalutazione monetaria ed Euro 39,64 a titolo di interessi legali detratti quelli già corrisposti per un ammontare complessivo di Euro 328,72;
-vittoria delle spese di giudizio.
L’INPS, si costituiva tempestivamente ed eccepiva l’improcedibilità per mancato esperimento del ricorso amministrativo, la decadenza, l’intervenuta prescrizione nonché l’infondatezza nel merito.
Il Giudice, non necessitando attività istruttoria, decideva la causa, dopo rinvii su richiesta di parte ricorrente, sulle conclusioni di cui al ricorso e confermate in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e deve essere, pertanto, accolto.
In primo luogo devono essere rigettate le eccezioni di improcedibilità, prescrizione e decadenza in quanto trattasi di prestazione che l’Istituto ha, sia pure parzialmente, erogato a seguito di regolare esperimento del prescritto iter amministrativo.
Nel merito deve essere, poi, accolta la ricostruzione di parte ricorrente.
Fondamento alla prospettazione di parte ricorrente è il principio in base al quale gli acconti percepiti dal lavoratore in caso di pagamento di crediti di lavoro insoluti da parte del Fondo di Garanzia ex art. 2 l. 80/92 vadano detratti dai crediti e non dal massimale.
Sul punto sono sorte controversie interpretative essendo dubbio se le somme già ricevute ai predetti titoli si debbano dedurre dal massimale, secondo quanto sostiene l’INPS, oppure dal credito retributivo effettivamente spettante, secondo la tesi del ricorrente.
La Suprema Corte di Cassazione ha adottato soluzioni divergenti essendosi ritenuto in alcune decisioni che il Fondo è tenuto al pagamento della somma che residua dopo la sottrazione degli importi retributivi già versati dalle retribuzioni effettivamente spettanti per le tre ultime mensilità del rapporto e dopo il confronto della somma risultante con il massimale trimestrale al fine di liquidare la porzione residua (Cass. 5979/99; Cass. 3382/99).
In altre decisioni, invece, si è ritenuto che il fondo fosse tenuto al pagamento della somma che eventualmente residua dopo la sottrazione dal massimale degli importi retributivi, riferiti alle ultime tre mensilità del rapporto, già percepiti dal lavoratore (Cass. 8607/99; Cass. 1937/2000; Cass. 13939/2000).
Alla luce di tale conflitto la questione è stata sottoposta alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee a norma dell’art. 234 del Trattato CE che pronunziandosi sul punto ha dichiarato: “gli art. 3 n.1 e 4 n.3 primo comma della relativa direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987/CEE, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, devono essere interpretati nel senso di non autorizzare uno stato membro a limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia a una somma che copre i bisogni primari dei lavoratori interessati e da cui sarebbero sottratti i pagamenti versati dal datore di lavoro durante il periodo coperto dalla garanzia” (Sentenza 4 marzo 2004 n. 14791/98).
Da tale interpretazione, vincolante in questa sede (Corte Costituzionale n. 113/1985), discende che deve darsi seguito all’interpretazione che ritiene che il credito del lavoratore vada determinato detraendo dal credito gli acconti eventualmente percepiti e liquidando il residuo nei limiti massimale.
Tale interpretazione è stata ribadita di recente anche dalla Suprema Corte di cassazione che ha affermato che eventuali anticipi vadano detratti dal credito relativo agli ultimi tre mesi di lavoro e che il residuo credito debba essere integralmente liquidato, eventualmente nei limiti del massimale se superiore a questo (Cass. 13932/2004).
Alla luce dei conteggi allegati al ricorso parte ricorrente ha diritto alla somma differenziale pretesa in ricorso.
Quanto, poi, alle somme richieste a titolo di rivalutazione il Fondo non eroga una prestazione previdenziale ma agisce quale obbligato ex lege in sostituzione del datore di lavoro. Il credito, quindi, non perde la propria natura per il solo fatto che al pagamento provveda un soggetto pubblico che garantisce ex lege l’adempimento in luogo del datore di lavoro con conseguente integrale applicazione dell’art. 429 c.p.c. .
Gli accessori di credito sono, pertanto, dovuti secondo le cadenze previste dalla norma di cui sopra, dalla maturazione del credito di pagamento, con conseguente integrale accoglimento della domanda anche su questi punti.
Quanto all’ammontare delle somme richieste i conteggi elaborati in ricorso appaiono precisi e dettagliati e tengono conto degli importi già corrisposti dall’INPS e risultanti dalla documentazione.
L’INPS deve essere perciò condannato al pagamento della complessiva somma richiesta dal ricorrente maggiorata dagli accessori successivamente maturati dalla data della domanda giudiziaria al soddisfo.
Le spese del giudizio vengono compensate per metà, attesa la serialità della questione e i differenti orientamenti giurisprudenziali in materia, mentre l’altra metà viene posta a carico dell’INPS e liquidata come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Nola, definitivamente pronunziando sul ricorso presentato da Tiziox nei confronti dell’INPS, ogni diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede:
-accoglie il ricorso, e per l’effetto, condanna l’INPS al pagamento della somma di Euro 328,72 oltre accessori dal deposito del ricorso al saldo;
-compensa per metà le spese di lite e condanna l’INPS al pagamento della residua metà che liquida in complessivi Euro 370,00, comprensivi di diritti ed onorari, oltre IVA e cpa come per legge, con attribuzione.
Nola, 8 maggio 2008
Il Giudice del Lavoro
Dott. Diego Vargas
Sentenza pubblicata da: www.iussit.eu
Si ringrazia l’Avv. Pietro D’Antò per aver consentito la pubblicazione della richiamata sentenza anche su www.consulenza-legale.info